La FOTO, il motivo della scelta:

Mons. Marcianò in visita al Contingente Italiano in Libano

Il nostro Pastore, s’intrattiene con il personale. Una presenza che serve l’uno all’altra per andare verso tutti i bisognosi. Uno scatto che riassume il progetto di Dio e la festa di oggi.

FOTO da: (cfr. Ministero Difesa)

 

“PENSIERI CON LE STELLETTE”

sul Vangelo della Domenica

 

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
CRISTO RE DELL’UNIVERSO

Non hai alcun timore di Dio.

 

Carissimi,

Cristo, ci ha salvati e con questo supremo gesto di vicinanza di Dio alla nostra umanità ci fa nobili sia nella dinastia che nella vita quotidiana. Regalità che è fatta dalla capacità di essere come Lui di vivere e amare come il cuore di Cristo. Questo il “regno” che serviamo, ognuno con la propria vocazione.

I nostri militari e militari cristiani servono il bene comune, costruendo pace e l’unità con la loro presenza costane e professionale, seria e decisa, forte e impegnata, perché l’umanità non dimentichi queste sue origini.

Impariamo, quel “santo dimore” di rispetto e di servizio, che dobbiamo alle cose serie del nostro quotidiano, mettendo Cristo al centro delle nostre azioni e il nostro servizio, la nostra vita sarà l’inizio della Vita eterna della Risurrezione del Regno di Pace e di Luce che tutti desideriamo e che Dio ci ha promesso se saremo capaci di incamminarci su questa strada fidandoci di Lui.

“Cristo è chiamato a guidare il popolo di Dio, ad esserne condottiero; la sua regalità è di origine divina ed ha il primato su tutto, perché in lui il Padre ha posto la pienezza di tutte le cose. Eppure il vangelo di Luca presenta la regalità di Gesù riportando la parodia della sua investitura a re dei Giudei sulla croce, che richiama fortemente l’altra parodia avvenuta nel pretorio di Pilato e riportata dagli altri evangelisti. L’investitura regale di Gesù si svolge attorno alla croce, trono improvvisato del nuovo Messia. Per rendere più evidente questo accostamento, Luca ricorda l’iscrizione che domina la croce, ma senza dire che si tratta di un motivo di condanna. Così l’iscrizione tiene il posto della parola di investitura, simile a quella del Padre che investì il proprio Figlio al battesimo. Luca, inoltre, introduce qui un episodio riportato altrove e vi aggiunge una frase con la quale la folla attende di conoscere i titoli di Gesù alla regalità, titoli esteriori che Gesù si rifiuta di fornire: egli non vuole che la sua regalità gli venga dallo sfuggire alla sua sorte, ma dalla sua fedeltà alla medesima!”. (Cfr. Maranathà) 

Da qui parte il nostro servizio di Cappellani Militari, da questo desiderio della Chiesa di essere accanto a tutti e per tutti.

Le parole ora, a cui vi rimando, possano servire, non solo a noi sacerdoti, ma a tutto il popolo di Dio a riflettere sulla serietà della propria vocazione.

“… In tempo di secolarizzazione e fondamentalismo, di materialismo edonista e relativismo etico, di individualismo spietato e di cultura dello scarto, il nostro ministero può essere solo profezia. È questa l’unica ‘autorità’ che deve starci a cuore. Profezia e vicinanza: ecco cosa vogliamo chiedere oggi al Signore per il nostro sacerdozio. Meglio ancora, profezia di vicinanza: la doppia vicinanza – a Dio e agli uomini – la cui alternativa, avverte allarmato il Pontefice, sarebbe la ‘doppia vita’! La categoria della vicinanza è concreta e affettiva; non concerne solo il livello del fare ma interpella il cuore del pastore, la sua capacità di commozione e compassione, a misura del Cuore di Cristo; in una parola, interpella l’amore. Gesù, sa di quale amore ciascuno di noi è capace e si adegua, scende al livello del nostro amore, certamente povero ma che, come quello di Pietro, desideriamo riempire di tutta la nostra capacità di amicizia e vicinanza. Perché è un amore povero, quello di Pietro, ma al quale Gesù riconosce una chiara ‘superiorità’ rispetto a quello degli altri. Mi ami tu ‘più’ di costoro? A questa domanda Pietro risponde, e noi con lui, imparando come il ‘più’ sia nell’ordine dell’amore che il Maestro stesso espliciterà: ‘Pasci’. Il ‘più’ di Pietro sta, deve stare, nella pastoralità! Il ‘più’ di Pietro non serve da vanto personale – egli lo ha compreso bene nel bruciante tradimento della notte della condanna del Cristo – ma è un servizio, un ministero la cui portata necessita di un amore senza confini che si fa vicinanza senza confini. Rinnovando le promesse sacerdotali, sapremo farlo, entreremo nella Pasqua con quel ‘più’ di amore e vicinanza di cui la nostra gente, i nostri militari, hanno infinito bisogno …”.

 (Cfr. Santo Marcianò, Omelia Messa Crismale 2018)

Buona Domenica

24.11.19-CRISTORE-T.O.@unavoce