Meditazioni del Sabato Santo

 

 

“Il Signore mi ha donato di vivere molto intensamente i giorni della settimana santa…Ricordo, in particolare, un sabato santo. Avvertivo nel mio spirito la fine di tutto, era come se una cappa plumbea dovesse rimanere per sempre…Non sono mai stato un “madonnaro”, ma in quel momento così pesante ho avvertito accanto a me la presenza di Maria; non la vedevo, ma sentivo che mi diceva: “Non è tutto finito!” Fu come se si fosse squarciato il cielo e apparisse un lembo di azzurro”. E’ la confidenza di un anziano camionista che racconta di una vita vissuta in grande intimità con Dio. Se per la Chiesa il sabato, da sempre, è il giorno di Maria, lo è a ragione. Il Sabato santo è giorno di grande silenzio e di grande dolore per i discepoli, perché vedono che la loro speranza è ormai morta e sepolta. “Ma è anche il sabato santo di Maria, Vergine fedele, madre dell’Amore. Ella vive il suo sabato nelle lacrime ma insieme nella forza della fede, sostenendo la fragile speranza dei discepoli”.  (Cfr. Card. C. M. Martini, in “la vita del popolo”)

“Per noi cristiani c’è un “sabato” che è al centro e al cuore della nostra fede: è il Sabato santo, incastonato nel triduo pasquale della morte e resurrezione di Gesù come un tempo denso di sofferenza, di attesa e di speranza. E’ un sabato di grande silenzio, vissuto nel pianto dai primi discepoli che hanno ancora nel cuore le immagini dolorose della morte di Gesù. E’ anche il Sabato santo di Maria, vergine fedele, arca dell’alleanza, madre dell’amore. Ella vive il suo Sabato santo nelle lacrime ma insieme nella forza della fede, sostenendo la fragile speranza dei discepoli. Mi è sembrato che una riflessione sul “Sabato santo” così come è stato vissuto dagli apostoli e soprattutto da Maria, ci potesse aiutare a vivere l’inizio della settimana Santa ridandoci visione e respiro, per riconoscerci pellegrini nel “sabato del tempo” verso la domenica senza tramonto. E’ in questo sabato – tra il dolore della Croce e la gioia di Pasqua – che i discepoli sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta, la dispersione dovuta all’assenza del Maestro, apparso agli uomini come il prigioniero della morte. E’ in questo Sabato santo che Maria veglia nell’attesa, custodendo la certezza nella promessa di Dio e la speranza nella potenza che risuscita i morti. Attraverso la porta del Sabato santo nei discepoli riconosceremo il disorientamento, le nostalgie, le paure che caratterizzano la nostra vita dicredenti; nella Madonna del Sabato santo leggeremo la nostra attesa, le nostre speranze, la fede vissuta come continuo passaggio verso il Mistero. Maria, vergine fedele, ci farà riscoprire il primato dell’iniziativa di Dio e dell’ascolto credente della sua Parola”. CONTINUA

(Cfr. Card. C.M. Martina, dalla Lettera Pastorale 2000-2001, La Madonna del Sabato Santo)

Discreta come brezza d’aprile che ti porta sul limitare di casa profumi di verbene, fiorite al di là della siepe. Ci sono, a volte, degli attimi così densi di mistero, che si ha l’impressione di averli già sperimentati in altre stagioni della vita. E ci sono degli attimi così gonfi di presentimenti, che vengono vissuti come anticipazioni di beatitudini future. Nel giorno del Sabato santo, di questi attimi, ce n’è più di qualcuno. E come se cadessero all’improvviso gli argini che comprimono il presente. L’anima, allora, si dilata negli spazi retro stanti delle memorie. Oppure, allungandosi in avanti, giunge a lambire le sponde dell’ eterno rubandone i segreti, in rapidi acconti di felicità. Come si spiega, infatti, se non con questo rimpatrio nel passato, il groppo di allusioni che, superata appena la “parasceve”, si dipana al primo augurio di buona Pasqua, e si stempera in mille rigagnoli di ricordi, fluenti tra anse di gesti rituali? La casa, vergine di lavacri, che profuma d’altri tempi. L’amico giunto dopo tanti anni, nei cui capelli già grigi ti attardi a scorgere reliquie d’infanzie comuni. Il dono opulento, là in cucina, tra le cui carte stagnole cerchi invano sapori di antiche sobrietà… quando era viva lei, e la madia nascondeva solo stupori di uova colorate. Il grembo vuoto della chiesa, il cui silenzio trabocca di richiami, e dove nel vespro ti decidi finalmente a entrare, come una volta, per riconciliarti con Dio e sentirti restituire a innocenze perdute. E come si spiega se non col crollo delle dighe erette dai calendari terreni, quel sentimento pervasivo di pace che, nel Sabato santo, almeno di sfuggita, irrompe dal futuro e ti interpella con strani interrogativi a cui sentì già di poter dare risposte di gioia? C’è un tempo in cui la gente starà sempre a scambiarsi strette di mano e sorrisi, così come fa oggi? Verranno giorni sottratti all’usura delle lacrime? Esistono spazi di gratuità, dove non smetteremo più gli abiti di festa? Ci sono davvero delle stagioni in cui la vita sarà sempre così? Fascino struggente del Sabato santo, che ti mette nell’ anima brividi di solidarietà perfino con le cose e ti fa chiedere se non abbiano anch’ esse un futuro di speranza! Che cosa faranno gli alberi stanotte, quando suoneranno a stormo le campane? Le piante del giardino spanderanno insieme, come turiboli d’argento, la gloria delle loro resine? E gli animali del bosco ululeranno i loro concerti mentre in chiesa si canta l’Exultet? Come reagirà il mare, che brontola sotto la scogliera, all’annuncio della Risurrezione? L’angelo in bianche vesti farà fremere le porte anche dei postriboli? Oltre i cancelli del cimitero, sussulteranno sotto il plenilunio le tombe dei miei morti? E le montagne, non viste da nessuno, danzeranno di gioia attorno alle convalli? Una risposta capace di spiegare il tumulto di queste domande io ce l’avrei. Se nel Sabato santo il presente sembra oscillare su passato e futuro, è perché protagonista assoluta, sia pur silenziosa, di questa giornata è Maria”. CONTINUA

(Cfr. Mons. T. Bello, Maria, donna del Sabato Santo)