Iniziativa “Visita Virtuale del Cappellano” – (E-mail del secondo lunedì del mese: Giugno 2021)

Cari amici,

queste mie visite virtuali al vostro cuore e alla vostra vita spirituale, iniziativa proposta in questo anno pastorale caratterizzato dall’emergenza sanitaria, con relative restrizioni e distanziamenti, volge al termine, come tutte le proposte pastorali di questo anno.

Il tempo che ci aspetta, periodo caratterizzato dalla bella stagione estiva e con la speranza nel cuore che l’emergenza volga ad una svolta positiva, ci apre ad un tempo di relax. I nostri appuntamenti quindi terminano in attesa del nuovo anno, per lasciare spazio alle celebrazioni Festive presso gli stabilimenti balneari dell’Aeronautica Militare e dell’esercito.

Vorrei chiudere queste mi viste a voi sul tema della gioia.

Mai, forse, come in questo tempo, almeno per le nostre recenti generazioni, abbiamo visto più che mai sofferenza e dolore. Ancora nel mondo esiste guerra e divisone, dolore e sofferenza, rifiuti e chiusure, emarginazioni e pregiudizi e se pur gridiamo che non debbano più esistere, poi ognuno di noi nel suo vivere personale fatica a cambiare sguardo e ad alzarlo a livelli più alti, più sereni, più puri.

Così voglio augurarvi un serene periodo con questo articolo, che come le altre volte mutuo da un confratello, attraverso un articolo di don Carlo De Marchi.

L’impegno della testimonianza dell’evangelizzazione della convivenza è di tutti e per tutti e anche a noi è chiesto di essere portatori di gioia e pace. Lo siete con il vostro servizio militare e allora se il cuore si educa a questo la vostra vocazione alla pace si eleva non solo a servizio ma a ministero: «come ministri della sicurezza e della libertà dei popoli», come vi ha definiti sua santità Benedetto XVI nel discorso ai partecipanti al V Convegno Internazionale degli Ordinariati Militari 26 ottobre 2006

SORRISO E GIOIA

Una riflessione sul senso cristiano della gioia

 

“Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivelano quello che è (Siracide)

“Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale”. La provocazione di Papa Francesco non è una battuta casuale e l’idea che i cristiani appaiano tristi non è nuova: “Dovrebbero cantarmi dei canti migliori, perché io impari a credere nel loro Salvatore! Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un aspetto più da gente salvata”, diceva Nietzsche.

Ma come si fa a sorridere quando le preoccupazioni, il lavoro, i piccoli contrattempi e i grandi dolori sono così seri nella vita?

Il primo sorriso è quello fondamentale: ride colui che sta nei cieli, dice la Bibbia. E ancora: la gioia del Signore è la vostra forza. È il sorriso di Dio. La gioia con cui il Creatore contempla ogni sua creatura è il fondamento solido della serenità e della pace di ognuno di noi. Ma non è irriverente pensare che Dio, il Signore dell’universo, sorrida? “Dio deve amarci tanto più in quanto ridestiamo il suo senso dell’umorismo”, dice un personaggio creato da Ray Bradbury. “Non avevo mai pensato al Signore come a un umorista”, gli viene ribattuto. La risposta è folgorante: “Il creatore dell’ornitorinco, del cammello, dello struzzo e dell’uomo? Oh, ma andiamo!”.

Il secondo sorriso è quello con il quale guardo me stesso. Senza perdere di vista la mia umanità, i miei limiti, che non sono necessariamente un difetto e non vanno presi troppo sul serio. Il mio Creatore mi vuole bene così come sono, perché se mi avesse voluto diverso mi avrebbe fatto diverso.
“Saper vedere anche l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa – disse una volta Benedetto XVI – e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche necessario per il mio ministero. Un qualche scrittore aveva detto che gli angeli possono volare, perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po’ di più, se non ci dessimo così tanta importanza”.

Sorridere è un atto di umiltà, vuol dire accettare me stesso e il mio modo di essere, rimanendo lì dove sono in santa pace. Senza prendermi troppo sul serio, perché “la serietà non è una virtù. Sarà forse un’eresia, ma un’eresia molto più sensata dire che la serietà è un vizio. C’è realmente una tendenza (una sorta di decadenza) naturale a prendersi sul serio perché è la cosa più facile a farsi. La solennità viene fuori dagli uomini senza fatica; invece la risata è uno slancio. È facile essere pesanti e difficile essere leggeri. Satana è caduto per la forza di gravità” (Chesterton).

Il terzo sorriso è conseguenza dei primi due. È il sorriso con il quale accolgo chi incontro per caso e le persone con le quali vivo e lavoro. Con affetto e senza prendere troppo sul serio eventuali sbagli o presunti sgarbi. Con un volto allegro. Madre Teresa di Calcutta, ricevendo il Premio Nobel, spiazzò la platea con questo invito: “Sorridete sempre ai vostri familiari. Regalatevi reciprocamente il vostro tempo in famiglia. Sorridetevi”.

Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivelano quello che è, insegna il Siracide. Il sorriso può essere davvero il segno di riconoscimento caratteristico di un cristiano”. (Cfr. d.C. De Marchi)

 

 

Foto di Copertina: I militari italiani di UNIFIL regalano un sorriso ai bambini