Non verbale per un cuore di Pace

 

Perché parlare di questo argomento? Perché credo che sia importante nell’attuale società e stile di vita dove in molte situazioni private e personali, pubbliche e comunitarie si sottolinea maggiormente l’aspetto della comunicazione attraverso ciò che si vede più di ciò che si è e si sente, pertanto leggere i gesti e gli eventi di cose non dette possa aiutarci a migliorare nei rapporti interpersonali e nel modo di vivere la società e la comunità cristiana. 

“Il punto fondamentale è che, come dice Watzlawick nella sua famosa affermazione, non puoi non comunicare, anche se stai zitto. Questo perché rendiamo comune ciò che pensiamo e sperimentiamo emotivamente attraverso non soltanto le parole, ma il modo in cui le pronunciamo e, soprattutto, servendoci dei numerosissimi messaggi che invia tutto il nostro corpo”. (cfr. sinapsicoaching

“La persona umana è fatta per comunicare e per amare. Questo desiderio penetra in tutte le nostre relazioni, ed è un riflesso di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Infatti il verbo comunicare ci rimanda a un altro termine della stessa radice che è comunione e si connette alla nostra quotidiana esperienza dello stare insieme e formare comunità. Il comunicare autentico non è solo una necessità per la sopravvivenza di una comunità ma è anche un dono di partecipazione al mistero di Dio che è comunione e comunicazione, come professiamo nel Simbolo Apostolico considerato sin dai tempi antichi della cristianità, la regola della nostra fede. Oggi, soprattutto nella società occidentale, sperimentiamo una “fatica comunicativa” nella  comunicazione della fede, che è un compito primario della Chiesa e delle nostre comunità paoline. Una specie di “mutismo di fede” come lo chiamava il Cardinal C.M. Martini, già trent’anni fa, prospettando a noi credenti in Gesù Cristo, morto e risorto, un cammino di evangelizzazione e di conversione che ci doni una rinnovata capacità a comunicare il Vangelo”. (cfr. paulus

«Ogni qualvolta l’angelo discendeva, l’acqua veniva agitata. Tu forse mi chiedi: “Perché ora non si agita?”. Ascoltane il motivo: signa incredulis, fides credentibus». Il brano di Ambrogio richiama immediatamente quello in cui Paolo mette in guardia i Corinzi dall’eccessivo ricorso al dono delle lingue; tale dono, infatti, è «un segno non per quelli che credono ma per gli increduli» (1 Cor 14,22). Il limite di tali segni, tanto in Paolo quanto in Ambrogio, emerge dal confronto con la fede il cui primato non può mai essere compromesso. Vi è anche il caso, però, in cui, secondo la prassi più universale della Chiesa, essi vengono utilizzati come linguaggio della fede, nella missione, nella catechesi, nella liturgia. Soprattutto in quest’ultima si verifica la riconciliazione tra fides e signa, e non solo nel senso che la fede si esprime e si comunica attraverso i segni, ma anche nel senso che l’aspetto «sensibile» dei secondi, di cui è intessuta la celebrazione cristiana, è coerente con la dimensione «carnale» intrinseca alla prima: «La Parola si fece carne» (Gv 1,14). E allora si può anche arrivare a dire con Tertulliano: «Caro salutis est cardo»: Da questa consapevolezza nasce l’esigenza di riesaminare ciò che nella liturgia è segno nel senso di linguaggio della fede, sia che si tratti della modalità verbale o della modalità non verbale di quel linguaggio. Occorre subito osservare che sia gli esperti in liturgia sia gli studiosi dei segni hanno rivolto le loro ricerche prevalentemente in direzione del linguaggio verbale; d’altra parte, ultimamente, in entrambi i campi, ma soprattutto tra i semioticisti, si è andata accentuando l’attenzione ai linguaggi non verbali. Nelle prossime pagine si intende dare un breve ascolto a questo nuovo indice di interesse, tentando di segnalare ciò che negli studi sul linguaggio non verbale può risultare utile per la liturgia”. (cfr. note di pastorale giovanile)

Argomento molto grande e con differenti sfaccettature, che potrebbe essere affrontato dai tecnici del settore, ma il mio intento è provocare la vostra curiosità, suggerire una lettura e stuzzicare la curiosità perché ognuno di noi possa migliorare nella vita umana e spirituale.

Con questi spunti di lettura credo che possiamo iniziare ad avere attenzione ai gesti che compiamo da quelli ordinari di ogni giorno a quelli personali a quelli comunitari, a quelli sul lavoro e nella vita a quelli nella preghiera.

Il nostro modo di presentarci ci dice chi siamo e se nel mondo militare la forma è sostegno della sostanza questo vale nella vita di tutti. Una società senza regole, senza disciplina, senza obbiettivi comuni, senza rispetto … non va da nessuna parte.

Recuperiamo quei bei modi di convivenza imparati in casa dalle nostre nonne, senza perdere la bellezza del nuovo, ma neppure dimenticando la ricchezza del passato. Che la nostra persona, le nostre parole, i nostri gesti, sguardi, possano infondere serenità, amore, pace … perché recuperando la bellezza della vita potremo essere testimoni dell’amore di Dio al mondo, servitori e difensori della Pace, persone felici. 

@unavoce

 

Foto di Copertina: Celebrazione Madonna di Loreto dall’archivio Parrocchiale 2018