Via da rinnovare
“Avere fede non significa non avere momenti difficili, ma avere la forza di affrontarli sapendo che non siamo soli” (Papa Francesco).
Molti, infatti, pensano che, attraverso preghiere e invocazioni, Dio debba per forza aiutarli. Dopo aver pregato Dio e non aver ottenuto risultati, essi smettono di credere pensando che, non correndo in aiuto alle loro preghiere, quest’ultimo non esista. Come uno studente che prega Dio per un’interrogazione che alla fine non avrà l’esito sperato e quindi decide di non perdere tempo a pregare una divinità che non esiste e che non aiuta per niente, perdendo così la fede. Papa Francesco, invece, ribadisce che Dio non è uno strumento di alleggerimento della vita che si attiva attraverso preghiere, come un televisore che si accende e si spegne all’impulso di un telecomando, bensì rappresenta la forza capace di superare questi momenti difficili, pensando di non essere soli. (cfr. noisiamofuturo)
Tre giovani cristiani su cinque, all’incirca, lasciano la fede e abbandonano le loro chiese di origine. Questo accade, in genere, verso i 15 anni. E’ un fenomeno comune, con diverse gradazioni, a tutte le confessioni religiose cristiane in occidente, in Europa e negli Stati Uniti. E la grande domanda è: perché accade questo, e con tale frequenza? Una nuova ricerca, resa pubblica qualche giorno fa dal Barna Group, indica sei diverse ragioni in questo esodo giovanile. I ricercatori di Barna Group hanno posto le loro questioni a una varietà di persone: giovani adulti, teenagers, giovani pastori evangelici e loro colleghi più anziani. La ricerca si è estesa per un periodo di tempo molto lungo: cinque anni. (cfr. lastampa)
“Credono sempre più nel successo e nella carriera, continuano a considerare assai importante l’istruzione e la cultura, ma non vogliono saperne dellareligione né, tanto meno, della politica. Questo il ritratto dei mutamenti generazionali che, in un confronto tra i giovani tra il 15 e 24 anni del 2017 con quelli di quindici anni prima, emerge dall’ultimo sondaggio Demos”. (cfr. G.Guzzo)
In questi ormai trent’anni di sacerdozio in mezzo ai giovani militari ho potuto verificare la lontananza dalla vita della chiesa e con il tempo anche da Dio o almeno dal senso spirituale della vita religioso sicuramente e una certa indifferenza nella maggior parte dei casi e una insicurezza e mancanza di fiducia nella chiesa e nei suoi rappresentanti, causa non solo gli scandali ma l’accusa è che diciamo una cosa e ne facciamo un’altra. Nulla di nuovo sotto il sole ovviamente, ma la domanda e la preoccupazione è perché cosa li allontana o meglio cosa non li attrae perché? La partica religiosa vista solo come obbligo in una società che offre una velocità e cambiamenti continui di modi e costumi che la liturgia non ha il senso dell’incertezza e del voler dimostrare tutto, la convinzione causa una cattiva conoscenza che è pigrizia ovviamente nel sapere per mancanza di ‘0interesse sulle cose sacre e il testo sacro in particolare fidandosi più di articoli o romanzi che di studi.
Poca voglia di conoscere di capire, linguaggio che è lontano dal loro modo di pensare e vedere la vita, regole morali che legano e non liberano … insomma un cammino lungo da riprendere dall’origine ma senza la voglia e il desiderio di questi di conoscere difficile da avviare.
Cosa fare? L’unica strada che vedo è buttarsi in mezzo con il loro linguaggio con il loro stile con i loro modi e le loro abitudini con il rischio di confondersi svestendosi di tutte le nostre certezze mettendosi in ascolto e basta senza dare risposte certe e lapidarie ma lasciano aperte le problematiche.
Un freno da mille parti però rimane nella chiesa, nonostante il desiderio di dialogo per paura di svendere il prodotto non ascoltiamo con il cuore ma solo con le orecchie cercando di dare risposte per-costituite e da manuale che i nostri giovani non vogliono più sentire.
Bisogna distogliere lo sguardo dalla ritualità obsoleta che non capiscono e aiutarli a comprendere una ritualità e una religiosità ordinaria nel quotidiano facendola scorgere nei gesti e nelle parole di tutti i giorni facendo scoprire persone non solo religiose che sanno vivere la legge dell’amore fino all’estremo sacrificio e comprendere che essere cristiani fa la differenza nelle scelte di vita. Essere buoni è di tutti essere buoni con il cuore e con lo stile di Gesù e di chi abbraccia il suo messaggio.
La diversità e la pluralità delle religioni che si litigano la storia passata e complicata di potere della chiesa sono gli elementi che ci allontanano per non parlare poi della preghiera vista solo come fattore superstizioso e non come ricchezza interiore.
Partire da una spiritualità semplice che rischia di sconfinare nella new egee ma che necessariamente deve esserci per aiutarli a riscoprire la bellezza della preghiera intesa nel solco della tradizione.
La messa abbandonata dopo i sacramenti e oggi anche i sacramenti rimandati quindi tutto distrutto e da riprendere dall’origine senza tanti documenti e lettere ma con la vita e la pazienza della nonna attorno al fuoco che educa i nipoti.
@unavoce
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