la vita, per viverla
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». (Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa)
Termine forte, usato come titolo di questa semplice riflessione, per aprire un articolo, che ha il solo scopo di sollecitare un cambiamento interiore, ma l’intento è quello di riportarvi la frese simbolo di un romanzo dimentica o addirittura poco conosciuto: “Il Gattopardo”, di Tomasi di Lampedusa, perchè ritengo che sia un testo che ci potrebbe aiutare a comprendere lo stato interiore in cui ci troviamo, al di là della storia raccontata. Il romanzo riferisce e rimanda allo stato sociale di quel tempo in Sicilia e in Italia, ma con le adeguate trasposizioni intellettuali e conoscitive potremmo leggere l’affermazione in chiave personale per rimetterci in gioco.
Talvolta subiamo situazioni di vita senza farci domande, senza combattere, senza voler rimediare o aggiustare situazioni, senza la voglia di riprendere il bandolo della storia e rivedere posizioni e affermazioni ed ideologie.
Per essere autentici protagonisti della vita è necessario avere una mente aperta, disponibile al confronto, al cambiamento, con la voglia di rimettersi in gioco rivedendo, se necessario, le nostre posizioni. Se vogliamo veramente fare della vita un’avventura meravigliosa è fondamentale conoscersi e conoscere ciò che c’è attorno a noi e dentro di noi.
Talvolta l’umanità ci disgusta per ciò che viviamo e vediamo, allora la domanda nasce spontanea: noi siamo diversi, oppure solo guardiamo dall’altra parte senza guardarci dentro?
Potrebbe essere questo un atteggiamento comodo per non fare, per non impegnarsi, per tirarsi da parte e dire: “io non centro, non compete a me”, scoprendo poi che quando cadiamo nella rete delle relazioni e dei rapporti interpersonali, questo ci riguarda accada, trovandoci sprovveduti e rischiando di rimanere delusi dalle cose della vita e dalle persone alle quali magari avevamo dato fiducia, ci eravamo impegnati, delusi dagli amici, da noi stessi, per non palare di famiglia e di amore.
Rivoluzione, quindi interiore non esterna, cambiare il nostro cuore, cambiare dentro per cambiare fuori. Noi vorremmo che le cose che ci piacciono rimangano tali, che non subiscano cambiamenti e proprio pensando a questa dinamica, a questa esigenza che talvolta campeggia nella nostra mente, che ho riletto il romanzo in una chiave personale differente.
“«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» è una frase che, a ben vedere, nasconde un duplice significato, così vivido al giorno d’oggi. Se vogliamo salvarci, è necessario un cambiamento. Ma il cambiamento non deve aver luogo: non viene dall’esterno. Tutto deve rimanere com’è, se vogliamo che tutto cambi. È forse, questo, il cuore di ogni reale rivoluzione: non abbiamo bisogno di gesti eclatanti, di grandi sospiri e trionfalismi. Il cambiamento deve avvenire all’interno, occupando le parti interiori della nostra anima come l’acqua occupa un recipiente, perché, passata la sbornia dei proclami, davvero tutto rimane com’è. Ecco il duplice significato: se tutto cambia esteriormente, tutto rimane com’è; se tutto rimane com’è, tutto può cambiare interiormente”. (cfr. succedeoggi)
Ci siamo costruiti a fatica, magari, una vita che ci piace, abbiamo seguito e perseguito obiettivi che abbiamo raggiunto, conosciuto persone, avuto relazioni che con fatica abbiamo coltivato e vorremmo che tutto potesse rimanere com’è, ma la vita riserva situazioni di cambiamento e quando accadono, il più delle volte, ci destabilizzano e il nostro cuore e la nostra anima vanno in subbuglio, accusando colpi e contraccolpi soprattutto quando si parla di relazioni interpersonali e le parole del romanziere ci portano a riflettere, con uno sguardo differente, a cambiare dentro per non cambiare fuori. Cambiare il nostro modo di approcciarci alle situazioni perché esse possano rimanere come desideriamo. “L’invito è a fare, se non proprio rivoluzioni interiori, almeno lavande gastriche di responsabilità”.
Una rivoluzione quindi che ci rimetta in gioco seriamente a vivere ogni occasione, ogni evento, ogni situazione, ogni relazione in modo pieno, con i giusti occhi, senza illuderci, senza deluderci, ma con la consapevolezza che la natura umana è limitata e fragile e che se abbiamo dato fiducia e non l’abbiamo ricevuta siamo su questa terra e le cose accadono, vanno solo imparate senza rimanere schiacciati e dando noi quello che riteniamo senza aspettaci nulla in cambio. Per quanto deludente seminare il bene è e deve essere l’impegno di sempre con la consapevolezza che se non riceviamo la giusta attenzione sarà limite ed errore dell’altra persona che non avrà capito nulla della vita e delle persone.
@unavoce
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