Impegno morale nella vita
«Badate a ciò che udite. Con la misura con la quale misurate sarete misurati pure voi; e a voi sarà dato anche di più; poiché a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». (Mc. 4, 21-25)
“La corresponsabilità … non si tratta di dividersi ambiti di competenza, ma di pensarsi nella parzialità, rispettarsi nella diversità, relazionarsi nella reciprocità”. (cfr. D. Vivian)
La vita riserva sempre sorprese e la differenza la farà il soggetto con le sue scelte. Ogni ambiente e ambito di vita su questa terra ha regole e dettami morali che hanno lo scopo del rispetto e della funzionalità, dell’efficienza e della crescita.
Questo idealmente è il pensiero, ma credo – con un analisi non professionale o accademica, ma solo di vissuto, che forse al di là degli studi che uno può aver fatto o della conoscenza – che queste cose pur sapendole nel cuore, poi non riusciamo a viverle e il tempo incancrenisce talvolta i nostri modi e i nostri atteggiamenti.
In un ambito famigliare, piuttosto che di lavoro, un’etica, un’azione morale, una educazione, ritengo siano importanti.
Le basi della vita le impariamo in famiglia, dove poi vengono vissute in modo pieno e in seguito trasferite negli altri ambiti, lavorativo e di vita sociale.
A questo livello oggi voglio soffermarmi con voi creando uno spunto di riflessione su come viviamo e ci muoviamo nell’ambito lavorativo.
Come mi muovo, come mi comporto, come m’impegno?
Purtroppo emerge uno dei caratteri dell’uomo: l’egoismo, che porta a vedere e leggere ciò che ci circonda sempre in modo negativo pensando che il datore di lavoro si approfitti, pensando che non siamo impiegati in modo corretto, pensando che dobbiamo perseguire solo gli interessi personali … credo che ci sia un errore di fondo che non ci permette di essere veramente liberi e felici, quello di avere il dovere di lavorare, di scegliere quando possibile quello che piace e sentirsi parte integrante dell’azienda in cui lavoriamo, non solo per crescere professionalmente, per guadagnare, ma per dare il massimo di noi attraverso la passione del lavoro che si svolge, tanto più se l’azienda per cui lavoriamo e nella quale ci siamo inseriti ha scopi di offrire un servizio collettivo.
Appassionarsi al proprio lavoro, vivere in pienezza la vita che ci siamo scelti è la base per la vita felce e la responsabilità che ne nasce sarà la nostra serietà, la nostra professionalità che va al di là della formazione, ma sarà nel cuore delle persone.
Essere veri, sinceri professionisti, capaci, impegnai, sentirsi parte dell’ambiente in cui si lavora, responsabili e corresponsabili di una attività, farà la differenza attraverso il nostro carattere e i nostri modi.
Essere e sentirsi parte di un’organizzazione fa si che si lavori nella stessa direzione, pur magari non condividendo il progetto, ma sarà importante conoscerlo e seguirne le indicazioni.
Nella Chiesa, per esempio, non dico e non parlo di religione o fede, ma parlo di organizzazione, posso non condividere, criticare, avere opinioni differenti, ma se credo che sia lo strumento, non solo voluto da Dio, ma umanamente efficace, nonostante naturali limiti per servire l’umanità, allora ognuno secondo le sue caratteristiche e doti deve seguire le indicazioni generali sapendole adattare in modo intelligente.
Il vangelo è inscindibile e non svendibile, ma i modi per annunciarlo possono variare, la differenza la farà il nostro modo di viverlo, di testimoniarlo e di mediarlo sapendo che non sono solo, ma che una comunità c’è che cammina con me, una comunità con un capo e dei ruoli e ognuno secondo il suo collabora al cammino generale. Pertanto morale, etica, professionalità, fede, impegno, dedizione faranno la strada per raggiungere gli obbiettivi.
Ognuno di noi è responsabile della buona riuscita di un progetto, questo vale in famiglia, nella Chiesa, nel posto di lavoro, al di là della retribuzione, che deve esserci e dovrebbe essere in proporzione alle proprie capacità, doti, impegno di servizio oltre che per dignità della persona stessa che non può e non deve essere frutta, “ogni operaio ha diritto alla sua paga”, ma questo non ci deve far sentire come operatori esclusi, ma come cooperatori responsabili del cammino comune, non è il Papa il solo ma ogni sacerdote, ogni cristiano, non è il Comandante solo ma tutto il personale, ognuno secondo il ruolo e il grado, non è solo il genitore ma ogni componente della famiglia che devrà collaborare e sentirsi parte del gruppo.
Impariamo ad essere seri professionisti, essere persone che dicono e fanno, essere famiglia in ogni momento e in ogni scelta. Ognuno con la sua presenza, le sue capacità, la sua professionalità, il suo impegno costruisce il mondo, la società, il progetto, il cammino degli altri.
Per intraprendere questo percorso è necessario sentirsi realizzati, amati e felci nelle scelte fatte, altrimenti rimarremo degli eterni scontenti, capaci solo di criticare e trasmettere negatività. Non sempre si può fare quello che si vuole, ma quello che facciamo o dobbiamo fare, possiamo farlo con passione e impegno, dipenderà da noi.
@unavoce
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