Accompagnare ascoltare dialogare
Vorrei oggi soffermarmi con voi su un tema delicato che coinvolge tutti a diversi livelli: Educare. Un tema che va nella linea della pagina “Azione morale”, alla quale vi rimando. Credo che sia importante creare uno stile di collaborazione dove ci si parla, dove ci si aiuta, dove ci sostiene l’un l’altro, avendo i medesimi obiettivi, con compiti diversi, ma camminando tutti insieme verso una direzione, attraverso quello che una volta chiamavamo “spirito di copro”, sentirci una unica famiglia, ognuno con il suo ruolo, il suo grado, i suoi compiti e responsabilità, ma tutti uniti per costruire un servizio efficace, non sentendoci uno più importante dell’altro, un servizio più utile dell’altro, ma ognuno con la sua professionalità, la sua responsabile e presenza, consapevole e impegnato a contribuire alla buona riuscita di quelli che sono i compiti istituzionali che ci vengono affidati e per farlo seve una coscienza retta, un senso di responsabilità che va al di là dell’interesse personale, ma che abbia una visione complessiva. Con queste premesse, allora vi propongo le parole del Pontefice, perchè ritendo importante educarci per educare, conoscere e fare, fare prima di insegnare.
“L’importanza di fare e creare una educazione dinamica che trasmetta il patrimonio del passato ma andando avanti, senza fermarsi a fissare le radici, per far crescere l’individuo, ma prendendo dalle radici e proseguire con intelligenza a costruire una persona capace e indipendente”. (cfr. VaticanNews)
Colgo l’occasione di riportarvi le parole che il Papa ha pronunciato incontrando un gruppo di educatori. Le sue parole illuminano il nostro cammino e orientano il nostro impegno richiamandoci a compiere questo servizio in modo autentico, verificando i nostri modi e metodi, mettendoci in discussione, rivedendo quelle dinamiche che non sono educanti, ma solo repressive, che non aiutano a crescere, ma solo ad incattivire le persone con cui lavoriamo, che siano colleghi sopra o sotto la nostra responsabilità. Abbiamo il dovere, tutti e ciascuno, di essere educatori seri, capaci e attenti a costruire un gruppo capace e responsabile e non automi e servitori vuoti. Dobbiamo imparare a scendere dai nostri piedistalli di finte sicurezze e di toni arroganti di saputelli che educano con la durezza invece che con la professionalità e la carità. Compito non facile che alcuni non riescono a comprendere e che per questo motivo mi permetto richiamare, perché abbiamo il dovere, invece, di fare bene, abbiamo delle responsabilità alle quali non possiamo venir meno e se alcuni errori stiamo o abbiamo commesso è il tempo di cambiare stile e direzione.
Comprendiamo che educare non “è riempire la testa di idee”, perché si formano “automi”, ma camminare insieme con persone in una “tensione fra il rischio e la sicurezza”. E camminare insieme significa dare testimonianza, significa fare prima di parlare, dare l’esempio prima di pretendere. Dare rispetto prima di volerlo, dare serietà prima di richiederla.
“Educare è rischiare nella tensione tra la testa, il cuore e le mani: in armonia, al punto da pensare quello che sento e faccio; da sentire quello che penso e faccio; da fare quello che sento e penso. È un’armonia”. Questo è quello che dovremmo fare e vivere nei nostri ambienti di servizio. “Non si può educare senza camminare insieme alle persone che si stanno educando. È bello quando si trovano educatori che camminano insieme ai ragazzi e alle ragazze”. “Educare non è dire cose puramente retoriche; educare è far incontrare quello che si dice con la realtà. Le ragazze, i ragazzi hanno diritto a sbagliare, ma l’educatore li accompagna nel cammino per orientare questi sbagli, perché non siano pericolosi”. “Il vero educatore non si spaventa mai degli sbagli, no: accompagna, prende per mano, ascolta, dialoga. Non si spaventa e aspetta”. Questa è l’educazione umana: educare “è questo portare avanti e far crescere, aiutare a crescere”.
L’obiettivo, quindi, è proprio quello di educare non solo trasmettendo il sapere, ma dando spazio anche all’ambito spirituale e non intendo quello religioso necessariamente, ma all’anima, alla passione con cui viviamo la nostra vocazione e qui intendo quella del militare che è a servizio di valori per le persone e con le persone e non un semplice fare, un semplice eseguire, pertanto il ruolo della persona più grande è quello di trasmettere professionalità, umanità, carità. “E’ importante il dialogo tra i giovani e gli anziani”, “perché l’albero, per crescere, ha bisogno di rapporti stretti con le radici”.
Il Pontefice ha poi ricordato che, parlando della sua esperienza che: “C’è un poeta della mia terra che dice una cosa bella: ‘Tutto quello che l’albero ha di fiorito, gli viene da quello che ha sottoterra’. Senza radici non si va avanti. Soltanto con le radici diventiamo persone”. Dunque no alla banale formazione fredda e rigida ma impegnarsi a “prendere dal passato per andare avanti. La tradizione non è statica: è dinamica, protesa ad andare avanti”.
Credo che le parole del Santo Padre possano tornarci utili per fare un serio esame di coscienza di come svolgiamo il nostro servizio, di come ci comportiamo nei nostri ambienti, di come svolgiamo i nostri rispettivi incarichi, di come ci rapportiamo con i nostri colleghi e come siamo o non siamo capaci di essere veri educatori. Educare significa vivere e vivere significa impegnarsi e impegnarsi significa fare fatica e pensare a quello che si dice e come si dice per essere autentici, per essere efficaci, per insegnare veramente a vivere e lavorare in modo serio e costruttivo. Vale in famiglia, vale nella vita in genere, ma vale sicuramente nei nostri ambienti di servizio. Questo significa creare spirito di corpo, sintonia, armonia, collaborazione, responsabilità e non chiacchiere vuote e presunte professionalità, arroganti parole e vuoti concetti, significa fare sul serio e con umiltà. Quindi ognuno secondo il suo ruolo e il suo impegno si faccia un serio esame di coscienza per verificare il suo operato, la sua presenza, la sua testimonianza.
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