Fare, o non fare, non c’è provare
“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. (G. 12,24)
La Pasqua di Risurrezione che stiamo vivendo ci porta a fermarci a meditare sullo stile della vita Cristiana, con voi oggi questa riflessione che vuole essere una semplice meditazione per accompagnarvi in questo tempo a essere figli della luce e del risorto immagine del Dio che dalla croce ci ha offerto la vita nuova.
Quante volte anche noi davanti a qualche cosa ci fermiamo o rispondiamo ci provo, fatichiamo a prendere la croce e seguirlo, ma vorrei con voi analizzando una riflessione dalla newsletter di Papasidero e una meditazione di Papa Francesco offrirvi questa umile pausa di lettura e scoprire quanto sia limitante rispondere cosi, quanto non sia non solo la vita umana corretta, ma neppure quella del cristiano. Ci provo non è un atteggiamento positivo, non è un atteggiamento di fede, ma rassegnato e allora fermiamoci a riflettere per analizzare un attimo i nostri modi e riprendere in mano la vita e la vita cristiana. Se vuoi essere felice non ci devi provare, ma dei fare e fare significa impegno, dedizione, fede con uno stile di “gioia, umiltà, mitezza, mansuetudine, generosità” per seguire un progetto, un obiettivo una vita e non rinunciando al primo fallimento e alla paura della croce.
“Che vuol dire “ci provo”? Vuol dire che non lo fai, che magari inizi, ti “avvicini” e probabilmente lacerai perdere. Perché quando pensi “ci provo”, in realtà non credi di farcela, altrimenti diresti “Ok, lo faccio!”. Se ti dico di aprire la porta di casa, non dici che ci proverai, la apri. Se ti dico di cuocere la pasta, non dici che ci proverai, la cuoci. Se ti dico di fare un esercizio per diventare felice, ci provi. E diventare felice è la cosa più importante che tu possa fare nella tua vita.
Non devi provarci, devi farlo! Da oggi ascolta bene ogni volta che dirai “ci provo”, e invece di provarci, fallo. Non otterrai subito il risultato che desideri magari, sarà difficile o scomodo, potresti incontrare problemi e magari non gradire quello che riuscirai a ottenere. Ma se lo fai, invece di provarci, sarà un primo passo fondamentale per cambiare la tua vita. Se vuoi ottenere risultati concreti non puoi provarci: fare o non fare, non ci sono alternative. O lo fai, quel che ti dico, o non lo fai. Non ci sono vie di mezzo”. (cfr. dalla Newsletter – G. Papasidero)
Per cambiare bisogna, non solo volerlo, ma iniziare a fare, non dire ci proverò, ma inizia al di là dei risultati e delle difficoltà, della fatica e dell’impegno, inizia a credere in quello che vuoi realizzare e inizia a farlo e rifarlo continuamente sin che arrivi all’obiettivo che ti sei prefissato.
“Gioia, umiltà, mitezza, mansuetudine, generosità: sono tutti i tasselli che compongono il grande puzzle dello stile cristiano: uno stile che ha la forma di una croce. “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Poche parole che, però identificano tutto lo stile cristiano, improntato sul cammino già compiuto da Cristo stesso. Noi non possiamo pensare la vita cristiana fuori da questa strada, sempre c’è questo cammino che Lui ha fatto per primo: il cammino dell’umiltà, il cammino anche dell’umiliazione, di annientare se stesso, e poi risorgere. È inutile girarci troppo intorno: Questa è la strada; lo stile cristiano, senza croce non è cristiano, e se la croce è una croce senza Gesù, non è cristiana. Lo stile cristiano prende la croce con Gesù e va avanti, segue cioè l’esempio del Messia che, pur essendo uguale a Dio, annientò se stesso, si è fatto servo per tutti noi. Un modello troppo alto forse, e, per certi versi, arduo da seguire. Eppure questo stile ci salverà, ci darà gioia e ci farà fecondi, perché questo cammino di rinnegare se stessi è per dare vita, è contro il cammino dell’egoismo, di essere attaccato a tutti i beni soltanto per me. È un cammino, inoltre, che è aperto agli altri, perché quel cammino che ha fatto Gesù, di annientamento, quel cammino è stato per dare vita. Per questo Cristo disse: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà”, richiamando metaforicamente il grano che “se non muore, non può dare frutto”. Tutto ciò con gioia, la gioia che ci dà Lui stesso. Seguire Gesù è gioia, ma seguire Gesù con lo stile di Gesù, non con lo stile del mondo, ognuno come può, l’importante è aver chiaro che il fine è “dare vita agli altri”, non a se stessi, secondo quello spirito della generosità spesso contrastato dall’egoismo che spinge ad apparire importanti davanti agli altri. Un consiglio bellissimo c’è nella Imitazione di Cristo: “Ama non essere conosciuto ed essere giudicato come niente”. Andare con Gesù è, dunque, la nostra gioia, la nostra fecondità. Rimaniamo in guardia dalle altre gioie che non sono feconde, ma che soltanto pensano a guadagnare il mondo intero, ma alla fine perdere e rovinare la vita. La preghiera da rivolgere a Dio è, quindi, che ci insegni un po’ questo stile cristiano di servizio, di gioia, di annientamento di noi stessi e di fecondità con Lui, come Lui la vuole”. (cfr. Omelia, Papa Francesco 6 marzo 2014)
Recuperiamo lo stile cristiano della vita che è felice solo accettando la croce e lasciandoci guidare dal Signore, incamminandoci con Lui e non provandoci ma facendo un cammino vero impegnato con coraggi.
@unavoce
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