Rivedi i tuoi modi
La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. (Lettera ai Romani, 12, 9 – 16)
Mettetevi al posto del vostro prossimo e mettete il prossimo al vostro posto; così giudicherete bene. (San Francesco di Sales)
Quando tu mormori di una persona vuol dire che non l’ami, l’hai tolta dal tuo cuore. Ma sappi che, quando togli uno dal tuo cuore, con quel fratello se ne va anche Gesù. (San Padre Pio)
Parlare di comunità cristiana, parlare di Parrocchia, di gruppo, inevitabilmente nascono nella nostra mente due domande: perché ci si riunisce in comunità e perché abbiamo l’abitudine di pensare male degli altri?Purtroppo nessuno è esente da queste due elementi, uno buono e uno negativo.
Rispondo alla prima con uno scritto di Madeleine Delbrel, una donna mistica, scrittrice e assistente sociale francese dell’inizio del secolo scorso che ha anticipato i tempi, dalle prospettive nuove e che ci può orientare nella ricerca di un cammino migliore come singoli e come comunità: “Se dei cristiani vivono in comunità hanno come primo intento quello di essere una risposta a quella proposta di amore che il Cristo ha rivolto ai cristiani: ci si riunisce insieme per vivere, spingendosi il più lontano possibile, il vero amore del Cristo, il vero amore degli altri. Ci si riunisce per fare corpo con il Cristo che può cambiare il mondo. Una debolezza per la comunità sarebbe quella di accontentarsi dell’amicizia, del cameratismo, dell’affetto: deve essere l’amore di Cristo a cementarci gli uni agli altri. La fortuna della comunità sta nell’incontrare persone che sono decise ad amarsi insieme fino in fondo, senza cedere ad inutili indulgenze degli uni verso gli altri. Affinché il regno di Dio venga, è necessario che vi sia unità: una comunità viva è una piccola parte del Regno di Dio e non può quindi esservi vero conflitto tra missione e comunità. Il gruppo rischia la consuetudine, l’invecchiamento, se si riduce a rapporti di gentilezza. Una delle sue regole è il principio: “chi perde, vince”; nessuno ha dei diritti sulla comunità, ma la comunità deve assumersi i diritti di ognuno. L’amore non fa rivendicazioni. Naturalmente bisogna anche bene mettersi in testa che unità non vuol dire uniformità: esiste, più o meno, sempre la tentazione dell’unità confortevole, in cui tutti avrebbero voglia di fare tutto nello stesso modo e nello stesso momento. Dobbiamo invece cercare di vedere la personalità di ognuno nel Signore e di sbarazzarci di tutti i pregiudizi che si hanno sugli altri. Il mondo ha diritto che le nostre comunità siano sane e sante: quando un gruppo cessa di essere tale, significa che la presenza del Signore è scomparsa… Non esistono ricette per essere persone che amano; bisogna scendere fino al cuore di Cristo per scoprirne il modo. Tutto il resto non è che espediente”. (cfr. Madeleine Delbrel, Comunità secondo il vangelo, Gribaudi 1996)
Le caratteristiche di molti, le diversità e i pregi messi insieme ci fanno camminare meglio, perché nessuno è un “animale” solitario, ma abbiamo la necessità di condividere, di stare insieme di volerci bene.
Il secondo aspetto lo muto dalla psicologia. “L’abitudine di pensare male degli altri è figlia del pregiudizio. L’aspetto peggiore di questo atteggiamento è che spesso porta in sé il germe della propria conferma. Ciò significa che se la nostra aspettativa è che gli altri si comportano male o in modo lesivo, questo spesso finirà per avverarsi. Chi adotta questa abitudine, in genere, ha sofferto o ha avuto esperienze negative in passato. Il problema, tuttavia, non risiede nelle esperienze stesse, ma nel fatto che non sono state elaborate. I segni lasciati dagli eventi negativi causano l’abitudine di pensare male, che, purtroppo, spesso porta queste persone a essere oggetto di nuova sofferenza”. (cfr. lamentemeravigliosa)
Talvolta, il pensare male, scaturisce dal fatto che vogliamo prevenire il dolore e la delusione o il fallimento è una forma di autodifesa che però, se da una parte possiamo capirla, perché nessuno vuole soffrire, dall’altra, però, non trova giustificazione, perché fa soffrire e porta dolore nelle altre persone, magari proprio quelle vicine e che senza accorgerci sono quelle che veramente ci vogliono bene.
Ora, a conclusione di questo semplice riferimento, per animare e indirizzare i nostri pensieri e le nostre azioni e per quello che penso sia necessario fare per la nostra comunità cristiana, ma per ogni comunità, è quella di ricordare l’importanza di ritrovarci insieme, di seguire le indicazioni della Chiesa, non solo per uno spirito di obbedienza, ma certi che è la strada e il luogo per l’incontrare il Cristo così come ci ha insegnato Gesù radunato attorno a se i discepoli, indipendentemente dalla bravura dei ministri che ce la ricordano, ma per il valore del vangelo in se stesso.
Compiendo questo cammino, imparando a stimarci gli uni gli altri, a sostenerci, a condividere gioie e dolori senza giudizio e pregiudizio, senza sentirsi migliori o invidiosi, ma volendoci bene per quello che siamo, la vita tonerà ad essere una vera avventura meravigliosa, felice e insieme si affronterà il cammino. Mettiamo in pratica le parole dell’Apostolo che vi ho citato in apertura, facciamo di questo modo lo stile serio e sincero del nostro vivere quotidiano tra di noi, senza malignare e pensar male, ma nello stimarci con carità e anche nella correzione fraterna sempre con gli occhi dell’amore e del rispetto.
Questo l’augurio che faccio alla mia comunità, la mia parrocchia tra e con i militari e per tutti: non sparlare del fratello, perché se perdi tempo per giudicare non avrai il tempo per fare il bene, così si esprimeva Santa Teresa di Calcutta “se giudichi le persone, non hai il tempo di amarle”.
@unavvoce
Foto di Copertina: fonte