XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Lc 12,49-57

“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!(…) Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra?

 

“No, io vi dico, ma divisione”. Che effetto strano fanno le parole di Gesù nel Vangelo di oggi, ma in realtà hanno il sapore di quegli schiaffi salutari che delle volte servono a svegliarci da certi stati depressivi indotti dalle nostre politiche della giusta misura. Che cosa voglio dire? Semplicemente che più mi guardo intorno e più mi accorgo della quasi totale mancanza di passione. Non vedo più persone appassionate, tutti sono misuratamente poco coinvolti con la vita, con le cose da fare, con gli ideali. Non si combatte più per nulla. Ci si accomoda in una costante crisi, e in un vittimismo che ci fa essere sempre annoiati e depressi. È proprio vero, ci manca qualcosa per cui “bruciare”. Bruciare di passione, di iniziative, e perché no, anche di cadute. La pace che aneliamo è una pace finta, fatta con tutti gli antidolorifici che scoviamo. L’importante è non sentire dolore e fatica e non importa se non sono felice, l’importante è che non mi stanco troppo, che non soffro troppo, che non mi scomodo troppo. Abbiamo tirato su una generazione di infelici perché ci siamo convinti che non abbiamo le capacità di risolvere i problemi. Ci siamo dimenticati che delle volte per diventare noi stessi bisogna fare la fatica di dividersi dalla massa, di distinguerci. Non è rinnegare un padre o una madre, ma saper essere noi stessi anche al di là di loro. Non è mettere tutti d’accordo ma essere tutti vivi e sentire la vita come qualcosa di vivo. La stanza di un museo la si gestisce certamente meglio di una stanza piena di bambini, ma è quest’ultima che contiene davvero la vita mentre la prima ne può avere solo sbiadite e inestimabili tracce. Siamo musei o siamo vivi? I reperti da museo si studiano, si analizzano, si catalogano, si restaurano, ma la vita invece è fatta di scelte, tentativi, sogni per cui lottare, sofferenze da affrontare, incomprensioni da digerire”. (cfr. d.L.M. Epicoco)

“PENSIERI CON LE STELLETTE”

sul Vangelo della Domenica

Due feste il Giorno del Signore e la Solennità di Maria Assunta in cielo, un Vangelo di coerenza, di sfida, di impegno serio e un Vangelo che ci fa comprendere che il fuoco che Gesù è venuto a portare è il fuoco dell’amore con Maria che diventa strumento nella mani di Dio. Quindi, un richiamo a vivere in modo autentico, impegnato, serio e cristianamente nella gioia, con la  stessa disponibilità di Maria a fare la volontà del Signore e così la vocazione alla pace servendola tra le file delle Forze Armate, in divisa è quel segno e quell’impegno concreto a una vita vera per costruire la Pace, per assicurarla a tutti attraverso la gioia del servizio ai fratelli, anche così. 

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La FOTO, il motivo della scelta: 

Libano: UNIFIL, Contingente Italiano e in sovraimpressione l’effige della madonna di Loreto conservata nella Chiesa del 15° Stormo

Uno scatto in posa per ricordare una celebrazione, un evento, un servizio, una testimonianza nel dialogo per la pace e con la gioia della fede e del rispetto reciproco. Questo ci ricorda e ci aiuta a celebrare queste due feste con lo sguardo e il cuore di Maria che sa accogliere e indirizzare a costruire sempre ponti e armonia.

FOTO: (cfr. Esercito.difesa)

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – Lc 1, 39-56

“Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”, dice Elisabetta, e Maria risponde: “L’anima mia magnifica il Signore”.

“Nel cuore dell’estate, c’è un trionfo di luce che si chiama Maria. La festa dell’assunzione di Maria al cielo è una di quelle feste che ti evangelizzano lo sguardo. È verso l’alto che dobbiamo guardare. “Siamo nati e non moriremo mai più”, scrisse quella straordinaria donna di nome Chiara Corbella che ci ha lasciato una bellissima testimonianza di donna, di moglie, di madre, di amica. Perché la morte è solo quella direzione di cielo che prendiamo con una rincorsa un po’ misteriosa e un po’ carica di paura. Maria che varca il cielo ci ricorda che quello è il nostro destino, cioè quella è la nostra destinazione. Ed è per questo che Maria è per ciascuno di noi “segno sicuro di speranza”, perché guardando Lei capiamo un po’ che fine faremo noi. Eppure il Vangelo di oggi per raccontarci di questa festa ci fa leggere un brano dell’evangelista Luca in cui si racconta l’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta. È un incontro in cui l’effetto collaterale si chiama gioia: “Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”, dice Elisabetta, e Maria risponde: “L’anima mia magnifica il Signore”. Il segno distintivo che siamo fatti per il cielo lo si vede dalla gioia che proviamo e che portiamo. Un cristiano o è un portatore di gioia o non è cristiano. Ma non la gioia dei sorrisi, ma la gioia di sapersi amati definitivamente. È la gioia di chi riesce a vedere che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Fa capire le cose agli umili e confonde le idee ai superbi. Provvede a chi si riconosce povero e lascia a bocca asciutta coloro che pensano di essere ricchi. La festa di oggi quindi come una seconda Pasqua tutta mariana, accende una luce di speranza sul nostro destino. Ma questa luce non è solo una luce che ci parla del dopo, ma è una luce che ci parla del qui ed ora. Infatti è proprio pensando a Maria che tutta la nostra vita di adesso assume una profondità nuova. Ha ragione quindi Dante a dire di Maria: “sei di speranza fontana vivace”. (cfr. d.L.M. Epicoco)