Di ritorno dalla riunione mensile dei cappellani militari della nostra zona pastorale voglio condividere con voi quanto ho ascoltato e condiviso con i confratelli della zona. Un momento questo che ci aiuta al di là dagli aspetti organizzativi a ritrovarci a pregare insieme e a meditare insieme. Il tema che abbiamo affrontato è stato “il Sinodo”.

La parola Sinodo, che per molti non significa nulla, anche per i cristiani e i cristiani praticanti, racchiude però un grande lavoro che da quasi due anni la Chiesa Universale sta vivendo.  “Sinodo” è una parola antica legata alla Tradizione della Chiesa. Composta dalla preposizione “con” (σύν), e dal sostantivo “via” (δός) indica il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio. (cfr. Vatican.va)

Ora, credo sia importante, indipendentemente dall’impegno e dal coinvolgimento, conoscere le cose che riguardano la vita della Chiesa, perché è nella Chiesa che camminiamo verso il Signore e non fuori da essa e proprio con questa prospettiva, i documenti e le varie consultazioni e riflessioni, ci portano oggi a leggere un brano di vangelo che tutti conosciamo ma che è bello riascoltare, quello di Luca al capitolo 10,38-42: “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta»”.

Vorrei con voi, come vi accennavo, fermarmi a riflettere su alcuni aspetti di questo brano che ci aiuteranno, se non a capire il tutto, almeno ad addentrarci nel cammino sinodale che anche la Chiesa Italiana e la nostra Chiesa particolare Ordinariato Militare e la nostra comunità parrocchiale, sta vivendo in comunione con tutta la Chiesa è quindi nostro dovere conoscere e capire, per vivere.

Non sto a spiegarvi i dettagli e per questo vi rimando alle varie notizie e ai vari documenti che trovate sul sito della nostra Diocesi Ordinariato Militare e che vi aiuteranno ad approfondire questo cammino che la Chiesa (preti e laici) sta compiendo dal 2021.

Ora, torniamo a noi, soffermandoci sul testo di Luca appena letto. La prima sottolineatura  che voglio evidenziare è il camminare insieme: “mentre erano in cammino” è l’espressione con cui San Luca inizia a raccontarci questo episodio, un camminare che non è vuoto o insignificante ma ha una meta: Gerusalemme, la Pasqua e durante questo cammino, una donna: “Marta” accoglie Gesù a in casa sua, lo ospita e in questo termine “lo accolse” come troviamo nel teso greco, usato sia qui per Marta che nel racconto di Zaccheo, e questo – permettete un ampliamento – ci aiuta a comprendere un elemento fondamentale del vangelo e del messaggio cristiano: che davanti a Dio siamo amati e chiamati nello stesso modo, uomini e donne. Questa uguaglianza, in un modo che rivendica diritti, forse potrebbe scorgere che la strada ci era stata già indicata da Gesù e per essere discepoli la disponibilità deve essere la stessa, cambiano i modi del servire ma non dell’ascoltare. Accogliere, quindi è un elemento fondante la sequela di Gesù.

Proseguendo la lettura, vediamo l’azione della sorella di Marta, “Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola” e questo ci riporta ad un altro teso, quello degli Atti degli Apostoli al capitolo 22, 3 dove si parla di Gamaliele, maestro di San Paolo: “formato alla scuola di Gamaliele”, il testo greco dice esattamente “stava ai piedi di Gamaliele”, altro atteggiamento del discepolo, che ricorre nella bibbia: “stare ai piedi”, “ascoltare”. Sono le azioni di chi vuole seguire. La figura di Marta, poi, ci suggerisce e ci sottolinea però anche un piccolo problema: “Marta invece era tutta presa dai molti servizi”, quindi distolta dalle cose e allora “fattasi avanti, disse: «Signore” e il teso greco usa “si fece sopra”, quasi con prepotenza, “non ti curi”. Marta non è ancora pronta ad essere discepola e i servizi, che pur utili, se non partono all’ascolto, allo stare ai piedi di Gesù, sono solo efficienza. Pertanto, Gesù risponde a Marta ricordando che affannarsi e agitarsi non serve e ci riporta, questo, con la mente, al capitolo 12 dal versetto 22 di luca «Perciò vi dico: non siate in ansia per la vita vostra”. Due atteggiamenti fondamentali quindi del discepolo: colui che ascolta e colui che serve e il servizio non deve togliere spazio all’ascolto.

Il Sinodo vorrebbe aiutarci ad ampliare proprio questa capacità di educarci ad ascoltare prima di servire, prima di agire. Del resto dovrebbe essere sempre così nella vita, ma il nostro mondo che parla, grida, si agita e non ascolta, non guarda, non si accorge, sembra non essere ancora pronto. Questo ci porta a riflettere su come annunciare e come testimoniare verso chi è distratto, lontano, preso dai molti servizi, per aiutarlo a sedersi ai piedi. Abbiamo tutti l’urgenza di imparare a coordinare l’ascolto con il servizio perché se non nasce da qui rimarrà solo una prestazione, per quanto buona e utile ma nulla a che vedere con l’essere discepoli di Gesù.

Ora, questa icona della Casa di Betania che con umiltà, sulla scorta di letture e meditazioni fatte e ascoltate, come vi ho accennato, ho voluto portarla alla vostra attenzione, per aiutarci insieme, in modo “sinodale” a comprendere il cammino che la Chiesa sta vivendo, un cammino che ha lo scopo di aiutarci a condividerlo nelle nostre comunità parrocchiali per giungere tutti insieme a recuperare la nostra autentica appartenenza a Cristo, il nostro vivere autentico da cristiani, il nostro essere consapevoli del Battesimo ricevuto e la nostra appartenenza impegnata nella vita della Chiesa attraverso la testimonianza con la vera capacità di ascolto e di sguardo a tutte le realtà del mondo, in tutte le sue direzioni, a questo nostro modo che è distratto “dai molti servizi” che possiamo chiamare in mille modi e che ha perso la capacità di fermarsi e di vistare, accogliere, ascoltare, di mettersi ai piedi e imparare.

Per giungere a questo, allora, credo che ci sia bisogna di aprire il cuore, allargare lo spazio della nostra mente, del nostro essere credenti. Le parole del Profeta Isaia al capito, 54, 2 ci aiutano “Allarga il luogo della tua tenda, si spieghino i teli della tua abitazione, senza risparmio; allunga i tuoi cordami, rafforza i tuoi picchetti!”. Creiamoci uno spazio che sappia accogliere tutti: quelli lontani, quelli scettici, quelli arrabbiati e delusi … cambiando atteggiamento, modo di vivere la comunità e questo vale sia per i sacerdoti che per ogni fedele, in comunione d’intenti, di pensiero e di azione, in dialogo con altre fedi e realtà. Per vivere questa dinamica, la strada è la vita spirituale e liturgica attraverso un celebrare insieme, ministro e fedeli, ognuno con il suo ruolo, capaci di lasciarci guidare e capaci di seguire.

Non lasciamoci sfuggire questa occasione di ascolto e di dialogo, di comprensione e di confronto, chiedi al tuo sacerdote, partecipa alla vita della tua comunità e uniti nella preghiera mettiamoci ai pedi di Gesù, senza lasciarci distrarre dai molti servizi, ma trovando nell’ascolto il cuore del servizio e delle nostre singole vocazioni.

@unavoce

 

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