Parola e Liturgia

 

“Considerando la Chiesa come «casa della Parola», si deve innanzitutto porre attenzione alla sacra liturgia. È questo infatti l’ambito privilegiato in cui Dio parla a noi nel presente della nostra vita, parla oggi al suo popolo, che ascolta e risponde. Ogni azione liturgica è per natura sua intrisa di sacra Scrittura. Come afferma la Costituzione Sacrosanctum Concilium, «nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema… La Chiesa, infatti, ha sempre mostrato la consapevolezza che nell’azione liturgica la Parola di Dio si accompagna all’intima azione dello Spirito Santo che la rende operante nel cuore dei fedeli”. (cfr. n. 52 dell’ Esortazione  Apostolica
postsinodale verbum domini del santo Padre Benedetto XVI)

 

Lo scorso primo gennaio ricorreva il settantacinquesimo dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1948), questo mi offre di riportare un passaggio del discorso introduttivo ai lavori della sessione invernale del Consiglio Episcopale permanente del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Card. Zuppi, che nell’affrontare le molteplici problematiche, attività e iniziative sottolinea l’impegno, nonostante questo momento storico per la Chiesa, dei sacerdoti che pur cercando di rinnovare il modo di essere presenti e metodi nuovi per l’evangelizzare non si deve dimenticare l’esempio di tanti confratelli di eri ma direi anche di oggi, che senza clamore e pubblicità hanno e continuano il cammino per costruire e custodire le singole comunità cristiane e le coscienze dei cittadini pur nel calo dei numeri e delle possibilità. 

Forse questo un tempo, dove la minoranza, almeno numerica sembra assordante, non significa però minoranza di ideali. Se una certa riservatezza o silenzio, che può sembra assenza dei valori cristiani, è forse solo rispetto e delicatezza nell’avvicinare le persone. Riflessione forse anche e nonostante il cammino sinodale che ci deve far riflettere non solo su strategie e modi nuovi di presenza e di annuncio, ma di riflessione di cosa e di come trasmettere il messaggio evangelico inserendolo nel sociale e nel tessuto di un mondo che sembra essere distratto e non interessato alle cose di Dio. 

Credo che valga la pena riportare al centro, come molti autorevoli personaggi, dal papa ai singoli vescovi, dai teologi a semplici studiosi laici e non ci ricordano, la Parola di Dio unico vero fondamento di tutto non solo per la vita di preghiera ma perché da questa vita di preghiera, personale e liturgica, prima attività da promuovere, nasce e cresce l’azione concreta della Chiesa nel sociale che sia di attenzione caritativa o culturale. Dobbiamo ripartire dalla bellezza della Parola di Dio calata nella liturgia e da questa fonte far scaturire la carità vera e l’azione sociale verso la coscienza di ogni persona.

Si moltiplicano iniziative e discorsi pastorali, proposte e intuizioni, ma credo che il patrimonio della tradizione bimillenaria della Chiesa ce lo ricordi in modo chiaro: liturgia vissuta e costruita alla luce della Parola di Dio così come è stata pensata da sempre. Una preghiera corale, bella che può assumere differenti forme come le norme liturgiche ci offrono. La stanchezza delle parole che pronunciamo e scriviamo talvolta offuscano il vero annuncio e dove la Parola di Dio non diventa vita vissuta e dal sapore sacro si perde e diventa occasione di limite per noi uomini di chiesa e per le nostre comunità che pian paino si assottigliamo. Recuperare l’antico per dare forza al presente ai giovani che vogliono risposte chiare e una libertà che poi sprecano, perdendosi nella conoscenza di cose vuote, penso sia la strada da percorrere. Quella giovinezza spirituale respirata negli anni del Concilio vaticano Ii potrebbe essere l’anima di una ripresa recuperando quei messaggi universali.

“La Chiesa e il popolo italiano. Quest’anno si compiono i settantacinque anni della Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1 gennaio del 1948, nata dal ripudio del fascismo e della guerra, ma anche dalla volontà di guardare insieme il futuro. Varie riforme sono possibili e in discussione, ma la principale resta viverne lo spirito e applicarla fino in fondo e in tutte le sue parti. Non è difficile vedere in essa il sentire comune profondo proprio della Dottrina Sociale della Chiesa. Il valore normativo della persona motiva l’architettura dei poteri. Desidero ricordare anche come si compie quest’anno, nel mese di agosto, il centenario dell’omicidio di don Giovanni Minzoni, arciprete di Argenta. Lo ricordiamo con rispetto e affetto, anche per dire che i sacerdoti sanno vivere e morire per il loro ministero. Lo abbiamo visto durante e dopo la seconda guerra mondiale, lo abbiamo vissuto di fronte alle minacce della mafia e della camorra. Scriveva don Minzoni: «A cuore aperto, con la preghiera che spero mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte, per il trionfo della causa di Cristo… La religione non ammette servilismi, ma il martirio». Così vivono e muoiono i preti. Questa memoria incoraggia noi preti italiani, che talvolta ci interroghiamo sul tanto lavoro e ci sentiamo quasi abbattuti: i nostri predecessori hanno resistito al male e hanno creato il bene in situazioni tanto difficili. Ci inseriamo in una lunga catena di servitori del Vangelo e del popolo italiano che si sono spesi con fedeltà e creatività sociale e pastorale. La memoria di un altro prete, in tutt’altra situazione storica, di cui ricorre il centenario della nascita, don Lorenzo Milani, in questo 2023 ci aiuta a guardare il futuro. Di don Milani, ha detto Francesco: «La sua era un’inquietudine spirituale alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come un “ospedale da campo” per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati», specialmente i giovani. La sua memoria ci aiuta ad avere rinnovata passione per i giovani”. (cfr. dal testo dell’Introduzione del Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, ai lavori della sessione invernale del Consiglio Episcopale Permanente, che si svolge a Roma dal 23 al 25 gennaio)

Nomi importanti sono stati ricordati e molti sconosciuti che rimango nella memoria di chi li ha vissuti ma molti nomi conosciuti anche di Cappellani Militari che per giungere a questa libertà hanno affiancato i nostri giovani nelle guerre mondiali sacrificando la loro vita e vivendo il loro ministero accompagnando il servizio di queste nostro popolo. Sacerdoti che non conosciamo il nome o solo quello ma che hanno scritto le pagine della storia Italiana e della Chiesa Italiana che in questo ricorrenza e nel contesto sociale ed ecclesiale che stiamo vivendo non vogliamo dimenticare.

Esempi di un sacerdozio ministeriale che è contestato o contrastato ma che ha lo scopo di “compagno di viaggio”, di una “chiesa da campo”, di “pastori che hanno l’odore delle pecore”, per parlare di Dio, per insegnare e ricordare a vivere una vita dignitosa. Forse la nuova evangelizzazione va ripensata in quelle periferie mentali delle nostre convinzioni e nel solco della tradizione che dagli Apostoli arriva a noi ce i offre lo stile di come servire il vangelo.

Conoscere e far conoscere per crescere come comunità cristiana. Ripartiamo dalla Bibbia, dallo spiegarla, dall’appassionare e trasformale la Parole di Dio in preghiera, in vita vissuta come sempre abbiamo fatto facendo tesoro della vita di santi sacerdoti, di un santo popolo di Dio e scorgere così il soffio leggero della presenza di Cristo ancora e sempre presente nella storia dell’umanità.

@unavoce

Foto di Copertina: Ambone Parrocchia dei Militari “Madonna di Loreto” – 15° Stormo