“stare davanti a Lui e servirlo”

 

“perché il Signore, tuo Dio, l’ha scelto fra tutte le tue tribù, affinché attenda al servizio del nome del Signore, lui e i suoi figli per sempre. Se un levita, abbandonando qualunque città dove dimora in Israele, verrà, seguendo pienamente il suo desiderio, al luogo che il Signore avrà scelto e farà il servizio nel nome del Signore, tuo Dio, come tutti i suoi fratelli leviti che stanno là davanti al Signore”. (Cfr. Deuteronomio 18,5-7)

 

Nelle giornate di lavoro e d’impegno pastorale non mancano mai e non dovrebbero mancare mai, per un sacerdote, il tempo dello studio e della riflessione che unite alla preghiera, prima attività, sono il centro che alimenta l’anima del sacerdozio e il suo servizio. Dalla preghiera e dallo studio inizia la riflessione e matura l’azione e la presenza.

Ora, alla luce di questo, nelle ultime letture fatte mi sono soffermato su alcune omelie di papa Benedetto XVI ai sacerdoti nel Giovedì Santo nella Messa Crismale, lettura che è stata la meditazione quotidiana dopo la liturgia delle ore in questo tempo e mi hanno suggerito di condividere con voi questi pensieri, affinché vivendo la vita della Chiesa, nelle vostre singole comunità, non dimentichiate mai nella preghiera soprattutto i vostri sacerdoti perché il loro servizio di ministri del Culto e della Parola sia il primo nutrimento che vi offrono per la vita di tutti i giorni. Affrontare le necessità quotidiane non devono far perdere di vista le parole che qui vi riporto e che animano la vita dei sacerdoti. Per noi sacerdoti una meditazione profonda, per la comunità, come dicevo, occasione per ricordarsi di loro in questa luce.

“A che cosa abbiamo detto “sì”? Che cosa è questo “essere sacerdote di Gesù Cristo”? Il Canone II del nostro Messale, che probabilmente fu redatto già alla fine del II secolo a Roma, descrive l’essenza del ministero sacerdotale con le parole con cui, nel Libro del Deuteronomio (18, 5. 7), veniva descritta l’essenza del sacerdozio veterotestamentario: astare coram te et tibi ministrare. Sono quindi due i compiti che definiscono l’essenza del ministero sacerdotale: in primo luogo lo “stare davanti al Signore”. Nel Libro del Deuteronomio ciò va letto nel contesto della disposizione precedente, secondo cui i sacerdoti non ricevevano alcuna porzione di terreno nella Terra Santa – essi vivevano di Dio e per Dio. Non attendevano ai soliti lavori necessari per il sostentamento della vita quotidiana. La loro professione era “stare davanti al Signore” – guardare a Lui, esserci per Lui”. (cfr. Benedetto XVI, omelia in San Pietro per il Giovedì Santo del 2008)

“seconda parola, che il Canone II riprende dal testo dell’Antico Testamento – “stare davanti a te e a te servire”. Il sacerdote deve essere una persona retta, vigilante, una persona che sta dritta. A tutto ciò si aggiunge poi il servire. Nel testo veterotestamentario questa parola ha un significato essenzialmente rituale: ai sacerdoti spettavano tutte le azioni di culto previste dalla Legge. Ma questo agire secondo il rito veniva poi classificato come servizio, come un incarico di servizio, e così si spiega in quale spirito quelle attività dovevano essere svolte. Con l’assunzione della  parola “servire” nel Canone, questo significato liturgico del termine viene in un certo modo adottato – conformemente alla novità del culto cristiano. Ciò che il sacerdote fa in quel momento, nella celebrazione dell’Eucaristia, è servire, compiere un servizio a Dio e un servizio agli uomini. Il culto che Cristo ha reso al Padre è stato il donarsi sino alla fine per gli uomini. In questo culto, in questo servizio il sacerdote deve inserirsi. Così la parola “servire” comporta molte dimensioni”.  (cfr. Benedetto XVI, omelia in San Pietro per il Giovedì Santo del 2008)

“L’Eucaristia come presenza della discesa e dell’ascesa di Cristo rimanda così sempre, al di là di se stessa, ai molteplici modi del servizio dell’amore del prossimo. Chiediamo al Signore, in questo giorno, il dono di poter dire in tal senso nuovamente il nostro «sì» alla sua chiamata: «Eccomi. Manda me, Signore» (Is 6,8)”. (cfr. Benedetto XVI, omelia in San Pietro per il Giovedì Santo del 2008)

L’Eucarestia è il centro della vita sacerdotale e il primo servizio alla comunità, portare Cristo nell’Eucarestia e nella Parola perché nutra l’anima di ogni fedele. Per questo noi sacerdoti ogni giorno dobbiamo riconfermare il nostro Si, e ricordarci le parole dell’Evangelista Giovanni, in quel testo che è definito: “La preghiera sacerdotale di Gesù, interpretazione dell’ordinazione sacerdotale” (cfr. o.c), che qui riporto, perché pur commettendo errori e non sempre avendo una vita conforme al vangelo – anche noi più di ogni altro siamo peccatori non scelti certo per meriti o pregi ma perché il Signore chiama e si risponde e poi è Lui a costruire  – ognuno di noi impari a lasciarsi usare con obbedienza dalla volontà del Signore che attraverso la Chiesa si fa presente. Vivere questa chiamata rinnovandosi e con il sostegno della comunità cristiana, riconfermando, rivedendo, confrontandosi ogni giorno per risollevarsi dalle cadute umane e riportare la nostra anima a essere presenza di Cristo Eucarestia e Parola è e deve essere l’impegno di sempre.

Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. (Giovanni 17,15 – 21)

Pregate per la Chiesa, per il papa, i vescovi e tutti i sacerdoti, perché tutti noi sappiamo sempre ascoltare con il cuore la Sua Parola e vivere la Sua Presenza Eucaristica come unica occasione di vera crescita spirituale e poter sempre celebrare per la Chiesa con l’umiltà e la devozione di essere sempre “in persona Christi”, nella persona di Cristo a servizio dei fratelli.

@unavoce

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