Liturgia della Parola
in Maria un segno privilegiato dell’amor di Dio
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva (Lc 1,46-48)
Lasciamoci affrancare nella fede, in questo piccolo “francobollo di spirituale”, con le parole di San Josemaría Escrivá: “Per capire il ruolo di Maria nella vita cristiana, per sentirci attratti verso di Lei, per cercare con affetto filiale la sua amorevole compagnia, non occorrono lunghe disquisizioni … La fede cattolica ha saputo riconoscere in Maria un segno privilegiato dell’amor di Dio: Dio ci chiama fin da ora suoi amici; la sua grazia opera in noi, ci rigenera dal peccato, ci dà la forza affinché, pur nella debolezza di chi è sempre polvere miserabile, possiamo riflettere in qualche modo il volto di Cristo. Non siamo dei naufraghi cui Dio ha promesso la salvezza: la salvezza opera già in noi. Di fronte a Dio non siamo come ciechi che aspirano alla luce e tuttavia gemono fra le angustie dell’oscurità: siamo figli che sanno di essere amati dal loro Padre. Maria stessa ci comunica questa sicurezza, questo calore, questa fiducia. Ecco perché il suo nome tocca diritto il cuore. Il rapporto di ciascuno di noi con la propria madre può servire come modello e guida per il nostro rapporto con Maria, la Signora dal dolce nome. Dobbiamo amare Dio con lo stesso cuore col quale amiamo i nostri genitori, i nostri fratelli, le altre persone della nostra famiglia, i nostri amici: abbiamo un cuore solo. Con questo solo cuore dobbiamo rivolgerci a Maria. Come si comporta un figlio con sua madre? In tanti modi diversi, ma sempre con affetto e fiducia. Con un affetto che si manifesterà di volta in volta secondo le occasioni tracciate dalla vita stessa. Lungi da ogni freddezza, si creano così tenere e intime consuetudini domestiche fatte di piccole attenzioni quotidiane che il figlio sente il bisogno di rivolgere alla madre e di cui la madre sente la mancanza se il figlio le dimentica: un bacio, una carezza uscendo o entrando in casa, un piccolo regalo, qualche parola intensa ed espressiva. Anche i nostri rapporti con la Madre del Cielo richiedono norme di pietà filiale che guidino il nostro comportamento verso di Lei. Molti cristiani adottano l’antica consuetudine dello scapolare, o usano salutare — non c’è bisogno di parole, basta un pensiero — le immagini di Maria che si trovano in ogni casa cristiana o che adornano le strade in tante città. Altri vivono quella preghiera meravigliosa che è il santo Rosario, nel quale l’anima non si stanca di ripetere le stesse cose, come non se ne stancano gli innamorati che si amano veramente, e in cui si impara a rivivere i momenti centrali della vita del Signore. Altri ancora si sono abituati a dedicare alla Madonna un giorno della settimana — proprio il giorno in cui siamo oggi riuniti, il sabato — come un’occasione per offrirle qualche piccola attenzione e per meditare più intensamente sulla sua maternità. Ci sono molte altre devozioni mariane che non è necessario ricordare in questo momento. Certamente non si tratta di praticarle tutte insieme — crescere nella vita soprannaturale è cosa ben diversa dal fare accumulo di devozioni —: devo però dire che non possiede la pienezza della fede chi non ne vive nessuna, chi non manifesta in qualche modo il suo amore a Maria. Coloro che considerano superate le devozioni alla Madonna, dimostrano di essersi lasciati sfuggire il profondo senso cristiano che esse racchiudono e di aver dimenticato la fonte da cui provengono: la fede nella volontà salvifica di Dio Padre, l’amore per Dio Figlio che si fece realmente uomo e nacque da una donna, la fiducia in Dio Spirito Santo che ci santifica con la sua grazia. E Dio che ci ha dato Maria e non abbiamo il diritto di rifiutarla, anzi, dobbiamo rivolgerci a Lei con amore e gioia di figli”. (cfr. J. Maria Escrivà, dall’Omelia pronunciata il 4 maggio 1957)