Per fare memoria

Oggi non si parla di morte e non lo si fa con i bambini e i giovani perché pensiamo che psicologicamente non vada bene, non lo si fa tra adulti perché sembra che così facendo diminuiamo la nostra serenità e felicità, non lo si fa con gli anziani perché troppo protesi alla fine del cammino, ma tutto questo non porta ad allungare la vita né a creare felicità ma solo a creare un tabu, vivendo una vita senza tenere presenta la sua caducità, quindi il rischio è di vivere apparentemente come se non dovessimo mai morire perché pensarci sarebbe un anticipo. Credo che sia un pensiero talmente distorto che non ci porta da nessuna parte e soprattutto non ci fa vivere in modo degno e sereno la vita. La consapevolezza che il nostro percorso ha avuto un inizio e avrà una fine ci potrebbe invece dare lo slancio a vivere bene e con impegno ogni giorno sapendo del grande dono che abbiamo e quanto dobbiamo essere felici di aggiungere giorni a giorni, ma in modo vero, autentico, bello, capace eliminando egoismi che non portano da nessuna parte. Questa non è vita e non sarà morte e non lo è per la nostra fede credendo nel mistero più grande, quello della Risurrezione. E anche per chi non crede nella vita eterna, non parlare e non fermarsi a riflettere sulla morte non da valore alla vita. La nostra religione ci pone difronte alla vita in modo pieno, in modo attento per migliorarla, per darle ogni possibilità ma senza perdere di vista la fede in Cristo. 

Una mentalità questa che se non tiene a mente la morte si chiuderà sempre di più verso se tessa al punto di non accorgersi degli altri. Forse dobbiamo rivedere questo rapporto con la vita e il suo cammino, con la morte e il suo fine ultimo per essere persone vere. Non parlare di una realtà non la cambia e non la toglie ne elimina l’ansia o l’angoscia, ma parlandone con serenità ci darà invece la possibilità di vivere appieno la nostra vita facendo di tutto per migliorarla ma con i piedi per terra. 

Alla luce di queste premesse, proprio andando controcorrente nel pensiero odierno ricordo a me e a voi, una delle pratiche più diffuse della nostra devozione e della nostra preghiera: quella di fare memoria, di ricordare, di celebrare, di pregare per i nostri defunti. Nelle Parrocchie quasi ogni S. Messa ha un’intenzione per qualche fratello o sorella defunta e oggi voglio intrattenermi con voi sul significato di questo nostro fare memoria, di questa nostro pregare, certo che una maggiore consapevolezza di attenzione e rispetto di chi ci ha preceduto ci offrirà la possibilità di avere una vita piena e da protagonisti. 

Giuda poi radunò l’esercito e venne alla città di Odollàm; poiché stava per iniziare il settimo giorno, si purificarono secondo l’uso e vi passarono il sabato. Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri dei caduti per deporli con i loro parenti nei sepolcri dei loro padri. Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iàmnia, che la legge proibisce ai Giudei. Così fu a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. Perciò tutti, benedicendo Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, si misero a pregare, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto a causa del peccato di quelli che erano caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato”. (2 Maccabei 12,45)

Un testo questo, che vi ho riportato in apertura, per parlare del culto dei defunti, ora qualche notizia storica per comprendere il senso cristiano di questo nostro fare memoria di chi ci ha preceduto in Paradiso. 

“Nell’Antico Testamento si parla della preghiera offrendo sacrifici per i defunti perché “siano assolti dai loro peccati”; questo a proposito di soldati morti in battaglia tra le cui vesti erano stai trovati oggetti rubati. (2 Maccabei 12,45). La Chiesa però fin dagli inizi ha sempre favorito la preghiera in suffragio dei defunti come espressione di un legame d’affetto nella fede che ci lega a quanti sono morti. Sant’Agostino nelle Confessioni, la sua autobiografia, riferisce questo episodio: sua madre, Santa Monica, prima di morire, gli aveva raccomandato: “Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore” (Confessioni 9,11, 27). Era il 27 agosto 387, quindi nel primo periodo dell’era cristiana. Se Dio è amore e con Lui c’è un legame d’amore, una volta morti, la nostra anima è avvolta nella luce della vita eterna e noi per primi vorremo essere purificati se è necessario. Un po’ come un innamorato che si vuole presentare alla persona amata (in questo caso: Dio) pulito e ben vestito.  Uscendo dall’esempio: ogni anima  prima  di essere per sempre con Dio  vedendosi –  come attraverso un purissimo cristallo – nella sua luce splendente e sorgente di ogni pace, essa stessa sente il bisogno di essere purificata da quello che i suoi peccati, hanno per così dire fatto incrostare nello spirito e lo hanno opacizzato, passatemi il termine. Questa “pulizia” può essere però anticipata in vita con le preghiere, le opere di misericordia corporale e spirituale, l’affrontare con pazienza e rassegnazione le sofferenze e contrattempi della vita, con la Confessione e la Comunione sacramentale. Con la morte i giochi sono fatti. Però chi è vivo può aiutare (= suffragare) i defunti in eventuale purificazione nell’aldilà in quella dimensione che la tradizione cattolica chiama “Purgatorio”. Come? Destinando ad essi quello che si può fare per se stessi quando si è in vita. L’azione più grande ed efficace però è la Messa nella quale Gesù unico mediatore intercede presso il Padre celeste per i viventi e i defunti. Egli che ha affrontato e vinto la morte ed è il Vivente. Egli ha preso su di sé tutti i peccati, di tutti gli uomini, viventi o defunti che siano. Ogni Messa è sempre il rinnovarsi della Pasqua di Morte e Resurrezione di Gesù Cristo. In Lui, spiritualmente, ci mettiamo in relazione con i nostri cari viventi o defunti. L’offerta che si da per la Messa è, infine, un modo per esprimere la propria gratitudine e compiere un atto di carità cristiana destinando dei soldi per aiutare il sacerdote, per le opere della Parrocchia, per i poveri, sempre per il bene delle persone defunte: “non fiori ma opere di bene” si dice popolarmente”. (cfr. sacrafamiglia)

Ora vi lascio questo testo: l’Epitaffio di Merrit Malloy, una cantante statunitense che in queste parole poetiche si scorge la fede semplice e laica che ci parla però di Dio e del Suo amore. 

Quando morirò, vorrei che donassi ciò che resta di me ai bambini… e ai vecchi che attendono la fine. E se non tratterrai le lacrime, piangi per i fratelli e le sorelle che camminano al tuo fianco. E quando avrai bisogno di me, va’ e abbraccia chi ti è vicino. E dà a loro ciò che avevi bisogno di dare a me. Voglio lasciarti qualcosa, ma qualcosa che sia meglio delle parole o di un suono. Cercami, nelle persone che ho conosciuto o amato, e se non riesci a lasciarmi andare, fammi vivere nei tuoi occhi e non solo nei tuoi pensieri. Così mi amerai: concedendo alle mani di sfiorare altre mani, concedendo ai corpi di sfiorare altri corpi, e lasciando andare i bambini, che anelano alla libertà. Le persone muoiono, l’amore no. Quando di me non resterà altro che amore, lasciami andare …”. (cfr. merritmalloy

Un ricordo fatto di preghiera per tutti i nostri parenti, amici, conoscenti e i nostri caduti immersi nella beatitudine del Signore, affinché conceda loro il riposo eterno, il perdono e la pace. Una luce, un cero, una preghiera, un fiore sono il nostro abbraccio per chi non è più tra noi ed è nelle braccia del Padre, così li vogliamo ricordare, onorare, ringraziare per quello che in vita ci hanno dato e sulla loro memoria fare le nostre scelte e vivere il tempo che abbiamo come un grande dono da vivere ogni giorno con gioia e con rinnovato impegno.

@unavoce

 

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