alla Comunione

 

Il più delle volte pensiamo che la preghiera fatta, come ci ricorda il vangelo: “se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro», (Mt. 18,19) sia chiedere per ottenere quello che decidiamo noi, forse ci sfugge il senso di questa indicazione, il “due di voi” che si mettono insieme a pregare ha una condizione “sine qua non” la comunione, lo stesso intento, l’amore e se mancano queste la nostra preghiera rischia di essere vuota ed egoista.

Quando insieme ci ritroviamo a pregare l’invito del sacerdote è quello di offrire spunti per creare questa comunione e unire gli intenti per rinnovarci nell’amore, nella stima, nella comunione. Nel Battesimo siamo diventati fratelli e in questa luce che le parole del Vangelo che abbiamo ascoltato domenica scorsa vanno lette, una correzione al fratello che parte dall’amore, quindi con verità e carità: gli parlo e poi nella comunità gli faccio notare con amore e rispetto gli eventuali limiti e “se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano”, (Mt 18,17) dice il vangelo e ciò significa, che “lo amerai come si amano i pubblicani e i farisei cioè lo amerai per quello che è”, così com’è, sarà il Signore che sulla sua strada porrà situazioni per farlo riflettere e se sarà capace di riconoscerlo allora si ravvedrà. A noi il compito di accoglierlo senza pregiudizio pur non condividendo l’errore, ma accoglierlo se si sentirà accolto non sarà un rimprovero ma sarà sulla strada del rinnovamento.

La qualità della correzione quindi sta nell’amare, questo è il senso del nostro Battesimo, della nostra fede. La verità va sempre portata alla luce altrimenti ci faremo complici del male ed è fondamentale in questo esercizio amarci in modo vicendevole e gratuito, questa è la strada sulla quale dobbiamo continuamente crescere. Nessuno è maestro se non Dio solo, nessuno è più bravo dell’altro, nessuno è migliore dell’altro, nella comunità dobbiamo camminare insieme con lo stesso spirito, con lo stesso entusiasmo, abbiamo ruoli e caratteri, impegni e dedizioni, differenti ma tutti uniti verso lo stesso obiettivo.

Ci offre l’opportunità, questo testo di Matteo (18, 15-20) del Vangelo della XXIII Tempo Ordinario della scorsa settimana, di rivedere i nostri atteggiamenti, i nostri modi e come ci poniamo e viviamo nella nostra comunità.

Noi siamo una piccola comunità cristiana e i numeri non dicono nulla, tanti o pochi poca importa, ma è la fede che dobbiamo mettere in gioco, è l’impegno a vivere la comunione fraterna tra di noi. Su questo argomento dobbiamo ancora molto lavorare e pregare perché il nostro stare insieme, come comunità cristiana, sia capace di allargare le braccia, di accogliere, di amare e di avere gli stessi intenti e sentimenti. Impariamo a dirci le cose con verità e davanti, senza chiacchiericcio, come ci ha ricordato il Santo Padre domenica all’Angelus: Questo non è giusto e non piace a Dio. Non mi stanco di ripetere che il chiacchiericcio è una peste per la vita delle persone e delle comunità, perché porta divisione, sofferenza e scandalo, e mai aiuta a migliorare e a crescere”. 

Dirci le cose davanti, con amore e carità, con onesta è verità, senza sentirsi migliori o superiori. Ognuno di noi è responsabile del fratello e ha il compito di crescere lui e noi e insieme, quindi ognuno di noi è deputato a fare chiarezza nella verità e con carità sempre come in famiglia, senza mugugni e offese, permalosità o invidie. Pregare insieme e condividere un cammino hanno questo scopo. Usciamo dalle nostre individualità e condividiamo tutti e in tutto il Vangelo. Preghiamo gli uni per gli altri, portiamo in evidenza il bello e i valori che ognuno di noi ha, partiamo dalle cose in comune e comuni per poi fare un confronto vero per crescere insieme. Questa è la vocazione cristiana, una chiamata non al perfezionismo ma alla comunione che ci porterà verso la perfezione della vita cristiana. 

@unavoce

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