La gentilezza d’animo

«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20) 

«Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (Papa Francesco, Fratelli tutti, n.224).

 

Sempre più sento da differenti parti una lamentela sull’educazione, i giovani soprattutto, ma io direi anche i grandi perché i giovani imparano da noi e a noi è affidato il compito di educare, dunque dicevo da più parti sento lamentele sulla mancanza di educazione di garbo di gentilezza di modi educati e consoni ai vari ambienti che frequentiamo. Una volta s’insegnava la gentilezza d’animo e non tanto con le teorie ma con l’esempio, i nostri nonni incarnavano in modo quasi plastico questo aspetto era il loro ruolo accanto ai nostri genitori ma ovviamente anche in casa si respirava educazione, forse troppo rigida oggi qualcuno oserebbe dire, be ne vediamo i risultati oggi, la dove mancano regole ed esempio. 

Che cos’è la gentilezza d’animo? “La parola gentilezza la intendo anche come la capacità di rapportarsi alle altre persone, anche sconosciute, in modo educato e rispettoso. Oppure potrebbe essere interpretata come un modo per contribuire all’umore di chi ci circonda, riducendo i litigi”. (cfr. icdefilippovillanova)

La mancanza di questo elemento non è solo la cortesia ma un insieme di parole e gesti gentili nobili eleganti educati amabili rispettose verso se stessi e verso gli altri, questo atteggiamento oggi dimenticato da molti grandi e piccoli non ci aiuterà ad avere un mondo migliore, a contrastare quel degrado che tutti percepiamo perché talmente concentrati sull’economia e il benessere che abbiamo perso non solo il gusto ma lo stile della persona per bene e non costando nulla perché s’imparano in famiglia, quindi cari genitori ritornate ad educare con l’esempio e le parole gentili ma con un po’ di seria severità e richiami facendo comprendere, dialogando e la dove le parole non servono date il buon esempio e fate comprendere attraverso rimendi normali ed educati la fatica e il rispetto degli altri con determinazione. Voi genitori non siete gli amici dei vostri figli, siete i genitori, questo non dovete mai dimenticarlo e imparate e farli faticare per guadagnare il successo, solo così si realizzeranno veramente. 

Ora per tornare a noi adulti sarà importante allora prima di colpevolizzare i giovani, però, farci un serio esame di coscienza e riprendere in mano questo ruolo partendo prima da noi stessi. Impariamo tra di noi ad essere gentili, ad essere educati, corretti, meno polemiche, più produttivi rispettano le regole, affrontando discussioni e confronti con calma, pacatezza, voce bassa, eleganza in ogni cosa che facciamo un eleganza che l’unica firma che ha e avrà sarò la tua educazione. Ci ricorda la psicologia che. “Nel cervello, gli atti di gentilezza rilasciano potenti sostanze chimiche come ossitocina, serotonina e dopamina, elevando il nostro umore, aumentando gli stimoli di ricompensa e riducendo lo stress. La compassione evoca una minore frequenza cardiaca e riduce lo stress coronarico”. (cfr. rotary)

Ognuno ha il suo carattere ma dire “io sono fatto così” non scusa alla mancanza di educazione, quindi scendi dal piedistallo del tuo egoismo e invece di metterti al centro metti al centro gli altri: tua moglie, tuo marito, la persona che ami, gli amici, la tua serietà professionale …. e allora vedrai che anche i giovani i tuoi figli saranno persone grandi, migliori e vivranno in un modo più bello, più corretto verso se stessi e verso gli altri. Questa è la gentilezza d’animo la bontà che non è essere sciocchi o superficiali tutt’altro sarà invece essere capaci di accorgersi di comprendere e di rispettare togliendo dal tuo vocabolario personale la parola “io” sostituendola con “lui, lei e loro” e anche la tua vita allora sarà migliore. Tra l’avere ragione e l’esser gentile scegli sempre di essere gentile e vedrai che la ragione se ce l’hai arriverà da se.

Impariamo da Gesù, l’uomo gentile che sa ascoltare e accogliere tutti e a tutti chiede cosa posso fare con te, dal malato al disperato, dal bambino, all’indemoniato, all’anziano all’escluso, una gentilezza che è anche serietà nel richiamo e nella correzione. Questo è lo stile che tutti dobbiamo imparare. Essere gentili non è segno di debolezza ma di coraggio e vedrai che gentilezza e coraggio stravolgeranno questo nostra distratta vita e la cambieremo in un abitare il tempo la storia e le persone con maggiore capacità di costruire grandi spazi e tempi per vivere in pace e in armonia, fai silenzio nel tuo cuore e ascolta il vento leggero, è li che bussa il Signore: al tuo cuore. 

Vorrei chiudere questi pensieri citandovi il discorso alla luna di San Giovanni XXIII, papa le sue parole ancora danno e infondono gentilezza e amore.

Era la sera dell’11 ottobre 1962, al termine della fiaccolata che conclude la giornata di apertura del Concilio ecumenico Vaticano II: “Cari Figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce ,sola, ma riassunte la voce del mondo intero: qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di nostro Signore… Ma tutti insieme, paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto tutto … Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza. E poi, tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino”. (cfr. vatican.va)

@unavoce

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