Comunità in cammino

La Chiesa Universale sta celebrando il Sinodo che inevitabilmente ci parla e ci ricorda la dimensione comunitaria, essendo questo il suo significato. Prediamo allora spunto da questo momento di vita di Chiesa per riflettere sulla comunione e la corresponsabilità anche nella nostra comunità Parrocchiale. La difficoltà di partecipare alla vita della Chiesa è un dato ormai assodato, sembra sempre troppo e sembra sempre che abbiamo di più e di meglio da fare con mille giustificazioni lecite ma talvolta sappiamo, dentro il nostro cuore, essere scuse per estraniarsi e per fare solo quello che ci piace o che riteniamo più importante o irrimandabile, se non addirittura un giudizio.

Analizzando le nostre scelte sicuramente quello che ci piace è al primo posto e poi quello che riteniamo giusto o più utile al secondo, ma sta di fatto che la partecipazione alla vita comunitaria della Parrocchia subisce sempre qualche scarto. C’è una componente ovviamente che non possiamo sottovalutare che caratterizza la nostra comunità e che è la provenienza delle persone, che per motivi di lavoro non appartengono a questa terra ma a regioni lontane dove ancora ci sono parenti e famiglie delle proprie origini che richiedono la presenza e sentono la mancanza, pertanto durante l’anno più volte ci assentiamo per raggiungere e condividere la dimensione famigliare. Questo però talvolta diventano una scusa o una opportunità per limitarci nell’impegno concreto. La comunità si fa con la presenza e non solo con le parole e per quanto questo sito è stato pensato e abbia l’ambizione di mantenere un legame nella comunità che altrimenti si disperde sul territorio, non sostituisce la presenza e l’impegno che ognuno di noi deve metterci nel partecipare alle poche attività che la parrocchia propone.

Partecipare e condividere è e deve essere lo stile della comunità, facendo uno sforzo per ritagliare quei pochi spazi che sono chiesti per pregare o condividere momenti insieme. La fede ovviamente è un dono e un “fatto” personale ma la partecipazione all’Eucarestia è fondamentale e non si può non partecipare alla S. Messa perché devo fare altro, ci si organizza affinché la S. Messa domenicale non sia mai disertata a costo di alzarci presto per la prima celebrazione o alla fine della giornata oppure alla prefestiva che nasce proprio per dare spazio e opportunità per non perdere questo momento.

Dobbiamo recuperare il senso dell’appartenenza, dell’impegno, del dovere. Non vale la scusa anche legittima di altri impegni per quanto importanti e indispensabili siano, non vale nessuna scusa, alla S. Messa domenicale non si può mancare e se non si può andare in Parrocchia si va in un’altra Chiesa ma “perdere” la S. Messa, non partecipare e condividere questo momento è segno di una fede provvisoria, fittizia, legata al sentimento, all’emozione e non è una fede salda.

L’Amare è per sempre, questo è il problema, che “il per sempre” non lo sentiamo più come un dovere e un impegno, ma solo emerge un grande egoismo. Facciamo solo quello che ci piace e ci fa star bene e quindi impegno, sacrificio, dovere sono eliminati non solo del vecchio vocabolario della nostro vita, ma anche di quello delle azioni quotidiane del nostro vivere. Si lavora solo perché c’è uno stipendio non per la passione di un lavoro, altrimenti neppure un lavoro faremmo ma ozieremmo a casa senza fra nulla. Dobbiamo recuperare il senso del dovere, dell’impegno, del sacrificio e ad ogni costo non mancare gli appuntamenti che la comunità cristiana offre. Se vogliamo una cosa riusciamo sempre a farla e ad ottenerla, allora credo che dobbiamo rivedere la nostra fede e la nostra appartenenza alla vita della Chiesa in modo serio. Non troviamo scuse a noi stessi ne lamentele ma ricordiamoci che amare Dio e testimoniarlo, vivere la carità e l’amore si ottengono solo alimentando questo terreno, sapendo come il contadino, che con pazienza e cura porterà frutto, il problema semmai è se noi è questo quello che vogliamo?

Quindi all’inizio di un nuovo cammino pastorale ci dobbiamo interrogare sulle scelte di fondo, sulle priorità e organizzate le giornate e gli impegni senza escludere nella scaletta delle cose da fare la preghiera, la S. Messa, la partecipazione alle attività comunitarie. Domandiamoci: “che significa aver fede e credere”? Significa vivere come il Signore ci ha insegnato e per fare questo non possiamo declinare l’incontro personale con Lui nella Sua Parola e nell’Eucarestia che ci ha lasciato, perché “fate questo in memoria di me” è l’eredità e l’impegno della Chiesa.

Cari lettori, se ci pensiamo bene tutti i giorni ci sarebbe qualche cosa che ci impedirebbe di partecipare, pertanto l’incito è ad uscire dai nostri schemi, dalle nostre certezze, dalle nostre comodità rivedendo i nostri impegni e chiedendoci onestamente: “Dio a che posto sei delle cose che faccio?”. L’amicizia con Lui non è e non può essere altalenante o siamo con Lui o siamo contro, perché sappiamo dal vangelo che la tiepidezza lo fa vomitare.

L’impegno allora è per tutti a recuperare il fuoco della fede per non essere tiepidi ma per crescere impegnandoci concretamente e in modo partecipativo perché la Celebrazione Eucaristiche, feriale o festiva e i vari momenti di preghiera o formazione, diventino motivo di crescita con la gioia d’incontrarci. Questa la mia preghiera con le parole del Salmo 26,4: Signore fa che ognuno di noi desideri di stare attorno al Tuo Altare: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario”.

@navoce

Foto di Copertina: Chiesa Parrocchiale “Madonna di Loreto” – 15° Stormo