vera o semplice conoscenza?
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». (Giovanni 15,12-17)
Talvolta l’amicizia è una cosa complicata. Tutti desideriamo avere amici e ce ne abbiamo, chi più chi meno di differenti livelli. Amicizie che sono alla fine conoscenze, amicizie che invece sono complicità e condivisione, amicizie con cui e per cui confidarsi e altre solo di compagnia, ma tutti necessitiamo di amicizie che colmino e riempiano la nostra vita e che vadano al di là del ménage famigliare, amicizie oneste e belle dove condividere momenti di gioia e portare i pesi gli uni degli altri, amicizie che sono collaborazione e aiuto reciproco e dono continuo di noi stessi, ma in questo rapporto nascono anche gelosie e permalosità, forse per una maggiore richiesta di attenzione o forse come sfogo di malesseri e tensioni che portiamo nel cuore e che non riusciamo a condividere, altre volte perché necessitiamo di isolarci per riflettere per non pesare, per non dare disturbo, ma sappiamo che ognuno di noi pur avendo i propri impegni e responsabilità abbiamo bisogno di amicizia vera, pura, pulita, libera dove poter confidare qualche cosa di noi stessi sapendo che per tutti c’è comunque una sfera di privato che non verrà condiviso con nessuno e rimarrà nel cuore. Amicizia è questo cammino continuo di alti e bassi anche volendosi bene e stimandosi gli uni gli altri talvolta, alcune per preoccupazioni e tensioni, rimangono dentro e pur notando nell’altra persona un disagio non riusciamo a far breccia per ristabilire incomprensioni o malesseri.
Oggi voglio affrontare questo tema, che spesso diamo per scontato o che viviamo superficialmente, solo per richiamare l’attenzione sui nostri rapporti, non ha l’intento né di uno studio religioso né psicologico, ma solo uno spunto per riflettere. Amico è colui che può parlare con serenità all’altro senza compromettere la stima e l’affetto, senza arrivare ad un allontanamento quando ci diciamo qualche cosa che non va o che potrebbe essere un nostro limite, un difetto o una osservazione. L’amico è colui che ci sta vicino anche senza dire nulla o parlando molto o valutando le situazioni, l’amico è colui che sai che ci sarà indipendentemente dalla vicinanza o dalla lontananza. Con alcuni condividiamo molte cose: vita di lavoro, di divertimento, di festa o di disagio, con altri ci si sente a distanza ma in ogni caso si sa che c’è, che ci si può confidare e parlare, che posso contare su di lui/lei.
Ora credo che ognuno di noi debba avere degli amici, debba costruire relazioni che pur cambiando nel tempo per differenti motivi rimangono fissi nel cuore. Con l’amico puoi discutere e litigare ma alla fine si è presenti perché non cambiano i sentimenti, con l’amico puoi anche alzare il tono ma sai che poi ci si rimettere in cammino insieme. Alcuni mi dicono che alcune amicizie sono finite, io onestamente nella mia non più breve vita le amicizie che sono finite sono quelle che in realtà non sono mai esistite, ma erano solo un fuoco di paglia, le vere amicizie rimangono nel tempo e al di là del tempo, dei fatti e della vicinanza o meno, perché rimane l’amore e la stima reciproca. Quindi comprendiamo che si sono livelli diversi di amicizia, di rapporto da quello di condivisione di una condizione di vita a quello dell’incontro per motivi differenti sino a quell’amicizia che chiamo “spirituale”, dove non tanto la diversità o la vicinanza di età crea il legame ma il desiderio di crescere e impararsi gli uni per agli altri.
“L’amicizia è al cuore di ogni vera relazione. Il banco di prova dell’amicizia è la disponibilità a perdere qualcosa, a dare senza contraccambio, semplicemente perché si è conosciuto e stimato il valore della persona di cui si è amici. Si tratta di un abbassarsi per innalzare l’altro. Inoltre la vera amicizia è inclusiva e non teme di condividere il tesoro della relazione e dell’amore. Gesù mostra il suo amore per noi nella forma dell’amicizia perché dà la propria vita per noi. Egli in tal modo si è abbassato fino a noi, perché noi possiamo essere innalzati fino a lui.
Se questo è vero, allora Gesù non è stato affatto geloso del tesoro di amore, conoscenza e bellezza che egli condivide con il Padre suo. Non vi è infatti nulla di ciò che il Figlio ha udito dal Padre, che egli non abbia fatto conoscere a noi suoi amici. In questo senso la sua amicizia è vera e totalmente inclusiva, perché mira a inserire gli amici nel circuito d’amore del Padre e del Figlio e a generare in loro la potenza trasformante dell’amore che dà la vita. Il discepolo di Gesù non dovrebbe avere nemici, perché ogni nemico può essere trasformato in amico dall’offerta d’amore che procede dal Padre e dal Figlio.
Quanto siamo distanti da questo comando di Gesù: quante divisioni tra noi, anche dentro la comunità cristiana, causano crepe a volte difficili da colmare! Quanti volte la comunità cristiana ha considerato e trattato da nemici, coloro che l’hanno fatto soffrire o hanno manifestato opinioni contrarie al suo pensiero! Non si doveva forse condannare il peccato e salvare il peccatore, mostrandogli l’amicizia di Gesù? Infine pensiamo anche a quanto la logica del nemico penetra dentro al cuore degli uomini, a danno delle istituzioni che rappresentano il bene di tutti e di ciascuno. Solo l’amicizia, così come Gesù la rivela, può essere il fondamento di una nuova civiltà”. (cfr. pregaaudio)
C’è un bellissimo testo sull’amicizia, un testo antico che vi consiglio di leggere: “L’amicizia spirituale” di Aelredo di Rievaulx, un monaco inglese vissuto all’inizio dell’anno 1000. Nell’introduzione di questo suo scritto così si legge: “Quando, ancora ragazzo, frequentavo la scuola, mi dava moltissima gioia la compagnia dei miei coetanei, così, tra le abitudini e le debolezze che solitamente rendono problematica quell’età, mi diedi con tutto me stesso all’affetto e mi consacrai all’amore: niente mi sembrava tanto dolce, tanto gioioso, tanto appagante quanto essere amato e amare. Il mio animo si trovò così a fluttuare fra tanti affetti e amicizie, come fosse trascinato in più direzioni: non sapevo cosa fosse la vera amicizia, e spesso mi lasciavo ingannare da ciò che ne era solo l’apparenza. Finalmente mi capitò un giorno tra le mani il libro di Cicerone sull’amicizia, e subito mi sembrò utile per la profondità delle idee, e gradevole per la dolcezza dello stile. Benché non mi sentissi ancora maturo per l’ideale che proponeva, ero felice di aver trovato un certo modello di amicizia che mi permetteva di porre un certo ordine fra i miei sentimenti così dispersivi. Quando piacque al mio buon Signore rettificare le mie deviazioni, rialzarmi da terra, purificarmi con il suo tocco salutare dai miei errori, lasciai i progetti di carriera mondana ed entrai in monastero. Mi buttai subito nella lettura dei libri sacri: prima infatti i miei occhi infiammati e assuefatti al buio delle cose del mondo non riuscivano neanche a sfiorarne la superficie. Così, mentre il gusto delle sacre Scritture diventava sempre più dolce, e al loro confronto quel poco di scienza che mi era venuto dal mondo andava perdendo valore, mi tornarono alla mente le cose che avevo letto nell’opuscolo sull’amicizia di Cicerone, e mi stupii che non avessero più lo stesso sapore di prima. In effetti, a quel punto della mia vita, se una cosa non mi dava lo stesso gusto di quel miele che è l’amicizia di Cristo, se non era condita con il sale della Scrittura, non riusciva a coinvolgere interamente il mio sentimento”. (cfr. monasterovirtuale)
Perché citarvi questo testo medioevale nel nostro vivere quotidiano? Non parlo a dei religiosi o dei seminaristi o preti, ma alla mia comunità che vive realtà differenti dalla vita di un monaco, quindi perché? Ve l’ho citato e vi invito a leggerlo, perché sono più che convinto che se nei nostri rapporti di amicizia dimentichiamo Cristo allora, prima o poi, finiranno o rimarranno in piedi solo per interesse, ma la vera amicizia è quella che ci ha insegnato il Signore: un amico disposto a sacrificare la vita per l’altro e abbiamo differenti esempi anche nella vita di tanti Santi.
Ognuno di noi deve allora rivedere il suo stile, di come è e di come deve essere amico, sapendo mettere al primo posto l’altra persona, dimenticando egoismi e rivendicazioni, permalosità o parole severe, ma con dolcezza aiutarci a camminare, parlandosi chiaramente, sempre con rispetto, stima e amore ma nella verità perché se verranno a mancare queste caratteristiche allora non riusciremo a coltivare vere amicizie ma solo conoscenze.
@unavoce
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