Memoria e gratitudine

 

Il Mese di novembre è caratterizzato dal ricordo dei defunti e in tutte le realtà, religiose e laiche, sociali e istituzionali, ci sono menti di celebrazione per ricordare i defunti e i caduti. Moneti di ricordo e memoria, occasioni per sottolineare la vita e il sacrificio sino all’effusione del sangue come beni preziosi e come occasione di gratitudine. Un fare memoria a livello personale, famigliare e comunitario.

Ricordare chi ha già terminato il pellegrinaggio della propria vita e ringraziare chi l’ha donata perché potessimo vivere in una terra di libertà e di pace è il senso della nostra preghiera e proprio in questi tempi dove il bene prezioso della pace è messo a dura prova celebrare il ricordo di chi è partito per il paradiso perché ha dato la vita nell’adempimento del proprio dovere ci offre l’opportunità non solo di non dimenticare e di fare memoria ma di imparare dall’esperienza di chi ci ha preceduto di come vivere la vita di come porsi nella società di come costruire, cercare e lavorare per la pace.

Vi ripropongo, come occasione di meditazione, l’omelia alla S. Messa per i Caduti presso il Cimitero Verano, del nostro pastore l’Ordinario Militare per l’Italia l’Arcivescovo Santo Marcianò che nelle sue parole ci indica una riflessione che è invito a uno stile di vita e a una comprensione sempre maggiore del servizio che i nostri militari vivono e svolgono con la loro professione, con il loro servizio.

“Molti militari che ricordiamo sono caduti nell’espletare il proprio dovere, particolarmente in guerra. E la guerra, negli ultimi anni e in questi giorni, sta occupando sempre più spazio nella geografia e nella storia; e, forse, anche nelle menti e nei cuori, traendoli via dall’indifferenza. Come non lasciarsi inquietare da scene di bambini trucidati e decapitati, famiglie rastrellate nelle proprie case, violenze indicibili, bombardamenti, attacchi con carri armati… scene di guerra che speravamo dimenticate? Sentiamo profondo dolore per le vittime – quante vittime! – e preoccupazione per la situazione e per i nostri militari più vicini ai luoghi di conflitto: Libano, Kuwait, Iraq… In questo clima di morte, parlare di beatitudine, ovvero di felicità – come abbiamo ascoltato dal Vangelo (Mt 5,1-12a) – può sembrare difficile, teorico, assurdo. Soprattutto quella beatitudine che tocca particolarmente il cuore, in questo tempo, in questo luogo, nella comunità della nostra Chiesa Ordinariato Militare: «Beati gli operatori di pace»! Ma è proprio la logica delle beatitudini che si cala nella concretezza del mondo e la può rinnovare; esse non sono frutto di una visione utopica ma una condizione reale, che parte dall’interno di una situazione negativa e la trasforma. La beatitudine degli operatori di pace sembra riassumerle tutte. L’espressione traduce un termine greco (erinopoiésis) che indica il “fare” la pace, quasi plasmarla. La pace la fa anzitutto il pacifico, ovvero colui che cerca di viverla in prima persona, nelle sue relazioni; il Vangelo, però, si riferisce a coloro che “operano” per la pace, in particolare cercando di mediare tra persone e situazioni di conflitto. Cercare vie di pace: ecco la missione dei militari, ecco ciò di cui oggi abbiamo bisogno, perché la beatitudine sia realtà che impregna di bene e di gioia l’umanità!” CONTINUA

Un mese che si è aperto con la Solennità di tutti i Santi e che ci accompagna a celebrare per tutti i fratelli e sorelle defunti e in più occasioni e in differenti luoghi, anche nella nostra zona Pastorale, diversi moneti di ricordo e memoria presso tutti i reparti, i cimiteri militari, sono occasione per le nostre comunità per fermarsi in preghiera e riflessione facendo memoria dei colleghi caduti e di tutti gli amici e famigliari defunti. Un mese che per la comunità Nazionale e Militare diventa anche festa dell’Unità di un Popolo e delle Forze Armate a servizio della società, una festa che celebra una storia relativamente recente per non dimenticare il sacrificio di tanti e l’impegno di tutti a ricercare e lavorare per la pace e la serenità.

“Agli operatori di pace è necessaria la speranza di credere che la storia va verso un fine che non è distruzione [2] Ecco, questa speranza hanno avuto i nostri defunti, i nostri caduti. Essi hanno lottato per la pace perché hanno saputo intravedere un futuro di pace. «Agli occhi degli stolti parve che morissero», dice la prima Lettura (Sap3,1-9), ma «la loro speranza resta piena d’immortalità».”. (cfr. Omelia Mons. Marcianò)

@unavoce

 

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