Spiritualità d’Avvento

 

Abbiamo iniziato il tempo di Avvento e nella ricerca di qualche meditazione per la mia preghiera quotidiana ho trovato un testo spirituale che mi è piaciuto e che voglio condividere con voi per aiutarci a vivere questo tempo in modo autentico. Ora cerco di riassumerlo evidenziando alcuni aspetti perché possa servirci per camminare nella direzione giusta attraverso una spiritualità cristiana alla luce della vita liturgica e sacramentale che la Chiesa ci indica.

Il testo a cui mi riferisco è: “Il Vero significato dell’Avvento” di Goffredo Boselli, monaco di Bose e liturgista (Bose è una comunità monastica, una comunità religiosa cristiana, formata da monaci di entrambi i sessi e provenienti da Chiese cristiane diverse). 

L’autore esordisce nella sua riflessione con due citazione, la prima di un cardinale inglese dell’800 che la Chiesa Cattolica venera come santo, John Henry Newman dove dice che il nome del cristiano è “colui che attende il Signore”, e la seconda di uno scrittore italiano del ‘900 Ignazio Silone che scriveva: “Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l’arrivo dell’autobus”. Le cita per dirci che anche noi cristiani che frequentiamo le nostre Parrocchie e la vita della Chiesa non sempre abbiamo compreso il vero senso dell’Avvento relegandolo il più delle volte ad una attesa del Natale del Signore, ma lui ricorda invece che il tempo di Avvento è la chiave di tutto l’anno liturgico – quel ciclo di stagioni avvento, natale, quaresima, pasqua, tempo ordinario che raccoglie il cammino della salvezza e nelle varie celebrazioni della vita di Cristo, della Vergine Maria e dei Santi – che ci fa ripercorre la storia della salvezza.

Torniamo a noi, dunque l’Avvento, sostiene l’autore, è la chiave di tutto la storia della salvezza, perché è l’attesa della venuta definitiva di Cristo e non il ricordo dell’attesa che è già avvenuta, tanto che la liturgia chiamava nella vecchia dicitura il Natale “Commemorazione della Nascita di Cristo”, oggi solo “Natale del Signore”, quindi noi non attendiamo la venuta della nascita ma celebriamo la commemoriamo e invece nell’Avvento, commemorando la nascita di Gesù, noi attendiamo la parusia ovvero la seconda venuta di Cristo, il compimento del mistero pasquale, attendiamo Cristo che torni definitivamente.

 A questo punto padre Goffredo cita una meditazione interessante sull’Avvento di un teologo tedesco dell’inizio del ‘900 J. B. Metz, come domanda e riflessione sul fatto che nel nostro tempo sembra quasi esserci la volontà di dimenticare l’avvento, questa attesa: “Domandiamoci una volta in questi giorni di Avvento e di Natale: non agiamo forse, segretamente, come se Dio fosse restato tutto alle nostre spalle, come se noi – frutti tardivi di questo ventesimo secolo post Christum natum – potessimo trovare Dio solamente in un facile e malinconico sguardo del nostro cuore, una debole luce riflessa alla grotta di Betlemme, al bambino che ci è stato dato? Abbiamo noi qualche cosa di più della visione di questo bambino negli occhi, quando nelle nostre preghiere e nei nostri canti proclamiamo: è l’Avvento di Dio? Pendiamo qualche cosa di più del Dio dei nostri ricordi e dei nostri sogni? Cerchiamo realmente Dio anche nel nostro futuro? Siamo uomini dell’Avvento, che hanno nel cuore l’urgenza della venuta di Cristo, e con gli occhi che spiano, cercando negli orizzonti della propria vita il suo volto albeggiante?”.

Comprendiamo allora la grandezza dell’avvento, unico tempo nelle tre religioni monoteistiche: Ebraismo, Cristianesimo e Islam, perché con i primi nella Pasqua siamo fratelli e con gli altri nella quaresima ci andiamo vicino, ma nell’attesa solo noi cristiani viviamo questa dinamica spirituale.

Prosegue l’autore dell’articolo sostenendo che la vera causa di questa mancanza è nel non avere speranza perché abbiamo i cuori e lo spirito affaticato da una vita che acceca, che non ci pone fiduciosi e attenti verso gli altri, non vediamo un futuro buono e questa situazione condiziona la nostra fede, almeno qui in occidente. Pertanto è compito della liturgia della Chiesa, dei preti soprattutto, far vivere una liturgia e una vita sacramentale nutriente, vera, autentica, seria per nutrire la speranza e riconoscerla nel cuore così come il Signore ha fatto ripotandola nel cuore dei discepoli di Emmaus che si erano smarriti. Andando verso la conclusione della sua riflessione ci offre un’altra citazione, questa volta di Sant’Agostino: “solo la speranza nella vita eterna ci fa propriamente cristiani”.

Così da questa lettura, come vi dicevo, credo che sia compito di ognuno e di tutti fermarsi e rifletterci sopra, rileggendo la propria vita alla luce della fede e ovviamente è anche compito dei sacerdoti dare ragioni per sperare, “ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” come ci ricorda san Pietro nella sua prima lettera (3,15), perché la mancanza di speranza rende l’uomo estraneo al tempo e noi invece vogliamo vivere eternamente il tempo con Dio, questo è essere cristiani.

Conclude, con un’altra citazione questa volta, di un filosofo francese dell’inizio del 900 Emmanule Mounier dove in un saggio dedicato a Charles Péguy, uno scrittore francese della fine dell’800: “rifà ciò che l’abitudine disfa. È la sorgente di tutte le nascite spirituali, di ogni libertà, di ogni novità. Semina cominciamenti là dove l’abitudine immette morte”.

Ora, rimandandovi alla lettura integrale del testo del Monaco Boselli che vi ho citato in apertura, credo che il passo da compiere per tutti noi sia quello di partecipare alla vita liturgia e sacramentale della Chiesa con questa rinnovata convinzione riaffermando nella nostra vita spirituale l’esigenza della attesa definitiva di Cristo in un clima di speranza operosa e fattiva nella carità e nella verità delle nostre singole vocazioni là dove siamo a vivere. Prepariamo allora le vie del Signore cambiando il nostro cuore e la nostra anima, non lasciamoci distrarre dalle cose del Signore ma prepariamoci ad accoglierlo come il vero Salvatore che ci darà la vita etrna nell’ultimo suo avvento.

@unavoce

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