Pensieri sulla Croce

Oggi la croce ci ha aperto il paradiso, chiuso da moltissimi anni, oggi Dio ci ha restituito la nostra antica patria, oggi ci ha ricondotti nella città del Padre, oggi ha aperto la sua casa a tutta l’umanità. Oggi dice il Cristo: tu sarai con me in paradiso. Ma cosa dici, Signore? Tu sei crocifisso, attaccato con chiodi, e prometti il paradiso? Sì, perché impariamo qual è la tua potenza sulla croce (San Giovanni Crisostomo)

 

La Quarta domenica di Quaresima prende il nome “Laetrae” dall’antifona d’ingresso della Liturgia Eucaristica anche se noi la ricordiamo più per il colore rosaceo del paramento del Celebrante. L’antifona recita “Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione Salmo: Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore”.

Ecco da dove viene il nome dato a questa particolare domenica. “In epoca medievale la terza domenica di Quaresima coincideva con la festa bizantina in onore del Santo Legno della Croce, che a sua volta affondava probabilmente le sue origini in una più antica festa romana in cui si celebrava la vittoria della primavera sull’inverno addobbando la città di fiori e nella benedizione della Rosa d’oro che il Papa effettuava in questa data nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Da qui gli addobbi floreali e la scelta del colore liturgico della veste del celebrante”. (cfr. holyart)

Proprio per questi motivi la tradizione della Chiesa nel ciclo di letture domenicali di quaresima nell’anno B (sono infatti divisi i testi domenicali in tre anni chiamati con le prime tre lettere dell’alfabeto e in questo ciclo ci fa ascoltare i quattro vangeli) viene riportato il brano evangelico di Giovanni (3,14-21) dove il Signore pone se stesso come vittima di sacrificio per la salvezza.

La Croce da strumento di morte diventa fonte di salvezza e da quel giorno il simbolo raffigurato in mille modi e che indossiamo e poniamo nelle nostre Chiesa e nelle nostre case e ambienti di vita ci ricorda non tanto la sofferenza ma la salvezza. Ci ricorda l’amore e per questo motivo credenti (al di là di polemiche) e non vedono nella croce un amore grande che vale la pena non dimenticare per poter viverlo gli uni gli altri.

Un simbolo che nel tempo da subito si è trasformato in un segno di amore, di dolcezza, si anche di passione e dolore, ma con il volto di un Dio che si è fatto uomo ed è arrivato a donare se stesso per amore, perché mi vuol bene e per offrirci la salvezza eterna e ci chiede di guardarlo di stare sotto la croce come sua Madre, di sapersi donare e nel guardarlo inizia la nostra vita nuova il nostro cambiamento. Onoriamo la croce, indossiamola, mettiamola nelle nostre case, guardiamola … ma soprattutto lasciamo che il Signore possa guardarci da quella situazione e lasciamoci abbracciare. 

Nella croce noi pensiamo alle nostre croci dimenticando che quel calvario volontario è stato vissuto perché noi potessimo comprendere i nostri calvari senza cadere nella solitudine e nella disperazione difronte alle vicende della vita.

La croce, come diceva don Tonino Bello, il Vescovo Servo di Dio, che scrisse della Croce ”situazione provvisoria”, il Signore risorge e da quella Croce sulla quale si è immolato a causa della nostra infedeltà per donarci la vita per donarci una luce quella luce che ha accecato San Paolo sulla via di Damasco facendogli scoprire la sua Croce e la sua vocazione, quel peccato di infedeltà partico da Adamo ed Eva e perpetrato poi dal popolo d’Israele che nonostante i grandi segni, oltre che la liberazione dalla schiavitù d’Egitto, non si fida del Signore. Un popolo che si disperderà e verrà esiliato per i suoi peccati di infedeltà e dovrà guadare a un serpente sul legno e ricominciare il cammino per poter tornare dall’esilio di Babilonia a Gerusalemme.

Dio ci manda suo Figlio Gesù e si offre sulla Croce per le nostre chiusure, le nostre cattiverie e da quel corpo dilaniano dalla crudeltà umana ci offre la salvezza, diventando la croce lo strumento della gioia perché ci dona la salvezza. Dal nostro male procurato Lui ci offre se stesso per risorgere dai nostri peccati. L’abbiamo crocifisso e da quel gesto parte la nostra rinascita. Le Sue parole sono di amore, di perdono, di comprensione, di vicinanza. Nonostante il volto sanguinante traspare una dolcezza perché è il cuore di Dio che esce quel sangue, quel dolore è l’amore di un Padre che non abbandona, che ama, che sa attendere. Allora quale sofferenza vivo, quale difficoltà ho, quale problema di salute di vita … che non possa essere vissuto alla luce di un amore così grande come quello di donare la vita per i fratelli, come ha fatto san Massimiliano Kolbe il sacerdote in campo di concentramento e quanti altri hanno dato la vita, ieri e oggi, per amore.

La croce bella o semplice, solenne o piccola, guardiamola alziamo lo sguardo e contempliamola, sentiamoci amati e impariamo ad amare veramente senza preconcetti, chiusure, razzismi e continue lamentele, senza rimpianti, gelosie, invide ma con il cuore grande perché il Signore ci ama e non ci abbandona mai. Non aspettarti quello che desideri, aspettati quello che è pensato per te. Ogni peccato è perdonato in Cristo in Croce, sappi essere capace di donare agli altri questo amore che hai ricevuto. Questa il motivo per rallegrarci in questo cammino verso il calvario perché risorgeremo con Lui, nella Croce di Cristo c’è l’amore e la misericordia di Dio.

@unavoce

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