Amore per sempre

Alle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino” (Gv 2, 3)

La realtà del matrimonio negli ultimi anni ha subito e continua a subire un grande abbandono così come quando si parla di vocazioni al sacerdozio, entrambi le strade sono in discesa difronte al “per sempre” c’è qualche limite che scatta nelle persone a non scegliere queste strade. Per entrambi c’è una mancanza di coraggio sufficiente che permetta di tuffarsi e affidarsi al Signore. Spesso abbiamo parlato di crisi di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa ma oggi vorrei soffermarmi sulla vocazione al matrimonio altrettanta scelta in grande crisi e calo. Pochi matrimoni sia religiosi che civili e quei pochi subiscono grandi crisi. Nonostante l’impegno della formazione a chi decide di celebrare il matrimonio religioso sembra non esserci una presa di coscienza seria. Oggi senza fare un analisi socio-religiosa dell’argomento vorrei proporvi un bel racconto per chi pensa al divorzio e occasione per chi sceglie la vita insieme ad un’altra persona di fermarsi a riflettere e non aggiungere altro alla provocazione che oggi voglio condividere con voi se non quella di offrire la mia preghiera per tutti gli sposi in particolare quelli in difficoltà. L’autore del racconto, il diplomatico svedese Dag Hammarskjöld  segretario generale dell’ONU dal 1953 al 1961, rivela tutta la freschezza degli autentici sentimenti di amore che spesso affondano nel duro quotidiano della vita. Essi, però, possono risorgere e ridare nuova vita ad un amore ormai spento. “Non hanno più vino”, non hanno più amore… ma tutto può rinascere, come intende dimostrare l’autore con delicatezza e sana laicità”. (cfr. tropeaedintorni)

“Il miracolo di Cana è quello che Dio si trasforma in un innamorato, capace di piegarsi alla bellezza e al fascino di Colei che è beata perché ha creduto. In conclusione solo l’amore con cui crediamo trasforma tutta la nostra vita in una meravigliosa festa di nozze”. (cfr. C. Rotondo)  

“Mentre mia moglie mi serviva la cena, mi feci coraggio e le dissi: “Voglio il divorzio”. Vidi il dolore nei suoi occhi, ma chiese dolcemente: “Perché?”. Non risposi e lei pianse tutta la notte. Mi sentivo in colpa, per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restassero la casa, l’auto e il trenta per cento del nostro negozio. Lei quando vide latto lo strappò in mille pezzi e mi presentò le condizioni per accettare.

Voleva soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare lindomani: “Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi portasti nella nostra camera da letto per la prima volta. In questo mese ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa”. Pensai che avesse perso il cervello ma acconsentii.

Quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: “Grande papà, ha preso la mamma in braccio!”

Il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati. Lei si appoggiò al mio petto e sentii il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco.

Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina, avvertii che l’intimità stava tornando tra noi: questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio.
Nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre di più. Ogni giorno era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Mi resi conto che era dimagrita tanto.

L’ultimo giorno, nostro figlio entrò improvvisamente nella nostra stanza e disse: “Papà, è arrivato il momento di portare la mamma in braccio”. Per lui era diventato un momento basilare della sua giornata.
Mia moglie lo abbracciò forte e io girai la testa, ma dentro sentii un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava a essere per me come la prima volta che la portai a casa quando ci sposammo…

La abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata… Mi venne da piangere! Mi fermai in un negozio di fiori. Comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: “Cosa scriviamo nel biglietto?”. Le dissi: “Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi”.

Arrivai di corsa a casa e, con il sorriso sulla bocca, ma mi dissero che mia moglie era all’ospedale in coma. Stava lottando contro il cancro ed io non me ne ero accorto. Sapeva che stava per morire e per questo mi aveva chiesto un mese di tempo, un mese perché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.

Non so chi o che cosa abbia posto la domanda. Non so quando sia stata formulata. Eppure a un certo punto ho risposto “si” a qualcuno o a qualcosa. A partire da quel momento ho avuto la certezza che la vita aveva un senso”. (cfr. tropeaedintorni)

Ripensiamo alle nostre scelte alle nostre vocazioni e verifichiamo come viviamo veramente l’amore perché sarà quell’amore che trasformerà ogni cosa.

@unavoce

 

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