Limiti e impegno
Uno dei compiti del Parroco non è solo assicurare i Sacramenti e la formazione ma creare occasioni per far fare esperienza di Gesù e per tutto questo serve costruire la comunità, compito non facile con alcuni rischi il primo fra tutti di legare le persone a se stessi invece che a Gesù ma compreso questo altro rischio è che spesso aiutare gli altri, farci ascoltare da loro, avere relazioni sane e positive, non è facile e se a questo aggiungiamo che aiutare è per crescere nell’amore del Signore seguendo il Vangelo la cosa non diventa più semplice nonostante i buoni proposti e le buone intenzioni da una parte e dall’altra. Spesso sono proprio le persone che ci sono più vicine a non darci retta.
“Gli dai un consiglio e non ti ascoltano, se cerchi di aiutarle non si fidano e poi magari sono più aperte con chi, in realtà, non ha davvero a cuore la loro felicità. L’errore è pensare che sia ovvio che gli altri si accorgano che li amiamo e che capiscano che vogliano il loro bene. L’errore è dare per scontato che debbano aprirsi con noi e che “naturalmente” dovrebbe esseri fiducia e sintonia”. (cfr. diventarefelici)
Ora credo, almeno teoricamente, che per costruire una comunità come può essere quella parrocchiale ci debbano essere alcuni elementi sui quali non si può venir meno: il primo è la fede in comune e il desiderio di crescere in questa, poi sicuramente da parte di ognuno è quello di essere autentici facendo cadere le nostre maschere e ancora l’impegno da parte di tutti a non dare giudizi ma ad accoglierci ognuno per quello che siamo creando un legame libero e indipendente ma rispettoso dove non è il cercarsi o l’organizzare la cosa importante ma esserci quando ci sono le diverse proposte di preghiera di formazione o di svago.
Qui potrebbe nascere il problema, talvolta le nostre diversità nonostante diciamo il contrario ci impoveriscono e ci isolano invece di arricchirci ed unirci e questo ci porta a chiuderci e a guardarci gli uni gli altri con invidia diventando polemici e puntando il dito magari non davanti ma sicuramente dietro le spalle, capite che questa non è una comunità e non lo è soprattutto per chi dice almeno a parole di credere in Gesù e di seguire il Vangelo perché questo devono fare i cristiani.
Ora per costruire una vera comunità di credenti serve che ognuno sia felice della sua vocazione della sua vita e semmai la possibilità di mettersi a confronto per ritrovare le origini delle proprie scelte altrimenti tutto tonerà difficile non solo per la comunità ma per la stessa vita che sia privata o di famiglia, di lavoro o di relazioni tra amici e colleghi.
La maturità dei singoli vissuta con intelligenza e con una libertà che non è fare quello che si vuole ma essere responsabili di quello che si è e di quello che si è scelto sarà la via maestra per costruire una comunità serena senza tante parole ma concreta fatta di gesti e di supporto l’uno per l’altro e non come ognuno lo pensa ma come il Vangelo suggerisce, quindi situazioni private e considerazioni private non sono l’humus per costruire la comunità e qui entra in gioco il referente che sia il parroco o altro che ha l’impegno di collegare tutti e indirizzarli verso il Signore attraverso le singole vite.
Ognuno è chiamato a collaborare in questo cammino di costruzione ognuno è chiamato a collaborare e a mantenere questo clima se si vuole veramente essere comunità e comunità cristiana che vive attraverso l’esperiana parrocchiale e il cammino di perfezione verso il Signore e realizzare così appieno la propria vocazione qualunque essa sia.
Il primo compito sarà del sacerdote che attraverso la sua vita prima di tutto quella di preghiera riuscirà a costruire la comunità con il suo esempio unito alle sue parole e alle varie iniziative. Con questo spirito la nostra comunità con il suo cappellano cerca di verificarsi e camminare. Gli strumenti che abbiamo a disposizione i momenti comuni e le varie iniziative hanno questo scopo e se ancora molto dobbiamo fare sono la parte che ci aiuta in questo percorso di crescita.
@unavoce
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