Liturgia della Parola
Si diventa discepoli non quando si forniscono semplicemente le credenziali giuste su Cristo ma quando si comincia a ragionare alla Sua maniera
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
«E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». (Mc 8,29)
Lasciamoci affrancare nella fede, in questo piccolo “francobollo di spirituale”, con le parole di don Luigi Maria Epicoco: “Quanta gioia nel poter amare fino in fondo, anche a prezzo della vita E noi crediamo nella logica di Gesù, quella per cui si è odiati e perseguitati dal mondo? Sappiamo dire che è il Cristo, ma fino in fondo? «Tu sei il Cristo». Non esiste forse in tutto il Vangelo una professione di fede così sintetica e così efficace come quella che fa Pietro nel racconto di oggi. Tutto era nato da una domanda apparentemente innocua: “Che cosa pensa la gente di me?”. Gesù non era certamente interessato a fare un sondaggio ma a portare i suoi a dire ad alta voce ciò che Lui era per loro. È Pietro che lo fa a nome di tutti. Ma se pensiamo che basti fare la propria professione di fede per dire anche noi di essere suoi discepoli ci sbagliamo di grosso. Ecco perché il racconto procede in questo modo: “E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini»”. Si diventa discepoli non quando si forniscono semplicemente le credenziali giuste su Cristo ma quando si comincia a ragionare alla Sua maniera e non più alla maniera del mondo. Infatti il mondo non accetta la logica della Croce. Il mondo non accetta l’amore che dona ma conosce solo l’amore che prende. Il mondo ci insegna a riempire i nostri vuoti con qualunque cosa, mentre Gesù ci dice di guarire dai nostri vuoti soccorrendo gli altri. Dire a Gesù di non morire in Croce non è volergli bene ma significa non averlo capito. Gesù non è un masochista che ama farsi male. Gesù è il prototipo di ogni amore degno di questo nome. Infatti un amore è davvero tale solo quando trova gioia nel poter amare. E se amare a volte è dare la vita allora c’è un’immensa gioia nel poter dare la vita per chi si ama, e sarebbe un dolore immenso non poterlo fare. Pietro vuole impedire a Gesù di amare fino alle estreme conseguenze. In questo senso è “diabolico” perché vuole risparmiare sull’amore”. (cfr. d.L.M. Epicoco)