Per la vita
“e quindi uscimmo a riveder le stelle” (inferno XXXIV)
Come sempre gli insegnamenti veri quelli che vale la pena seguire che danno frutti sono quelli di un tempo nonostante noi ci concentriamo sulle mode moderne più libere e più belle più … alla fine abbiamo corso troppo velocemente e abbiamo perso o rischiamo di perdere il panorama della nostra vita.
Il treno corre veloce ma ci offre uno sguardo ogni cosa corre veloce ma se ci toglie la visione delle cose allora è un correre vuoto. Abbiamo bisogno di gustare le cose di vederle con calma di fermarci a contemplare solo così recupereremo la bellezza della vita e le varie problematiche del mondo che ci sono e ci saranno sempre se non siamo ricchi dentro non li risolveremo mai e vale per i potenti ella terra ma anche per gli ultimi come noi o come me godersi le piccole cose accorgersi e contemplare ci aiuta a vivere. A questo proposti vi riporto un bel commento che ho trovato sui social. Leggete e ditemi se non vale la pena conoscere il passato fermarci a contemplare. Questa è la vera speranza quella che dà vita quella cristiana.
“I versi di Dante sulla speranza. E quindi uscimmo a vedere le stelle”, Dante ha appena attraversato l’inferno. Mentre si lascia alle spalle la “selva oscura” pronuncia le parole più belle di sempre “e quindi uscimmo a riveder le stelle”. Guardare le stelle è da sempre il simbolo del desiderio umano. La parola desidera da “sidera” stella in latino significa proprio questo guardare le stelle con intensità. “Lasciate ogni speranza o voi che entrate” recita l’iscrizione sui cancelli dell’inferno dantesco. Dante era un poeta un teologo un filosofo ma anche un profondo conoscitore dell’animo umano. Sa che l’inferno è il luogo dove la speranza muore. Per rinascere e lasciarsi alle spalle la “selva oscura” l’uomo deve ritrovare la speranza. Deve ritornare a guardare le stelle. Ecco cosa vi sta dicendo Dante. Ma la parola desiderare in latino esprimeva anche una mancanza. I desideri nascono da una mancanza. Quando hai tutto non desideri più nulla. Il desiderare una cosa, l’attesa il doversela sudare è ciò che la rende preziosa ai nostri occhi. L’eccesso la sovrabbondanza invece sono l’anticamera della noia. Il tutto e subito uccide lo spirito, uccide l’immaginazione. Senza immaginazione non ci sono desideri e senza desideri non c’è vita. Fate un dono ai vostri figli regalategli “l’attesa” il tempo per maturare i loro desideri e lottare per essi”. (cfr. TikTok@giovannalubrano26)
Credo che queste parole ci aiutino almeno a fermarci a riflettere su come viviamo su come consideriamo la speranza. Le parole del Sommo Poeta che in questo XXXIV canto dell’inferno dove nel finale ci invita a guardare le stelle all’inizio inizia ci orienta in questa ricerca con un “Vexilla regis prodeunt inferni”, “Avanzano i vessilli del re dell’Inferno verso di noi” sarebbe la parafrasi che “in senso ironico, ossia per fare del principe del Male una parodica antitesi della Santa Croce, portatrice di salvezza all’umanità”, si perché il “Vexilla regis” è un bellissimo inno di Venanzio Fortunato e che Dante conosceva bene.
@unavoce
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