Area Sacra
Dio ha piantato un giardino e vi ha messo l’uomo perché lo coltivasse e lo custodisse (Genesi 2, 15)
Un giardino rappresenta un luogo pieno di vita, e allo stesso tempo offre spazio per momenti di ritiro e di relax. Così anche un giardino può trasmettere il messaggio evangelico. Il primo artista è Dio che ha creato il mondo e quanto in essa c’è. La nostra piccola ma accogliente chiesa è circondata da un grande parco e accanto abbiamo aiuto la natura senza stravolgerla a ordinarsi creando uno spazio sacro per alcune celebrazioni e momenti di preghiera all’aperto ma anche come spazio per fermarsi sotto il fresco de grandi paini a rinfrescarsi dal caldo. L’ambiente che è all’ingresso della zona logistica del nostro 15° Stormo accoglie non solo gli ospiti ma dà spazio a chi qui risiede e vive e lavora.
“Ritorniamo a Gen. 2, 15: Dio ha piantato un giardino e vi ha messo l’uomo perché lo coltivasse e lo custodisse. Il giardino, prima casa dell’umanità, è figura del dono e noi ne siamo i destinatari e, nel passaggio delle generazioni, coloro che lo ereditano. Venendo al mondo abbiamo ereditato il giardino (un triplice giardino: quello di casa nostra se lo abbiamo, il giardino planetario e il giardino che è quello che ci portiamo dentro: la nostra vita), ma il giardino non è una entità auto-sussistente, ha bisogno della cura dell’uomo. Curare e coltivare il giardino è un rapporto di coinvolgimento: l’uomo diventa tale nella misura in cui coltiva e custodisce il giardino. Mentre l’uomo si prende cura di una realtà altra nello stesso tempo custodisce la propria umanità. Coltivare (abad) e custodire (shamar) in ebraico hanno un valore concreto, è il coltivare la terra, ma nello stesso tempo questi verbi indicano anche il prendersi cura di Dio, il rendere culto. Così come in latino “colere” cioè coltivare significa anche rendere culto a Dio. Culto e cultura insieme alla coltura sono attività umane imparentate tanto che hanno in ebraico un solo verbo che li rappresenta: shamar, che letteralmente è guardare, posare lo sguardo su, imparare a vedere al di là delle apparenze. Dunque non sfruttare, ma essere responsabili, saper esercitare l’auctoritas cioè l’autorità che lascia spazio e fa crescere. La mia autorità non è dispotismo, dominio, ma è lasciar crescere: questo è il senso della cura”. (cfr. notedipastoralegiovanile)
In questi gironi prima della Pasqua abbiamo terminato un altro step di lavori quello delle panchine che vanno a coronare lo spazio sacro. Un ambiente naturale che non è lusso ma necessità di rimanere educati avvolti e invitati al bello all’armonia alla tranquillità elementi fondamentali per coltivare quel cuore di pace che fa essere i militari operatori e servitori della pace. Uno spazio aperto a loro e alle loro famiglie dove insieme alla chiesa la biblioteca e ad altri servizi crea quell’accoglienza famigliare che dà di un luogo non solo un posto di lavoro ma una casa dove vivere e servire.
Il Giardino
@unavoce – foto@unavoce il nostro giardino