Condivisione per una cultura di Pace
“la vocazione, iniziativa di Dio, esige la risposta alla quale l’uomo viene formato, preparato, invitato nella pienezza della sua libertà, e consente che la missione si sviluppi con la forza e la rigogliosità di una pianta i cui frutti, all’inizio, sembrano inimmaginabili”. (Cfr. Mons. Santo Marcianò O.M.)
Recentemente, avendo letto la prefazione a un libro, su un Cappellano Militare, don Giulio Penitenti, fondatore delle Taddeine, scritta dal nostro Ordinario Militare, Mons. Santo Marcianò mi suggerisce, queste poche righe, citando alcune figure di Cappellani Militari, che durante e dopo le guerre, hanno continuato con quello zelo ed energia che li ha fatti “apostoli di pace” con e tra i militari, in un momento buio della storia dell’umanità.
Con buona pace di chi ha solo la “bocca larga”, per citare proverbi e racconti che insegnano qualche cosa, qui alcuni nomi, tra i nostri confratelli, che hanno lasciato un segno e lo lasciano sia alla Chiesa che alle comunità civili.
Come dimenticare tra queste figure: Don Carlo Gnocchi, (Beato) don Giovanni Minzoni, don Enio Franzoni, don Secondo Pollo, (Beato) Don Giovanni Brevi, Padre Giulio Bevilacqua, da ultimo, ma non ultimo, don Angelo Giuseppe Roncalli (Papa Giovanni XXIII, Santo), vi invito ad a leggere le loro vite, le loro opere, sono di grande esempio, non solo per noi Cappellani Militari, ma per le nostre “comunità con le stellette”.
Figure che fondano, l’impegno quotidiano di evangelizzare, con la presenza, con la condivisione, tra e con questi uomini e donne in divisa e le loro famiglie.
Si perché di evangelizzazione e servizio si parla e a questo proposito come commento di questa sottolineatura, che oggi ho desiderato fare sul mio sito, vi ripropongo un passaggio del un discorso di San Giovanni Paolo II, Papa, quando nel 1995 a una udienza ai Cappellani Militari, disse:
“Anche il mondo militare, al pari di ogni altro settore della società in cui si organizza e si esprime l’attività degli uomini, ha bisogno di una nuova evangelizzazione. Questo compito è affidato a voi, cari Cappellani militari, e alle comunità cristiane di militari che intorno a voi si formano. Evangelizzare il mondo militare significa anche creare una cultura di solidarietà e di pace. Oggi più che mai, a cinquant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e dopo la caduta del muro di Berlino, il militare deve fondare l’eticità della sua professione nei valori della difesa della libertà e della sicurezza del proprio popolo, nella collaborazione per il bene comune della nazione, nell’opera di mantenimento della pace e nella solidarietà umana verso gli altri popoli. Questa cultura di pace, infaticabile nel favorire sempre il dialogo come strumento per risolvere le controversie, in determinate situazioni, e come “ultima ratio”, non può escludere il ricorso alla forza se ciò venisse richiesto dalla difesa dei giusti diritti di un popolo, o dalla necessità di mantenere la pace tra vari contendenti al fine di evitare stragi di popolazioni innocenti: in simili casi si tratterebbe di una legittima e doverosa ingerenza umanitaria, mirante a salvare vite umane e a proteggere persone deboli e indifese e, in ultima analisi, a portare solidarietà e pace sotto l’egida della comunità internazionale. Questa visione del militare, che porta solidarietà e pace con i mezzi che gli sono propri, è ricca di valore e di dignità. Il Cappellano militare è chiamato a confortarla con l’apporto di tutte quelle motivazioni spirituali, morali e religiose che sono insite nella sua missione. Molto importante è, perciò, la vostra opera, cari Cappellani militari. La Chiesa conta su di voi”. (Cfr. San Giovanni Paolo II, Discorso ai Cappellani Militari d’Italia, 19 ottobre 1995)
Questa, la nostra vocazione, ad educare e servire questa porzione della “Vigna del Signore”, senza ma e senza se, senza filosofie e sterili concettualismi, ma solo servire l’uomo la dove vive, come? Con le modalità dell’uomo che svolge questo servizio e la Chiesa, in questo, è maestra da subito nella sua bimillenaria storia. Uguaglianza, povertà, carità, … sono elementi fondanti il “ministero della Chiesa”, ma senza banali affermazioni o astratti concetti. Servire l’uomo, significa essere concreti e per esserlo, ogni epoca storia della Chiesa, lo esprime e lo incarna, con le giuste distanze e affermazioni, logiche e senza mancare al messaggio Evangelico, ma con modalità e forme, di volta in volta, differenti che non umiliano il messaggio, ne l’uomo, ma con una presenza che è condivisione, educa il cuore e l’anima, trasformando il servizio, in un ministero di Pace e carità verso i più poveri. Conoscere le storie di alcuni di questi cappellani, forse, piò aiutarci a comprendere il “ministero tar questi fedeli” e la nostra autentica vocazione che farà sbocciare quei “fiori inimmaginabili” della grazia del Signore.
@unavoce
Foto di Copertina: L’Ordinario Militare Santo marcianò visita alla Scuola Volontaroi dell’Esercito a Capua