Iniziativa “Visita Virtuale del Cappellano” – (E-mail del secondo lunedì del mese: Dicembre)

 

Cari amici, 

eccoci al terzo appuntamento, di questa mia “Visita Virtuale”, una visita al vostro cuore, alla vostra vita spirituale, con la speranza che perdiate cinque minuti per leggerla. Come sempre raggiungo tutti, di tutte le età e gradi, di ogni estrazione religiosa, con rispetto e se qualcuno, tra voi, non desidera, sia gentile, cancelli e accetti un semplice saluto amichevole, chi intende, invece, continuare a leggere, questo vuole essere solo uno spunto per mantenere lo sguardo alto nella nostra vita privata e di servizio, soprattutto in questo tempo difficile. La vostra presenza di militari, il vostro indossare una divisa e condividere tutto questo, con le vostre famiglie, ricorda a tutti l’impegno a camminare insieme, con coraggio, senza mai perdere la speranza e impegnandoci, tutti, a costruire relazioni nuove, modi nuovi di convivenza, nella pace e nel rispetto. Il Tempo di Natale, che tra pochi giorni vivremo e che abbiamo iniziato con l’Avvento, l’attesa di quel Dio in cui crediamo e viviamo, caratterizza questo mio raggiungervi e lo faccio attraverso uno scritto di Guillaume Derville. Il Titolo di questa e-mail è mutuato, proprio da un suo articolo dove all’inizio fa una citazione di sant’Ignazio di Antiochia. Questo aspetto, pertanto, oggi, vorrei sottolineare; in un tempo di disagio e di emergenza, dove tutto e tutti parlano o gridano, dove notizie contrastanti si accavallano, forse saper stare in silenzio può essere utile per contemplare la vita. 

Il Signore si riconosce nel suo silenzio

«Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza»[1]: papa Francesco fa notare che, nel mistero di Cristo, i segni rivelano la tenerezza di Dio, e sant’Ignazio di Antiochia dice che il Signore si riconosce nel suo silenzio. Il tempo di Natale è annunciato da un Avvento in cui la moderazione e il relativo silenzio degli strumenti musicali nella liturgia sono segni dell’umile attesa del Salvatore, della grande gioia per la sua nascita[2].Il Verbo si fa carne e lo contempliamo bambino: “infans”, in latino; letteralmente, significa “che non parla”. La Parola non sa parlare. Il silenzio di Dio invita alla contemplazione, all’ammirazione, all’adorazione. Il Verbo s’è “abbreviato”, dicono i Padri della Chiesa: il Figlio di Dio si è fatto piccolo perché la Parola sia alla nostra portata, segno silenzioso e tenero che chiede amore.

La liturgia estende questo silenzio all’intera natura. “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso” – recita il libro della Sapienza -, scese sulla terra «la tua parola onnipotente dal Cielo» (Sap 18, 14-15). L’attribuzione di questo testo alla nascita di Gesù rimonta probabilmente ai giudeo-cristiani, vale a dire, ai primi tempi della Chiesa[3]La preghiera dell’Angelus vespertino nacque dalla credenza che a quell’ora, quando scende il silenzio della sera, la Vergine Maria ricevette il saluto angelico. Un po’ per volta si estese la pratica di recitare questa preghiera a mezzogiorno, indirizzando allora, nel XV secolo, la preghiera per la pace nella Chiesa[4].

Maria e Giuseppe, il silenzioso, ritorneranno a Nazaret: trenta anni di silenzio di Gesù, amava sottolineare san Josemaría[5]. Verrà poi la vita pubblica, e un giorno Cristo tacerà anche davanti a Erode “con un silenzio divino”[6]. Isaia aveva profetato: “nel silenzio e nella perseveranza sarà la vostra forza”; san Josemaría lo applicava anche alle avversità: “Tacere e confidare”[7]; infatti, come diceva Benedetto XVI, «le circostanze [avverse] sono misteriosamente “abbracciate” dalla tenerezza di Dio»[8]. Così scrive papa Francesco: «Poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie: “[…] È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore” (Lam 3, 26)»[9].

Un poeta francese dice che i pensieri sono uccelli che cantano soltanto quando si trovano sull’albero del silenzio. Un cristiano riflette e prega: «Giorni di silenzio e di grazia intensa… Orazione faccia a faccia con Dio…»[10].Dalla penna di san Josemaría la parola “silenzio” spesso è associata agli aggettivi fecondo, gioioso, amabile[11]. Il lavoro silenzioso è eloquente, lo sforzo silenzioso dà frutti[12]. Il silenzio sprizza pace, umiltà, quiete, serenità, e anche efficacia; permette il raccoglimento. Elia ascoltò Dio nel “mormorio di un vento leggero”, letteralmente nella “voce di un fine silenzio (1 Re 19, 12), che esprimeva l’intimità di una conversazione[13].

Occorrono tempi di “silenzio interiore”, constata san Josemaría[14]. E dice la beata Madre Teresa di Calcutta, «Dio parla nel silenzio del cuore. […] Il frutto di questo silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Infine, il frutto del servizio è la pace. La pace, infatti, proviene da chi semina l’amore trasformandolo in azione»[15]Dà pace cercare un po’ di silenzio nel lavoro, nella famiglia e nella società. Secondo una bella tradizione cristiana, si può tendere al silenzio quando comincia a imbrunire, in memoria della passione del Signore, e conservarlo durante la notte, per riposare in Lui. Dopo la morte sulla Croce verrà il silenzio del sepolcro fino alla gloria della Risurrezione. Il grande silenzio dei certosini e di tanti religiosi accompagna e sostiene la preghiera di tutta la Chiesa.

Il silenzio invita a stare attento agli altri e rafforza la fraternità. Il Vangelo richiede, come ricorda papa Francesco, «un perenne esercizio di empatia, di ascolto della sofferenza e della speranza dell’altro»[16]. La tenerezza di Dio rende il nostro cuore sensibile, vicino. Ci apre agli altri e scopriamo, scrive san Josemaría, «persone che hanno bisogno di aiuto, di carità e di affetto»[17]. In un tempo in cui sembra che dobbiamo riempire tutta la nostra giornata di iniziative, di attività, di rumore, è bene far silenzio fuori e dentro di noi per poter ascoltare la voce di Dio e quella del prossimo. Ogni Avvento evoca l’attesa gioiosa della seconda venuta del Signore. Quando si apre il settimo sigillo dell’Apocalisse, in Cielo si fa un silenzio (Ap 8, 1) che ci prepara al mistero trinitario. Tace il Cielo perché prega, in umile attesa della manifestazione di Dio. Come dice lo Pseudo-Dionigi, “venerando in rispettoso silenzio l’ineffabile di Dio”: adoriamo[18]Il Concilio Vaticano II raccomanda che nella santa liturgia si osservi il “sacro silenzio” davanti a Dio[19]. Così, durante la celebrazione eucaristica – scrive Papa Francesco –, «i cuori dei credenti fanno silenzio e lasciano che parli Lui»[20]. Il Prelato dell’Opus Dei ricorda che i periodi di silenzio invitano l’assemblea riunita nella carità ad “ascoltare i suggerimenti intimi” dello Spirito Santo[21]La tenerezza di Dio si manifesta nei segni… Secondo una bella espressione dei Padri, dobbiamo apprendere a leggere questi “modi di essere” di Dio, che si rivela a noi in Gesù Cristo. Accompagniamo il silenzio di Maria e Giuseppe. «Cadeva la sera, con un fitto silenzio… Notasti molto viva la presenza di Dio… E, con questa realtà, che pace!»[22].” (Cfr. Guillaume Derville) 

Spesso il silenzio è il «luogo» nel quale Dio ci aspetta: così riusciremo ad ascoltare Lui invece di ascoltare il rumore della nostra stessa voce. Ora ti auguro un buon cammino e sappimi vicino con amicizia. Ti benedico

@unavoce

 

Foto di Copertina: Paris Nogari, pittore rinascimentale – Allegoria del silenzio. 1582, affresco, Città del Vaticano, sala degli Svizzeri.

L’opera testimonia la volontà di ricordare il pericolo dl parola e la possibilità di commettere peccati. La cicogna con l’uovo in bocca accanto all’uomo rafforza il concetto. Dovendo portare il prezioso carico – il guscio conchiude un segreto-, non può emettere versi pena la distruzione dello stesso.
Il dito indice della mano destra sollevato all’altezza del volto e appoggiato alle labbra. Gli occhi ardenti che invitano l’interlocutore a una muta complicità. E’ un gesto più eloquente, forse il più diffuso nell’ambito delle espressioni verbali umane, quello del silenzio. Esso appare in numerosi dipinti – tra cui le opere di Giotto, di Dosso Dossi, di Paris Nogari o le incisioni librarie del cinquecento e del Seicento – riferendosi a situazioni diverse. Se questo gesto risulta collegato alla figura di Ermes o Mercurio, che riconosciamo inequivocabilmente per la presenza del caduceo, un bastone al quale sono avvinti serpenti. Esso allude al silenzio ermetico, cioè alla necessità dell’iniziato di percorrere immagini e testi enigmatici, acquisendo informazioni legate all’alchimia e alla magia, senza poi rivelare a nessun altro ciò che gli ha disvelato. Altra connotazione del silenzio, la più diffusa, è collegata alla necessità religiosa della meditazione. E’ soltanto in assenza della parola che è possibile salire ai punti più alto del cielo, ascoltando la musica delle sfere, o avviare un colloquio con Dio o essere rapiti come San Paolo, avendo cognizione del Paradiso.

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[1] Papa Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium, 24-XI-2013, 88.
[2] Cfr. Ordinamento generale del Messale Romano, 313.
[3] Cfr. Jean Daniélou, Théologie du judéo-christianisme. Histoire des doctrines chrétiennes avant Nicée1, Cesclée-Cerf, Paris 1991, p. 276.
[4] Cfr. Mario Righetti, Historia de la liturgia I, Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1955, pp. 206-207.
[5] Cfr. san Josemaría, Solco, 485; È Gesù che passa, 38; Amici di Dio, 281, 284.
[6] San Josemaría, È Gesù che passa, 72; cfr. Solco, 485; cfr. Via Crucis, 1, 4. Cfr. Mt 26, 62.
[7] San Josemaría, Forgia, 799. Cfr. Is, 30, 15.
[8] Benedetto XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 30-IX-2010, 106.
[9] Papa Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium, 24-XI-2013, 6.
[10] San Josemaría, Solco, 179.
[11] Cfr. san Josemaría, Cammino, 447, 645, 672.
[12] Cfr. san Josemaría, Solco, 300, 530.
[13] In ebraico, è la formula enigmatica: “qol demama daqqa”, che Papa Francesco commenta nella sua omelia in Santa Marta, cfr. Osservatore Romano, 13-XII-2013, p. 8.
[14] San Josemaría, Solco, 670.
[15] Beata Teresa di Calcutta, Intervista concessa nel 1987 al giornalista R. Farina e pubblicata sul settimanale Il Sabato, cit. in J.L. Illanes, Tratado de Teología espiritual, EUNSA, Pamplona 2007, p. 394-395.
[16] Papa Francesco, Messaggio per la celebrazione della XLVII Giornata Mondiale della Pace (1-I-2014), 8-XII-2013, 10.
[17] San Josemaría,Colloqui, 96.
[18] Cfr. Pseudo-Dionigi, De divinis nominibus, c. I, n. 11, cit. in Fernando Ocáriz, Sobre Dios, la Iglesia y el mundo, Rialp, Madrid 2013, p.70.
[19] Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 30.
[20] Papa Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium, 24-XI-2013, 143.
[21] Javier Echevarría, Vivere la santa Messa, Ares, Milano 2010, p. 60; cfr. anche p. 20, 92, 164. Cfr. Ordinamento generale del Messale Romano, 45, 55-56. Cfr. Benedetto XVI, Es. ap. Verbum Domini, 66.
[22] San Josemaría, Solco, 857.