Il presepe della vita

 

Il presepe è e rimane il simbolo del Natale, racconta plasticamente, da quel giorno in cui san Francesco lo propose, la nascita umana di Dio. Una scena dolce semplice che è diventata occasione per raccogliere famiglie, motivi di arte, musica creando quella magia del Natale, dove tutti, piccoli e grandi ancora si stupiscono e i piccoli per quello che vedono e i  grandi vedendo per quello che sono stati e forse vorrebbero essere ancora.

Parlare di presepe per portarvi oggi con il pensiero a quei presepi che i nostri militari soprattutto quelli all’estero creano e realizzano nelle basi oltre mare dove sono a  svolgere il loro servizio in missione, presepi che riportano con il cuore al calore della casa, ai valori che ci sono nella vita e conservati nel cuore, valori di fede, di amore e di pace, quelli stessi che difendono per altri popoli, altre culture, altre religioni, ma con la stessa passione e determinazione. Il presepe comunque lo vedi, da qualsiasi parte tu stai è e deve essere motivo di unità e non di divisione, nel rispetto della fede, anche di chi non l’ha o di chi ne ha altre.

Così, oggi, vi porto con la mente agli anni della grande guerra per raccontarvi di un “presepe” in trincea, un presepe che sa di miracolo, che sa di amore e voglia di pace.

“Era il 1917, uno dei terribili anni della prima guerra mondiale. Sulle trincee spirava un vento gelido e c’era tanta neve. I soldati si muovevano cauti, la notte era senza luna, ma serena e tutti avevano paura di incontrare delle pattuglie nemiche, perché il nemico era lì davanti a loro.
Ad un tratto un caporale disse sotto voce: «è nato!». «Eh?» fece un altro senza afferrare l’allusione. «Deve essere la mezzanotte passata perbacco. La notte di Natale! Al mio paese mia moglie e mia madre saranno già in chiesa». Un altro compagno osservò: «Guardate là, c’è una grotta. Andiamo dentro un momento, saremo riparati dal vento».Entrarono nella grotta e il più giovane del gruppo si tolse l’elmetto, si sfilò il passamontagna e si inginocchiò in un cantuccio. Il caporale rimase all’entrata e voltò le spalle all’interno con fare superiore: ma era perché aveva gli occhi pieni di lacrime. Il più vecchio del gruppo si tolse i guantoni, raccolse un po’ di terra umida e manipolandola qualche minuto le diede la forma approssimativa di un bambinello da presepio. Poi stese il fazzoletto nell’elmetto del compagno e vi depose il Gesù bambino. Si scorgeva appena nella fioca luce delle stelle riflessa dalla neve.
Il caporale trascurando ogni prudenza tolse di tasca un mozzicone di candela, l’accese e la pose vicino all’insolita culla. Poi sottovoce uno cominciò a recitare: “Padre nostro che sei nei cieli…”. Tutti continuarono e avevano il cuore grosso da far male. Il raccoglimento durò ancora dopo la preghiera. Nessuno voleva spezzare l’atmosfera che si era creata.
Improvvisamente alle loro spalle una voce disse.«Fröhliche Weihnachten» (Buon Natale).
Una pattuglia austriaca li aveva colti alla sprovvista. Con le armi puntate stavano all’imboccatura della grotta. Mentre i soldati scattavano in piedi la voce ripeté con dolcezza: «Buon Natale ». I nemici abbassarono le armi e guardarono la povera culla. Erano tre giovani e avevano bisogno anche loro di un po’ di presepio, anche se povero. Si guardarono confusi, poi si segnarono e cominciarono a cantare «Stille Nacht», la bella melodia natalizia che tutti conoscevano.Tutti si unirono al coro anche se si cantava in lingue diverse. Poi quando si spense l’ultima nota del canto il caporale si avvicinò a uno dei giovani nemici e gli tese la mano che l’altro strinse con calore. Tutti fecero altrettanto, augurandosi il Buon Natale. Poi uno degli austriaci trasse da dentro il pastrano una piccola scarpina da neonato. Doveva essere quella del suo bambino e se la teneva sul cuore, e dopo averla baciata la depose accanto al Bambino Gesù rimanendo per alcuni attimi in preghiera. Poi si voltò di scatto e seguito dai compagni si allontanò voltando le spalle, senza timore, e scomparve nella notte di quel gelido Natale di guerra”.
(Cfr. altarezianews)

Non servono altri commenti, solo contemplare il presepe nelle nostre case, nelle nostre chiese, nelle nostre strade, negli occhi della gente che incontriamo e amare.

@unavoce

 

Foto di Copertina – In primo Piano: Monte Palon e trincee della Prima Guerra Mondiale (massiccio del Grappa)