Iniziativa “Visita Virtuale del Cappellano” – (E-mail del secondo lunedì del mese: Gennaio 2021)

 

Cari amici,

siamo al quarto appuntamento e all’inizio di un nuovo anno e vi raggiungo con la mia “Visita Virtuale”, una visita al vostro cuore, alla vostra vita spirituale, iniziativa dei questo anno pastorale e in un anno di epidemia che ci vede tutti limitati su alcuni movimenti, ma non meno determinati a crescere e a impegnarsi, sia a livello personale che sociale. Questa volta vorrei parlarvi di famiglia e lo faccio proponendo a voi una lettera che alcuni anni fa l’Arcivescovo Giuseppe Mani, già nostro Ordinario Militare, scrisse su questo tema. Penso e sono certo, che risulterà una bella lettura, utile per rinfrancarci tutti su questo aspetto della vita, sia per chi ha creato una sua famiglia, sia per tutti noi che proveniamo da una famiglia. In tempi dove pensare al matrimonio e creare famiglia è messo in discussione per differenti motivi, fermarci oggi a riflettere su questo, potrà essere utile per crescere così come questa “Visita Virtuale ha l’ambizione di fare. Il tema scelto ci viene suggerito dal Papa, nell’annuncio fatto all’Angelus della Domenica della Sacra Famiglia celebrata lo scorso 27 dicembre, dove annuncia di dedicare un anno alla Famiglia, a cinque anni dalla promulgazione dell’ Esortazione apostolica: “Amoris laetitia”. “Le famiglie del mondo siano sempre più affascinate dall’ideale evangelico della Santa Famiglia e con l’aiuto della Vergine Maria divengano fermento di una nuova umanità e di una solidarietà concreta e universale”. (Cfr.vaticannews)

@unavoce

  

GRAZIE… PER AVERMI INVITATO A CASA VOSTRA!

 

“Ho scoperto ancora che Dio, quando vuol servirsi di qualcuno in modo straordinario, inizia sempre col preparargli una bella famiglia. Nessuno nella Bibbia “nasce come i funghi”: l’albero genealogico è sempre una pagina molto importante. Anche per Gesù fu così. Dio cominciò da lontano: gli preparò una mamma e chi gli facesse le veci del Padre e, dopo avere trovato “un tempo di pace”, lo fece nascere in una famiglia così normale che nessuno poté immaginare che Dio abitasse proprio lì, in una via di Nazareth.

Dio parla il linguaggio della famiglia, non tanto perché parla in modo semplice e immediato, ma soprattutto perché il suo rapporto con l’uomo lo concepisce solo come un rapporto nuziale. Uno dei libri più significativi della Bibbia, il Cantico dei Cantici, narra la storia d’amore tra due giovani. In tal modo Dio ci indica quale rapporto Egli desideri, non solo con l’umanità, ma soprattutto con me, con le altre persone: un vero rapporto nuziale. I grandi cristiani l’hanno capito: Giovanni della Croce, Teresa d’Avila, Teresa di Gesù Bambino, quando hanno voluto raccontarci la bellezza del loro rapporto con Dio, non hanno fatto altro che commentare, in chiave personale, il Cantico dei Cantici.
Cosa sia avvenuto nella Chiesa non lo so, ma è certo che, quando io ero seminarista, il Cantico dei Cantici non era un libro “consigliabile” perché, forse, c’era ancora una Chiesa troppo celibataria e poco nuziale. Resta vero però che solo chi capisce la famiglia, comprende la Chiesa e, soprattutto, il linguaggio di Dio.

lo l’ho incontrato in famiglia.

Una mattina si presentò nel mio ufficio una signora con un grave problema familiare. il marito, funzionario di una grande società, aveva combinato un bel guaio a livello amministrativo e ora rischiava il licenziamento. La sua situazione era sotto esame proprio in quei giorni. “Vescovo, Lei ci può salvare: telefoni a questo numero, è del Direttore Generale, e si raccomandi a lui. Ho tre figli all’università e lavora solo mio marito: se lo licenziano, siamo rovinati”. La vedo ancora davanti ai miei occhi, col braccio teso che mi porge il numero di telefono.

lo, non so quale santo intervenne, dopo un po’ di esitazione, composi il numero. “Sono il vescovo Mani, vorrei parlare col Direttore Generale, anzi vorrei potermi incontrare con lui”. Mi fu fissato l’appuntamento per due giorni dopo.

Mi presentai ma, esponendogli il caso, ebbi l’impressione che mi stesse a sentire, sì un po’ distaccato, ma anche attento. “Eccellenza”, “Direttore”: erano i nomi con cui ci chiamavamo; mi accorsi che tra questa “Eccellenza” e questo “Direttore” qualcosa non passava. Al termine della conversazione ebbi la sensazione che si sarebbe impegnato, per cui, nel salutarlo, gli promisi che quella sera: avrei detto il Rosario per lui. “No, Padre, -mi disse prendendomi il braccio -lo dica per la mia famiglia”. “C’è qualche problema?” “Sì, disse, ho un figlio drogato: è a Milano con mia moglie che è disperata… e a me sta sfuggendo il controllo della situazione. Non so più cosa fare”. “Se posso aiutarla… A Milano conosco tanta gente…”. “No, Padre, Lei preghi, dica il Rosario per la mia famiglia!” Subito tutto cambiò: l'”Eccellenza” lasciò il passo al “Padre>’ e il “Direttore” diventò “Papà”.
Avevo incontrato l’uomo, ma per incontrarlo dovetti essere introdotto nella sua famiglia, anzi mi venne messa in mano la chiave di casa: la croce.

Quante famiglie ho visitato e quante persone ho incontrato! Ecco perché oggi desidero essere da voi: per avere un vero incontro, non formale, ma davvero familiare. Parleremo della famiglia, di quella vera, di quella che nasce dal Matrimonio. La famiglia è una realtà naturale, con una propria dignità, ma Gesù, col sacramento del matrimonio, l’ha fatta diventare “soprannaturale” e, quindi, “divina”.


Ma andiamo per ordine…

Voglio concludere dandovi un impegno formale: salvare una famiglia. Personalmente ho la gioia di averne salvate tante e, credetemi, è facile. Purtroppo però c’è un disinteresse spaventoso per la vita della famiglia.

Se per strada vediamo cadere per terra una persona, tutti si accorre; se un ragazzo cade dal motorino, subito ci si avvicina. Se si sente che una famiglia sta per naufragare, tutti ne parlano… ma nessuno interviene.

Purtroppo si dice: “Tra moglie e marito non mettere il dito”. Ma non è vero: le famiglie sono creature che si possono ammalare, ma anche guarire; cadere e rialzare, e ciascuno di noi ha il dovere di aiutarle.

Nel memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme ho visto il monumento al milione e mezzo di bambini ebrei uccisi che mi ha profondamente impressionato. Si viene introdotti in una grotta dove, con un sottofondo musicale, vengono scanditi i nomi dei bambini, la loro età e la loro provenienza: una cosa impressionante! “Mosè, diciotto mesi, polacco; Joseph, 3 anni, tedesco; Abraham, 1 anno, ungherese”; …

Condotti da un passamano, attraverso uno stretto corridoio buio, si arriva ad un grande spazio al centro del quale c’è una candela accesa in un grande firmamento che tutto avvolge, pieno di tanti piccoli punti luce che pur vedendosi non sono capaci di illuminare l’ambiente, che rimane al buio. La musica, i nomi, l’oscurità creano un clima che ti coinvolge profondamente e ti fa riflettere mentre ci si avvia all’uscita. Lì, la guida spiega che quel grande spazio, quasi un firmamento pieno di stelle, non era che un gioco di specchi che riflettevano l’unica fiamma accesa. Se quella candela si spegne, si spengono tutte quelle luci. Chi uccide un bambino, uccide un popolo: questo il senso. Rimasi colpito profondamente e da allora è entrata in me la convinzione che, salvare una famiglia, è salvare un popolo. È ciò che auguro a voi di fare…”. (Cfr. Lettera Pastorale “Grazie” di Mons. Giuseppe Mani)

 

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Foto di Copertina: “Auxilum”, olio su tela, di Giovanni Colonia, esposto in “Corridoio delle Arti”, Parrocchia dei Militari”