Un mondo che cambia?

 

In un mondo che corre veloce, con il rischio di perdere invece che migliorare, vorrei oggi soffermarmi, riportandovi uno stralcio di un articolo apparso su “L’Osservatore Romano” che anticipa un articolo del Gesuita Lombardi su “La Civiltà Cattolica”, per riflettere su un simbolo e un segno che va al di là delle convinzioni personali o delle libertà individuali, ma segna la cultura di un popolo. La Croce, ma potremmo ampliarlo ad altri segni e simboli che fanno parte della nostra cultura nazionale e Europea, la Bandiera, le tradizioni, ricorrenze e anniversari, nomi con cui si dedicano vie, piazze luoghi e posti …

Essere liberi e laici non significa rinnegare il passato o disconoscerlo, ne offende chi non crede, ma è il segno della storia e di una Storia, in questo caso, particolare.

Quindi, la domanda che mi pongo è se veramente fratellanza, libertà, diritti, uguaglianza, sono uno contro l’altro, limite o invece ricchezza per un mondo migliore. Questo vale non solo per la religione, ma in ogni campo della vita dell’uomo.

“Trent’anni fa Natalia Ginzburg, che non apparteneva al mondo cattolico, scriveva parole che meritano tuttora attenzione: «Il crocifisso non genera alcuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. […] Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo forse smettere di dire così? […]. Il crocifisso è il segno del dolore umano. […] La croce, che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine della morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo cancella l’idea di Dio, ma conserva quella del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. […] A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi di scuola» (N. Ginzburg, «Quella croce rappresenta tutti», in Unità, 22 marzo 1988).

La Ginzburg ricorda che Cristo ha insegnato per primo che gli uomini sono «fratelli tutti». È esattamente il titolo dell’ultima grande enciclica di Papa Francesco, di apertura assolutamente universale, al di là di ogni divisione e discriminazione, per qualsiasi motivo, a cominciare da una malintesa superiorità dovuta all’identità religiosa: «L’amore ci fa tendere verso la comunione universale. Nessuno matura né raggiunge la propria pienezza isolandosi. Per sua stessa dinamica, l’amore esige una progressiva apertura, maggiore capacità di accogliere gli altri, in un’avventura mai finita che fa convergere tutte le periferie verso un pieno senso di reciproca appartenenza. Gesù ci ha detto: “Voi siete tutti fratelli” (Mt 23, 8). Questo bisogno di andare oltre i propri limiti vale anche per le varie regioni e i vari Paesi. Di fatto, il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri» (Fratelli tutti, nn. 95-96).

Quando molti credenti in Cristo e le autorità della Chiesa che ne interpretano la fede, insieme a molte altre persone di diverse fedi e convinzioni, propongono che il crocifisso rimanga esposto nelle aule scolastiche (o in altri luoghi pubblici o sulle loro stesse persone), non mirano oggi in alcun modo a un’imposizione contraria alla libertà di qualcuno, ma all’offerta — attraverso questo simbolo unico — di quanto di più profondo e prezioso possono dare per la costruzione insieme agli altri di una società fraterna e per l’educazione dei giovani a essa”.  (Cfr. L’Osservatore Romano)

Ti invito a leggere tutto l’articolo e a fermarti con calma a pensare. Quanti segni e simboli incontriamo nella nostra vita attraverso i social, le vie informatiche di comunicazione, dalla pubblicità, a una foto, da una canzone a un racconto … ogni cosa esprime un pensiero. Siamo tutti attenti o forse distratti da non renderci conto che l’atteggiamento, le parole, o i messaggi subliminali dei social non siano negativi? Quali esempi seguiamo? Talvolta ci scandalizziamo di questo o quello e poi non ci accorgiamo di vivere di questi messaggi. Allora, un crocifisso dice non libertà?

Essere attenti, critici, in modo intelligente è segno di grande civiltà, ma lo siamo sempre o solo in ciò che ci fa comodo?

@unavoce

 

Foto di Copertina: Crocifisso Chiesa “Madonna di Loreto” – 15° Stormo