Il Mare e chi vi lavora

Tra qualche giorno, fella festa di san Benedetto Patrono d’Europa, ricorre la “domenica del mare” e voglio oggi e domani portare alla vostra attenzione il servizio delle Forze Armate. Iniziativa pensata per valorizzare il grande tesoro del mare, occasione per conoscere e rispettare. Il mare è anche il segno del confine della nostra terra ed è il porto di arrivo di molti e per salvaguardare, aiutare e rispettare tutto e tutti, le Forze Armate, nei suoi assetti specializzati, si occupa di questo settore dalla custodia del mare, al rispetto di esso e delle persone che vi lavorano, vivono e vi arrivano in differenti modi. 

In questa occasione, pertanto, oltre la preghiera per tutti i caduti in mare, di ogni provenienza o attività, vorrei portare all’attenzione dei lettori, in particolare, il servizio della Marina Militare delle Capitanerie di Porto e Guardia Costiera, e tutti questi reparti navali (CarabinieriGuardia di Finanza) che operano in mare per la sicurezza di tutti e il rispetto sia dell’ambiente che dei confini della nostra Patria. Lo faccio rimandandovi alle pagine dei siti dei rispettivi reparti e riproponendovi alcuni stralci di questo articolo che segue.

Il messaggio per questa domenica ci ricorda di “Non guardare solo al profitto ma ad aiutare chi vive lontano dagli affetti, garantendo il pieno rispetto dei loro diritti.

La pandemia ha cambiato il volto del mondo e anche quello del lavoro in mare che, nonostante le restrizioni, non si è mai fermato. E’ la prima indicazione che si evidenzia nel Messaggio del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale in occasione della Domenica del Mare, il prossimo 11 luglio. Le navi, infatti, “non hanno mai smesso di trasportare da un porto all’altro attrezzature mediche e medicinali essenziali per sostenere la lotta contro la diffusione del virus”. “Circa il 90% del commercio mondiale – si legge – si muove grazie alle navi o, più precisamente, 1,7 milioni di marittimi che vi lavorano”. Per questo – scrivono il cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero e monsignor Bruno Duffè, segretario – si ringrazia “la gente di mare”; una gratitudine che si trasforma in preghiera.

Non solo una semplice forza lavoro

Nel testo non si nasconde la “profonda contraddizione” che abita il mondo dell’industria marittima, “altamente globalizzata” ma percorsa dalla frammentarietà delle norme sui diritti e la protezione dei lavoratori. Da qui la richiesta del riconoscimento dei “lavoratori essenziali”, favorendo “i cambi di equipaggio” e dando priorità ad una politica chiara riguardo le vaccinazioni. Il dicastero non dimentica i gravi disagi di chi è rimasto bloccato a causa del Covid: circa 400mila persone al settembre 2020 che dovevano essere rimpatriate e invece sono rimaste lontane da casa anche per 18 mesi. La pandemia ha costretto a lavorare di più, influendo “sulla vita quotidiana delle loro famiglie”, generando “isolamento, solitudine, separazione e ansia per i propri cari lontani migliaia di chilometri, insieme all’incertezza del proprio futuro”. Fattori che “hanno aumentato lo stress fisico e psicologico a bordo delle navi, a volte con conseguenze tragiche”. L’invito è a guardare ai membri d’equipaggio non come una semplice “forza lavoro” ma come esseri umani, sviluppando così “pratiche lavorative, basate sulla dignità umana piuttosto che sul profitto”.

Soluzioni alla pirateria

Attenzione poi al fenomeno della pirateria che nella sostanza registra un decremento dei casi a fronte però dell’aumento della violenza nei confronti dell’equipaggio. “Si tratta – evidenzia il Messaggio – di sconfortanti richiami alla fragilità di un’industria marittima, già messa alla prova dalla pandemia”. E’ un fenomeno che mette a serio rischio la salute di chi lavora in mare, delle loro famiglie e sconvolge l’economia. “Chiediamo a tutti i governi e alle organizzazioni internazionali – si legge ancora – di individuare soluzioni durature al flagello della pirateria, consapevoli della necessità di affrontare il problema fondamentale della disuguaglianza nella distribuzione dei beni tra i paesi e dello sfruttamento delle risorse naturali”.

Abbandonati in mare

C’è anche un altro scenario preoccupante: l’abbandono delle navi e dell’equipaggio. Erano 40 le navi dismesse nel 2019, sono diventate 85 nel 2020. I marinai sono costretti a vivere in condizioni disumane e pertanto l’appello agli armatori è di attivare per loro “un’assicurazione obbligatoria a copertura dell’abbandono in mare, per il pagamento delle spese comprendenti vitto, acqua potabile, cure mediche e costi di rimpatrio”. In calo, sottolinea il Messaggio, il numero dei naufragi e degli incidenti marittimi “ma anche uno solo è troppo, soprattutto quando i marittimi vengono feriti, muoiono, sono dispersi in mare o vengono ingiustamente criminalizzati e detenuti a tempo indeterminato”. Una situazione che crea “disperazione nelle famiglie” perché “i bambini restano senza genitori e non c’è nessun luogo dove deporre un fiore e dire una preghiera”.

Apostoli fedeli

Il messaggio si conclude con un pensiero rivolto ai cappellani e ai volontari della Stella Maris che, in tempo di pandemia, sono sempre stati al servizio dei marittimi e dei pescatori. Si preghi – è l’invito – perché continuino ad essere “apostoli fedeli alla missione di annunciare il Vangelo”, manifestando “il volto premuroso della Chiesa che accoglie e si fa vicina anche a questa porzione del Popolo di Dio”. (Cfr. Vaticannews)

A tutto il personale e alle loro famiglie che, come in un avvento, aspettano con trepidazione e gioia il rientro dei loro cari, va il nostro pensiero e la nostra preghiera grata per il servizio che ogni giorno svolgono, dalle operazioni internazionali a quelle nazionali, dal servizio costiero a quello di emergenza, da quello di polizia e controllo a quello di supporto a tutte le realtà di lavoro e vita che il mare richiede.

@unavoce

 

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