che ricarica l’anima

 

Un’immagine simbolo, di questi tempi recenti che parla anzi grida più di mille parole, è questa che ho messo di copertina e l’ho scelta come sguardo da non dimenticare e per accompagnare queste povere parole che seguono.

Un tema questo che difficilmente ci tocca essendo i più di noi a non dover dirigere, governare o condurre una Chiesa, una Nazione, un’azienda … ma credo che sia un argomento che non dobbiamo dimenticare, pensando a chi ci governa, sia civilmente che religiosamente e nel nostro caso militarmente.

Ovviamente noi siamo pronti a puntare il dito a questo o a quello perché non fa bene il suo lavoro, perché non tiene presente le richieste, le problematiche, perché loro hanno ragione, fanno quello che vogliono e noi no … e potremmo continuare, ma nessuno si è mai chiesto quali e  quante problematiche debbano affrontare, quanti aspetti valutare prima di prendere una decisione con il rischio poi che non sia necessariamente la soluzione che ci piaccia o che sia la migliore, ma se alcuni di noi hanno questo compito, il nostro dovere, nella verità e nella giustizia, è di collaborazione, non dimenticando a quali responsabilità sono chiamati a quali pressioni, problemi, vicende, vengono a conoscenza e che non possono divulgare, ma devo verificare e seguire per dirigere, guidare, correggere e migliorare. Una solitudine pesante che richiede la nostra preghiera per loro.

Non basta dire scherzosamente o seriamente, peggio ancora, sono pagati per questo. Non c’è prezzo per una responsabilità così e non diciamo neppure, se fossi io farei questo o quello …  perché poi non lo faremmo o peggio faremmo danni, pertanto credo che il Capo qualunque esso sia, debba conoscere, ascoltare ed essere credibile, con il nostro sostegno e impegno. E’ una solitudine, quindi, che è verticistica, ma che non esclude la vicinanza alla base anche se talvolta formale o breve.

Nel libro “Se solo potessi…creare relazioni efficaci” – Max Formisano, Davide Tamboni, 2013, Gribaudi Edizioni – si legge in un passaggio: “Il capo, condannato a vivere al vertice di una piramide dove si aggira il vuoto dell’isolamento, si è chiuso in una trincea da cui tutti gli appaiono come nemici. E’ convinto di salvarsi allontanando il pericolo del contatto. Niente contaminazioni con chi gli sta vicino, perché potrebbero costituire un pericolo per la sua posizione.” (cfr. Se Solo potessi..)

La paura di essere giudicato, di non piacere, possono essere limiti, ma il capo deve fare la cosa giusta, che vada bene per tutti e per l’organizzazione stessa.

Sant’Ignazio e San Benedetto, potrei dire due Manager, hanno scritto, uno nelle Costituzioni dei Gesuiti, sulla scelta del Preposito Generale e l’altro, nella Regola Benedettina sulla scelta dell’Abate, alcune indicazioni per la scelta di queste figure di Capi e vi invito a leggerle, ne vi sorprenderanno.

Difficilmente pensiamo a questa solitudine che si crea, solitudine necessaria, ma che non deve essere schiva, ma rispettosa e non superficiale. Il capo ascolta, valuta e poi decide. Raccontano che Paolo Vi quando aveva in udienza qualcuno: “il mondo attorno si spegneva era tutto dedito al suo ospite”, ascoltava e poi con il bagaglio delle notizie e conoscenze, decideva. Il nostro compito, pertanto, ed è il motivo per cui ho voluto fare un articolo del genere, è quello di supportare, ognuno al suo livello, secondo le proprie competenze e ruoli, chi è chiamato a governare, dando notizie oneste, vere e utili perché il capo possa avere un quadro generale per poter fare la scelta il più possibile giusta. Credo che noi tutti siamo portati troppo spesso a puntare il dito, a giudicare senza metterci nei panni di chi ci governa.

Tutti siamo chiamati, in modi diversi e in ambiti differenti, a responsabilità che ci interrogano, impariamo, allora, ad essere veri servitori di quello che siamo: padri o madri, educatori, insegnati, capi di governo, parroci, vescovi o papi, direttori di aziende piccole o grandi … tutti dobbiamo rapportarci con altri e cercare la strada per vivere insieme nella giustizia, nella pace e nel modo più bello che possiamo inventarci, per tutti, senza invide, distinzioni, ma creando il nostro futuro con la preparazione e la formazione.

Diamo fiducia ai nostri vertici, della vita sociale, politica, religiosa, lavorativa, aiutiamoli con onestà, con loro lavoriamo insieme con intelligenza per il bene di tutti. Insieme, non soli, ma ognuno con il suo bagaglio culturale, umano e spirituale che ha e che si è creato. Tutti abbiamo doni da mettere in comunione e insieme, con rispetto saremo una grande famiglia, la famiglia umana. Una solitudine solo di responsabilità, ma con uno sguardo che parte dal cuore, dove  le differenze culturali, civili, religiose, politiche non sono limite ma ricchezza. Diversi, ma uniti, con lo sguardo nella stessa direzione, trasformando la solitudine in un’avventura condivisa. Cerchiamo allora la solitudine che ricarica il cuore e l’anima, non lasciamo soli chi ha responsabilità e doneremo pace a noi e agli altri e educheremo alla pace.

@unavoce

 

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