La Solitudine

 

«Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo» (GS 41)

«Per vivere una vita spirituale noi dobbiamo anzitutto trovare il coraggio di entrare nel deserto del nostro isolamento, trasformandolo con sforzi gentili e persistenti in un giardino di solitudine» (H.J.M. Nouwen, I tre movimenti della vita spirituale. Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo)

Ci inoltriamo oggi in un argomento non facile, già la parola solitudine ci mette ansia, ci crea problema, ma vorrei proporvi qui una lettura che mi permetto solo d’introdurre con una mia semplice considerazione per offrivi una riflessione tecnica per chi vuole crescere nel cammino cristiano.

Solitudine non è e non vuole essere assenza di altre persone nella vita, non vuole neppure essere un modo elegante per tirarsi fuori dagli impegni e dai doveri e non è neppure un atteggiamento che voglia coprire timidezza o altro, ma una solitudine ricca piena che ricarica il cuore e la mente le forze fisiche e spirituali. Solitudine che è prendere consapevolezza di chi siamo e dove vogliamo andare. Il nostro mondo ci bombarda di notizie di strumenti che ci tengono collegati e interconnessi con tutto e tutti e il rischio è di fermarci all’immagine a quello che appare a quello che ci soddisfa al momento e ciò che è fatica, impegno, riflessione cerchiamo di scartarlo, di evitarlo, di rimandarlo. Qui vorrei suggerirvi di trovare tempo per voi stessi organizzando le giornate perché altrimenti al vita diventa una corsa continua contro il tempo un sommarsi di mille attività che non ci permettono di pensare e ragionare sulle cose. Il silenzio come la solitudine sono un bagaglio indispensabile per la nostra vita. 

“Abbiamo istintivamente allergia alla solitudine, perché si riempie di spettri, di difficoltà, di vuoto, di paura; è l’immagine ordinaria e quotidiana della solitudine… Mi assumo il compito e la funzione da giardiniere per aiutare la fragile pianta della solitudine a mettere radici e a crescere vigorosa. Perché Dio non va cercato sopra il mondo o al di là delle stelle, come un essere astrale e lontano, cioè come una parte del mondo materiale e naturale. Bisogna invece cercare Dio nella profondità, il che significa nella direzione del profondamente infinito e inesauribile di ogni esistenza, in primo luogo dell’esistenza umana.
Qui ricorre l’aiuto della solitudine, che fa comprendere come il profondo, dove Dio va cercato, non è affatto una realtà spaziale, ma ciò che investe incondizionatamente il nostro essere, ciò che incondizionatamente dobbiamo prendere sul serio.
Colgo nella solitudine tre funzioni particolari”. (cfr. A. Martinelli)

La capacità di vedere la realtà nelle molteplici dimensioni, Il superamento del formalismo, Luogo e momento più confacente alla mistagogia (= portare, guidare qualcuno a considerare le realtà sacre)

“… La capacità di vedere la realtà nelle molteplici dimensioni. Innanzitutto quelle non oggettivabili, come ad esempio le esperienze della gioia, della felicità, dell’angoscia, della disperazione, dell’amore, del fallimento, della crisi. La solitudine incoraggia l’uomo a cercare appassionatamente il senso della vita e a prendere sul serio i grandi problemi esistenziali nei quali si è confrontati con la dimensione dell’assoluto e dell’incondizionato…
Il superamento del formalismo. La realtà ha sempre due possibili approcci, almeno. Una immediata, diremmo oggettiva e verificabile; ed una seconda meno immediata perché più essenziale e non osservabile: è da scoprire. Il passaggio dall’aspetto immediato a quello profondo è provocato da una parola, da un gesto, da una situazione, da una pausa, che funzionano come comprensione nuova di quanto sembrava già del tutto conosciuto, come indicatore di ciò che è al di là della esperienza immediata…

Luogo e momento più confacente alla mistagogia. Il giovane immerso nel mondo attuale, in una situazione personale definita come frammentata e soggettivata, in un contesto che tende a ridurre l’orizzonte dell’esistenza alle dimensioni immediate e sensibili, trova particolare difficoltà a vivere il quotidiano come esperienza di incontro con un totalmente altro da sé. Le esperienze hanno il respiro corto, come la sua progettualità. La solitudine potrà aprire ad una nuova mistagogia dell’esperienza. La solitudine svolge in questo clima una funzione di aiuto, di assistenza, di illuminazione. In tutte le grandi dimensioni della sua esistenza l’uomo è confrontato concretamente con la problematica dell’assoluto e del mistero. Sarà importante che non perda i contatti con le sue reali esperienze che lo aprono al di là del suo mondo, lasciandosi disperdere dalla superficialità…”. (cfr. A. Martinelli)

Come dicevamo in apertura, avrebbe potuto suonare strano parlare di solitudine in senso positivo, ma come abbiamo visto nell’articolo che vi ho citato e che potrete leggere nella sua interezza, quando si sceglie volontariamente di rimanere da soli con uno scopo, allora la condizione di solitudine è vissuta in maniera positiva e può esserci utile per sgomberare il proprio cuore e capire cosa vogliamo davvero. Una ricerca di confronto interiore per dialogare con se stessi e capire in silenzio qualcosa di più su se stessi e sulla propria vita è fondamentale per diventare protagonisti della nostra storia e collaboratori attivi in quella del mondo.  Creati questo spazio, cercalo, salvalo, può essere anche solo un momento, una parentesi nel corso di una giornata per ritemprarsi dalla stanchezza e recuperare le proprie energie, ma tempo indispensabile. Disconnettiti, di tanto in tanto e rimani solo con te stesso, cerca il “vento leggero”, perché lì il Signore parlerà al tuo cuore.

«Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna…”. (1° Re 19,9-13)

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