Ciò che è importante

 

“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti” (L.Pirandello)

“Essere la trasparenza di Cristo e del suo volto, è la ragione d’essere della Chiesa, la sua identità più profonda, la sua missione fondamentale. Gli uomini hanno l’inalienabile diritto di potere vedere sul volto della Chiesa, il volto del suo Signore, perché, in essa e per mezzo di essa, possano vederlo e contemplarlo”. (cfr. Card. J. S. Martins)

“Voglio cercare il tuo volto, voglio imparare a trovarlo e a mostrarlo, voglio essere capace di scoprirti nelle cose normali della mia vita, di accorgermi che sei Tu, per davvero”. (cfr. J. Diéguez)

 

Nell’anno centenario della nascita di Luigi Pirandello, premio Nobel per la letteratura e uno dei massi esponenti teatrali del Novecento, vorrei cogliere l’occasione, per intrattenermi con voi per riflettere sulla vita. Uno dei suoi romanzi più famosi: “Uno, nessuno, centomila” ci aiuta a riflettere su un elemento che in questo ultimo anno e mezzo, causa l’emergenza sanitaria, è venuto di necessita e moda ormai: le maschere sul viso.

“Al di là del tema sanitario, questa emergenza ci ha messo davanti il tema del mascherarsi, di apparire parzialmente all’esterno, o comunque diversamente da come si è in realtà. Ad esempio, durante le lauree effettuate in videoconferenza su Skype o durante il lavoro in smart working, avviene una sorta di mascheramento. Una parte del corpo o del volto esibita attraverso la videocamera di un tablet o un computer è valorizzato e curato, mentre l’altra non visibile all’esterno spesso viene non curato, lasciato in tenuta casalinga. Tutto ciò ci ricorda il tema della finzione pirandelliana”. (cfr. G. Lupo)

Ora, partendo da questa considerazione, vorrei ricordare a me e a voi che molte volte senza accorgerci ci siamo abituati ad assumere comportamenti diversi a seconda delle diverse situazioni e circostanze. 

“Per Luigi Pirandello le maschere rappresentano la frantumazione dell’io in identità molteplici ed un adattamento dell’individuo sulla base del contesto e della situazione sociale in cui si trova. Pirandello faceva la distinzione tra l’essere e l’apparire di ciascun uomo. L’autore parlava di “recita del mondo”: l’umanità viveva in un perenne palcoscenico, costretta a comportarsi in un certo modo. Ciò comportava secondo Pirandello una schizofrenia tra l’essere e l’apparire”. (cfr. G. Lupo)

Ora un rimando alla trama del romanzo per chi non lo ricorda, per poi chiudere con una semplice riflessione. “Il protagonista di questa vicenda, Vitangelo Moscarda, chiamato Gengè dalla moglie, è una persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca del padre (che è conosciuto come usuraio) e vive di rendita. Un giorno, tuttavia, in seguito all’osservazione da parte della moglie la quale gli dice che il suo naso è leggermente storto, incomincia ad avere una crisi di identità, e rendersi conto che lui non è unico. Scoprendo di essere considerato dai paesani un usuraio come il padre, decide di cambiare vita, anche a costo della propria rovina economica e contro il volere della moglie che nel frattempo è andata via di casa. In questo suo gesto c’è il desiderio di un’opera di carità, ma anche quello di non essere considerato più dalla moglie come una marionetta. Anche Anna Rosa, un’amica della moglie che lui conosce poco, gli racconta di aver fatto di tutto per far intendere a sua moglie che Vitangelo non era lo sciocco che lei immaginava e che non c’era in lui il male. Il protagonista arriverà alla follia in un ospizio, dove però si sentirà libero da ogni regola, in quanto le sue sensazioni lo porteranno a vedere il mondo da un’altra prospettiva. Vitangelo Moscarda conclude che, per uscire dalla prigione in cui la vita rinchiude, non basta cambiare nome, perché la vita è una continua evoluzione, il nome rappresenta la morte. Dunque, l’unico modo per vivere in ogni istante è vivere attimo per attimo la vita, rinascendo continuamente in modo diverso”. (cfr. Wikipedia)

Questa emergenza sanitari, quindi, ha portato ancora più in evidenza questo aspetto della nostra vita e della nostra società moderna, “il nostro essere fragili e non intoccabili, sia le nostre paure, facendoci capire ciò che è importante nella vita e ciò che è invece secondario”. (cfr. G. Lupo)

Cari amici, tutti indossiamo una maschera per apparire diversi da quello che siamo, per motivi di lavoro, per motivi di estetica, per motivi di riservatezza … ognuno di noi indossa una finzione per paura, perché lo impone la società, per il pensiero comune e anche quelli che si ritengono liberi da questi condizionamenti sociali, morali, politici, religiosi … indossa la sua maschera di libero, ma libero non è. Il protagonista del romanzo dello scrittore Agrigentino, ci suggerisce che la vera libertà è poter vedere il mondo in un’altra prospettiva.

Vi ho citato Pirandello, una figura laica, per stuzzicare la vostra curiosità, per addentrarci nella vita quotidiana attraverso elementi diversi che però a un cuore attento possono educarci a vedere il mondo da un’altra prospettiva e io vi dico quella di Dio.

La prospettiva di Dio è la prospettiva dell’amore, della carità, dell’essere gli uni per gli altri. La prospettiva diversa che Gesù ci offre, con la sua vita, è quella di rinascere ogni volta, quella di lasciarci rinnovare da Lui, quella della Risurrezione.

Impariamo dal Vangelo a vivere senza maschera, ad essere persone libere, dove la libertà è sapere che Cristo ci ha salvati, che Lui ci ama, che il Signore cammina con noi. Se una maschera dobbiamo mettere che abbia il volto di Cristo, non per fingere, ma per educarci a vivere come Lui e a diventare volto di Lui e non maschera.

@unavoce

 

Foto di Copertina: L’icona più antica di Cristo Pantocratore, conservata nel Monastero di Santa Caterina (Egitto), l’autore è sconosciuto.