Accompagnare

Amare, una parola ricca e povera nello stesso tempo, difficile, sofferta ma che è il fulcro della natura umana e della sua vita. Un aspetto che ci accompagnerà per tutta la nostra esistenza in modi e intensità diverse ma sempre un aspetto che coinvolgerà il singolo, la coppia, il gruppo, la società. Amore a più livelli e con differenti sfaccettature, dall’amore per un’altra persona in modo intimo a quello amicale, a quello professionale, spirituale … ma sempre di amore, di coinvolgimento dall’esteriore all’interiore, dall’attrazione fisica a quella mentale e spirituale.

Una delle età più difficile è sicuramente, ma non è una esclusiva, è quella dell’adolescenza e della giovinezza, dove la passione la fa da padrona e la testa meno, ma questo non toglie l’aspetto della sofferenza. E’ un momento delicato della vita dei giovani, un dolore che diventa non solo spirituale, ma fisico. Quando si ma si soffre.

Amare è meraviglioso ma anche doloroso e potremmo citare autori di tutti i tempi e di ogni fazione che ci ricordano amore e pene d’amore, il motivo per cui oggi mi soffermo, solo accennando, a un tema complesso e che può essere visto secondo differenti luci è perché la nostra presenza in questa Chiesa tra i Militari è al settanta per cento rivolta ai giovani in servizio e la percentuale aumenta se contiamo i figli dei dipendenti. Pertanto senza nessuna pretesa accademica, ma con il cuore e la poca esperienza, offrire lo spunto per verificare noi stessi e avere un occhio attento attorno a noi.

Giovani, giovinezza, una stagione della vita stupenda, ricca di entusiasmo, con voglia di fare, di sperimentare, di progettare, di discutere, reagire ma anche di creare, andare, amare con passione che da una curiosità fisica passa a quella mentale e di convivenza, di confronto.

Dovrebbe essere al contrario? Si, forse, ma non si può gestire la natura, certo la si può educare ma se questo non avviene allora che si fa, abbandoniamo la guida, la vicinanza, facciamo prediche che ci allontanano? Non svendo il prodotto ma mi fermo come amico e compagno, collega e fratello per parlare, per stare vicino, talvolta in silenzio e con rispetto ma vicino cogliendo il momento dove poter inserirmi e offrire una spalla per piangere, una parola per riflettere, una guida nella reazione.

Sta di fatto che senza amore non si vive, nessuna vita, nessuna esperienza e questo anima il cuore, la mente, i sentimenti facendoci compiere azioni talvolta insensate ma si sa che quando si è innamorati si è ipnotizzati e gli amici, la famiglia, gli educatori, grandi e meno, diventano la vera cura.

Nel dolore ci si isola, nella gioia si fa festa, nella passione si fugge, allora lo sguardo paziente, amorevole, attento, accompagna e guida la pazienza e l’attesa educa più di consigli e parole, esperienze insieme, tempo impegnato con chi è nel cammino della vita e vive la sua vita con intensità, emozioni, sentimenti forti o lenti. Un tempo dove si vola alto e dove si cade nel burrone, dove ti senti un dio greco e dove perdi fiducia e stima in te stesso.

L’amore provoca differenti sentimenti, gioia, gelosia, rabbia sino a quando finisce e da dolore, tristezza, senso di vuoto perché la persona che è accanto a te è indispensabile e non puoi farne a meno e quando questa presenza s’interrompe, per motivi differenti, ti accorgi di essere dipendente e ti trovi svuotato. E’ la nostra natura.

La teoria è che l’amore deve lasciare libero, non deve essere geloso, ossessivo … e potremmo continuare ma dobbiamo fare i conti con la realtà delle persone che anche formandole, educandole, coinvolgendole passano da questa esperienza e solo dopo si riesce a fare alzare lo sguardo e vivere l’amore e il tempo dell’innamoramento come una vera avventura meravigliosa che li porterà a camminare insieme, ad affrontare difficoltà e vivere gioie insieme. Per vivere questo bisogna esserci, non mancare, vivere accanto, coltivare amicizia, rispetto collaborazione, lavoro, festa … solo allora e solo dopo sarai una spalla su cui piangere e una parola che può risollevare.

Un esperienza che tutti fanno e dalla quale tutti dobbiamo passare, cosa fare per chi più grande, per chi ha fatto già questa esperienza?  Come dicevo, bisogna esserci, coltivare vere amicizie, accompagnare chi si trova in questo momento cruciale, aiutando a non perdere la speranza, guidando e affiancando nell’impegno. E’ quello che tutti a tutti i livelli possiamo e dobbiamo fare: non lasciare soli nessuno. Pur cercando la solitudine e l’isolamento di queste persone che sono nel dolore, trovare occasioni di presenza per confortare, assistere, guidare offrire spunti di riflessione che fanno piangere ma aiutandoli a vedere oltre attraverso la musica, il cinema, la lettura, la vita sociale e spirituale, recuperando il senso vero dell’amore che si dona, che combatte, che nonostante le cadute prosegue il cammino. Recuperare la fiducia nell’umanità, la speranza di un cammino nuovo, l’autostima, il coraggio, l’impegno e la fatica, confrontandosi, in una parola essere accanto come amico rispettoso.

Ognuno potrebbe raccontare la sua storia e portare i suoi consigli, io qui voglio solo ricordare a me e a chi vive a contato con le nuove generazioni che prima delle parole, c’è la presenza, l’esempio, il condividere una festa o un lavoro … e poi e solo dopo fermarci e condividere il pane e la Parola. Gesù prima risana, prima perdona, prima visita cammina e poi invita, si ferma, offre la sua Parola.

Prima amico e compagno poi guida e riferimento.

@unavoce

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