I segni della festa
Questo giorno solenne a metà del cammino di Avvento segna l’inizio delle festività natalizie, infatti, da tradizione, si addobbano gli alberi di Natale e si preparano i presepi. Un giorno in cui la famiglia è tutta raccolta in casa a vivere questo momento dei preparativi, con la speranza che queste tradizioni possano sopravvivere, danno spessore, creano famigliarità, unità amore. Anche nella nostra comunità, in questa giornata di festa, al termine della celebrazione, inaugureremo i Presepi in Chiesa e all’esterno, l’albero e benediremo i Bambinelli che verranno posti nei presepi delle singole famiglie.
Alcune notizie sull’albero e un commento alla solennità di oggi, saranno i nostri compagni di lettura.
“L’albero di Natale ha anche un’origine religiosa. Nei secoli precedenti, in una data precisa dell’anno, si era soliti bruciare un pino. Esso creava una gran luce che faceva rifermento a Gesù e a Dio, in quanto l’albero rappresentava Dio come una linfa vitale e la Chiesa, vista come un giardino voluto sulla Terra da Dio. Per tradizione i regali di Natale vengono posti sotto l’albero come omaggio a Dio che ci ha fatto un dono venendo sulla Terra in forma di uomo. Pertanto, l’albero di Natale diventa un modo per ricordare il Signore e rendergli omaggio.
La leggenda sull’albero di Natale. “In un remoto villaggio di campagna, la Vigilia di Natale, un ragazzino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione, nella notte Santa. Si attardò più del previsto e, sopraggiunta l’oscurità, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta incominciò a cadere una fitta neve. Il ragazzo si sentì assalire dall’angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare. Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete. Sopraggiunta una grande stanchezza, il piccolo si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco; l’albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far loro toccare il suolo in modo da formare come una capanna che proteggesse dalla neve e dal freddo il bambino. La mattina si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo ricovero, poté con grande gioia riabbracciare i suoi compaesani. Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, che la piana aveva piegato fino a terra, aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole che stava sorgendo, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile. In ricordo di quel fatto, l’abete venne adottato come simbolo del Natale e, da allora, in tutte le case, viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno”. (cfr.gazzettadellavaldagri)
La meditazione alla festa è presa da una omelia di don Tonino Bello, il Vescovo di Molfetta di cui il Papa ha autorizzato i decreti sulle virtù eroiche, che ci possa accompagnare a vivere questa giornata e questo tempo di attesa.
“Immacolata Concezione, una «pro-vocazione» Oggi l’Avvento c’impegna invece a prendere la storia in mano, a mettere le mani sul timone della storia attraverso la preghiera, l’impegno e starei per dire anche l’indignazione: indignatevi un po’, fratelli e sorelle! Indignatevi, perché abbiamo perso questa capacità; anche noi sacerdoti, anche noi vescovi, non ci sappiamo più indignare per tanti soprusi, tante ingiustizie, tante violenze … Tutto quello che viviamo ora, qui, non è solo una simbologia. Vorrei dirvi, cari fratelli, che questi ragazzi, Antonio e Stefano e poi Barbara e Francesca e Lorella e Miriam, devono diventare per noi una provocazione, uno scrupolo, una spina di inappagamento, messa nel fianco della nostra vita, un’icona, una «pro-vocazione», una chiamata da parte di chi sta un po’ più avanti. Con i gesti anche paradossali delle scelte audaci, ci stimolano ad essere uomini dell’attesa come Maria; ci spingono a non diffidare mai dei sogni, per essere capaci sempre di annunciare al mondo rovesciamenti da troni e innalzamenti dello stereo, come Maria, donna dell’attesa, che ha aspettato questa ricollocazione sui troni della giustizia per tutti coloro che, invece, vivono nel fetore delle stalle e nel sopruso degli egemoni, che schiacciano sempre la gente. Attesa, attesa, ma di che? Che cosa aspettiamo? Aspettiamo prima di tutto un cambio per noi, per la nostra vita spirituale, interiore, e poi avvertiamo che stiamo camminando su speroni pericolosi, su rocce che possono farci ruzzolare da un momento all’altro. Forse abbiamo assunto un modo non proprio allineato alla logica delle beatitudini… CONTINUA”
(cfr. Don Tonino Bello, Avvento e Natale. Oltre il futuro, Padova, Messaggero, 2007)