Il nostro ruolo

 

Ci sono tre tipologie di leader. Quelli che ti dicono cosa fare. Quelli che ti lasciano fare ciò che vuoi. E i leader “lean” che vengono da te e ti aiutano a scoprire cosa fare.
 (John Shook)

Un capo da la colpa, un leader corregge gli errori.
 (R.H. Ewing)

Comandare non significa dominare, ma compiere un dovere.
 (Lucio Anneo Seneca)

 

L’avvicinarsi della Pasqua, ci impone di non perderci tra le mille cose da fare, ma trovare tempo per fermarci a riflettere anche su noi stessi, anzi soprattutto sul nostro stile di vita, su come affrontiamo e viviamo la nostra vita lavorativa e personale, famigliare e comunitaria.

Una riflessione che diventa occasione anche per creare un momento di “azione morale”  a noi che lavoriamo a difesa della Pace e mai come in questi tempi bui dove la ragione sembra essersi persa nelle cattiverie e logiche di guerra è e diventa l’occasione per noi per rivedere come serviamo la pace, come viviamo la nostra vocazione a servirla tra le fila delle Forze Armate, pertanto credo sia importante rivedere la nostra Leadership, attività che non è riservata solo ai comandanti, ma ad ognuno di noi, secondo i singoli impegni e ruoli. Vi rimando ad un articolo già apparso su queste pagine, ma oggi qui riprendo il discorso per sottolineare modi e stili che devono essere rivisti necessariamente per essere persone vere e credibili e non degli sciocchi presuntuosi che pensano di avere ragione anche quando questa viene meno ho viene usta in modo limitato e  a senso unico, cadendo nella goffaggine.

Comandare non è di tutti e non è per tutti, ma in alcune nostre organizzazioni capita anche a persone che forse avrebbero dovuto avere altre occupazioni. Detto questo a premessa, credo sia importante comunque che chi si trova a dover compiere questo servizio – e non a caso lo chiamo così perché non ci sfugga lo specifico di questa nostra vita – ci ricordi alcuni elementi caratterizzanti: Servizio, Preparazione, Modalità.

Servizio: Non bisogna mai dimenticare che questo ruolo è un servizio verso altre persone, pertanto al centro deve sempre esserci la persona e il suo bene, insieme ai suoi doveri, un servizio che è per la collettività, ma che non deve mancare di attenzione verso i singoli.

Preparazione: Comandare significa conoscere, avere esperienza, non avere lacune e limiti nella propria vita, non si può dire o predicare una cosa che non si vive, esempio: se pretendiamo puntualità, dobbiamo essere puntuali, se pretendiamo professionalità, lo dobbiamo essere noi prima e fare i forti con i deboli e viceversa non è professionalità. Puntare una persona con atteggiamenti che rasentano il mobbing o lo stalking, ecc. non è professionalità, anche se una persona può non piacerci, quello che conta è come svolge il suo incarico, il suo servizio, senza trovare difetti costruiti o far diventare un errore marginale un elemento fondamentale e viceversa, questo significa non sapere valutare, non sapere educare, non sapere dare il giusto peso alle situazioni. Richiamare in modo severo per una gravità minima non educa, ma esagera ogni linea, pertanto dovrà deve essere proporzionata e sapere minimizzare, solo così pone chi ha sbagliato in posizione per migliorare, viceversa incattivirà e chiuderà il cuore e la mente non svolgendo l’incarico in modo fruttuoso e allontanandosi una persona. L’autorità che svolgiamo deve essere autorevole non autoritaria, altrimenti dirà i nostri limiti e non il nostro servizio.

Modalità : Comandare significa non solo organizzare, pianificare e dare ordini, ma anche verificare, educare, spiegare e ogni volta riprendere da capo se vogliamo che il servizio sia efficace, ovviamente il richiamo o l’errore vanno evidenziati, ma punire al fine di sembrare bravi noi farà di noi solo degli stolti presuntosi  ma persone che rivelano incapacità e limiti. Ogni errore di un nostro uomo è un fallimento personale.  

Per superare i limiti del comando, la cosa che sicuramente dobbiamo fare è conoscere le persone, sapere della loro vita è dei loro problemi e non basta che svolgano il loro incarico ma interessarci anche alla loro vita. Questo accade in una catena di montaggio, ma in un lavoro/servizio come molti nella nostra società, conoscere le persone che con cui lavoriamo o quelle a cui dobbiamo attendere sarà fondamentale.

Purtroppo in alcuni nostri ambienti di servizio laico o religioso mancano questi elementi e troviamo in posizione di responsabilità persone irresponsabili e incapaci del ruolo assegnato, solo perché più grandi, questi non porta efficienza all’organizzazione ne al servizio e tanto meno alle singole persone.

Ora, detto questo, sarà importate che ognuno di noi riveda i suoi modi e il suo ruolo di superiore, educatore, comandante, responsabile che sia in famiglia o sul lavoro, nella società o nel gruppo, facendosi un vero esame personale riconoscendo i propri limiti e non riversandoli su altri. 

Una sana dose di umiltà ci aiuterà a vivere sereni, capaci di educare è comandare meglio. Severità non significa non vedere oltre, bontà non vuol dire far passare ogni cosa, ma equilibrio, valutazione della situazione, amorevolezza e serenità, aiuteranno a vivere e svolgere i nostri compiti. Per far questo si dovrà essere in pace con se stessi e se qualche problema pesa nel cuore di chi è chiamato a un ruolo di responsabilità, non gravi sui collaboratori, i dipendenti, fedeli o comunità che si serve. 

“La sfida della leadership è di essere forte, ma non brutale; gentile, ma non debole; temerario ma non prepotente; riflessivo, ma non pigro; umile, ma non timido; fiero, ma non arrogante; dotato di umorismo; ma senza follia”.
(Jim Rohn)

Comandare o non comandare? Non è questo il problema il vero interesse deve essere quello di educare ma per essere educatore devi essere persona competente, seria responsabile e capace di vedere con il cuore e non solo con gli occhi e la tua credibilità ed autorità sarà autorevolezza e la stima che guadagnerai aiuterà il tuo ruolo e il tuo servizio.

@unavoce

 

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