agli occhi di Dio

 

 “Non c’è giudeo né greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3, 28)

 

Tutti uguali? SI!, nella dignità, nel rispetto, nelle possibilità questo è il fondamento della vita umana e non solo di quella religiosa. “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune” (Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 26 agosto 1789, art. 1) – “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, 10 dicembre 1948, art. 1) – “Tutti gli uomini, dotati di un’anima razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti, redenti da Cristo, godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino: è necessario perciò riconoscere ognor più la fondamentale uguaglianza fra tutti” (Gaudium et spes, 29, 7 dicembre 1965)

Tutti uguali con le stesse opportunità è l’obiettivo da ricercare sempre a qualsiasi livello, ma tutti uguali non significa fare tutti la stessa cosa, semmai mettere tutti nella posizione affinché ognuno, secondo il suo ruolo e la sua vocazione, possa realizzare la vita.

Il Papa ci ha ricordato in una recente catechesi che siamo tutti uguali e il Battesimo per noi cristiani è l’inizio di questa uguaglianza, ma uguali nel servire, questo è il fondamento. Più abbiamo responsabilità nella società e più questo deve essere chiaro. In tutto questo però non dobbiamo dimenticare, e sarebbe da sciocco non ricordarcelo, che facciamo delle scelte anche libere nella nostra vita, quindi se uno decide un percorso deve perseguirlo ed essere felice in quello che fa dando il meglio ricordandosi che attraverso l’umiltà e il servizio onesto in quello che fa, c’è la vera libertà e la vera sequela al Vangelo.

Tutti uguali quindi? Si!, ma non tutti nello stesso modo. Non voglio certo creare confusione quindi leggete bene e con attenzione le mie parole non fraintendetele. Dio ci ha creati unici e irripetibili e con carismi e doni differenti che vanno messi in comune per ottenere questo risultato di “tutti uguali”.

Ora, se uno studia ottiene i risultati, non può pretendere il “tutti uguali” come negli anni della contestazione con il 18 politico all’università, se non studia se non si applica. L’impegno deve essere premiato ovviamente questo non deve porre distinzione nel rispetto e nelle opportunità, perché come dicevamo ognuno è libero di scegliere il suo cammino, ma pretendere senza impegnarsi allora non è uguaglianza ma opportunismo.

Per tutti noi dobbiamo creare le opportunità, per riuscire nella vita, per poter realizzarsi con il diritto allo studio, al lavoro, alla libertà, alla pace, alla salute … ma nel rispetto e non solo delle regole fondamentali comuni di una convivenza umana, ma dei singoli. Le regole che abbiamo nel mondo e nelle varie società devono scaturire da questa convinzione profonda e non a dispetto a discapito di alcuni. Quindi carriere e successi, promozioni e avanzamenti nel vivere ci devono essere per tutti, senza condizionamenti di razza, cultura o religione e con l’umiltà di conoscere e riconoscere i nostri pregi, ma anche i nostri limiti perché non tutti adatti a tutto ma tutti impegnati a diventare quello che Dio ha pensato per ognuno.

La diversità dei carismi, delle doti, delle capacità non devono essere occasione di umiliazione e litigi, di distanze o guerre, ma ricchezza da condividere per il bene comune.

Dio ama tutti ed è morto sulla Croce per tutti, ma ha scelto dodici apostoli per guidare la comunità e all’interno di essa tutti impegnati nell’Evangelizzare ognuno secondo i suoi carismi e con dei compiti precisi. All’interno dei dodici poi altre figure, di uomini e di donne, incontriamo tutti impegnati a annunciare il Vangelo di Cristo secondo le loro caratteristiche e con servizi e mansioni differenti sotto la guida di Pietro.

“Una chiamata “che abilita a svolgere in modo attivo e creativo il proprio compito apostolico, in seno a una Chiesa in cui ‘c’è diversità di ministero ma unità di missione’, chiarisce il Papa citando il Decreto Apostolicam actuositatem del Concilio Vaticano II, dove si legge che come “gli apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l’ufficio di insegnare, reggere e santificare in suo nome e con la sua autorità”, così “anche i laici, essendo partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, all’interno della missione di tutto il popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo”. Si tratta di un compito che ha un suo proprio valore.” (cfr. VaticaNews)

Questa sottolineatura non per far polemica, non è questo lo scopo, ma per sottolineare ed evidenziare le parole del Papa che ci ricorda quali atteggiamenti mettere in gioco o rimettere in movimento per vivere la vita in modo pieno e secondo il disegno originale di Dio. Una uguaglianza vissuta nell’umiltà soprattutto per chi nella società è chiamato a ruoli di guida senza dimenticare che il servire e il servirci a vicenda poterà l’umanità a vivere il Regno di Dio che dobbiamo insieme costruire e riconoscere ogni giorno, per tutta l’umanità in ugual misura con gli stesi diritti e i medesimi doveri e noi per noi cristiani è un impegno ancor più gravoso.

L’uguaglianza non è quella banale ma quella che non crea ghetti, che non discrimina, che non isola, quindi una uguaglianza del cuore e della vita a cui dobbiamo tendere e contribuire nel rispetto delle singole scelte, non quelle costrette ma quelle a cui ognuno può decidere. Lavorare tutti, secondo il suo ruolo, a costruire questo cammino comune.

Davanti a Dio tutti uguali è l’obiettivo e anche davanti agli uomini, ma con il personale impegno a seguire ognuno la propria vocazione vivendola in modo pieno, felice e costruttivo.

“Ebbene, in una società come la nostra, caratterizzata da relazioni fragili, conflittuali e di tipo consumistico, i cristiani sono chiamati a vivere una differenza proprio nella qualità delle relazioni, divenendo quella comunità alternativa che esprima, a favore di tutti gli uomini, la possibilità di relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal perdono reciproco. In questo consiste a mio avviso la «differenza cristiana», una differenza che chiede oggi alla Chiesa di saper dare forma visibile e vivibile a comunità plasmate dal Vangelo: nella costruzione di una vera communitas il cristianesimo mostra la propria eloquenza e il proprio vigore, e dà un contributo peculiare alla società civile in cerca di progetti e idee per l’edificazione di una città veramente a misura d’uomo. Né si può dimenticare che proprio con la capacità di originare forme di vita comunitaria, inventando strutture di governo ispirate a corresponsabilità, rapporti di autorità vissuti come servizio, il cristianesimo mostra la sua vitalità storica e svolge un’importante diaconia per la società civile. Questa «differenza cristiana», infine, deve esprimersi soprattutto nell’attenzione ai poveri, agli ultimi: Gesù ha infatti detto con chiarezza che saranno proprio i poveri il metro del giudizio finale (cfr. Mt 25, 31-46). Di più, per noi cristiani i poveri sono certamente il sacramento di Cristo (cfr. 2Cor 8, 9), ma sono anche «il sacramento del peccato del mondo»9, e nell’atteggiamento verso di essi si misura la nostra fedeltà al Signore e il nostro vivere nel mondo quale corpo di Cristo. Sì, a mio avviso è decisivo che i cristiani oggi si esercitino più che mai, insieme agli altri uomini, nel cercare vie in cui l’uguaglianza dei diritti e della dignità delle persone, l’uguaglianza economica, l’uguaglianza di tutti i cittadini, a qualunque fede o etica appartengano, possa trovare realizzazione nella polis: su questo si gioca ancora una volta la loro fedeltà al Vangelo. (cfr. E. Binachi)

Per noi cristiani, l’appello del Papa, che ho voluto commentare con semplicità e senza polemiche o intuizioni sconvolgenti, è determinante e fondamentale per rimanere nel e con il Vangelo di Cristo.

@unavoce

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