Liturgia della Parola
L’umile è colui che ha i piedi per terra
XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime”. (Mt 11, 29)
Lasciamoci affrancare nella fede, in questo piccolo “francobollo di spirituale”, con le parole del Card. Raniero Cantalamessa: “Gesù ci dice dunque di imitare la sua umiltà. Devo confessare che una volta sono stato tentato di fare una obiezione a Gesù a questo proposito. Mi sono chiesto: ma in che cosa è stato umile Gesù? Scorrendo i Vangeli, non troviamo mai la benché minima ammissione di colpa sulla sua bocca, né quando parla con gli uomini, né quando parla con il Padre. Egli può dire rivolto ai suoi avversari: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Giovanni 8,46). Si proclama Maestro e Signore, dice di essere dappiù di Abramo, di Mosè, di Giona, di Salomone, proclama beati perfino gli occhi che lo vedono. Dov’è, dunque, l’umiltà di Gesù, per poter dire: “Imparate da me che sono umile”? Qui scopriamo una cosa importante circa l’umiltà. Essa non consiste principalmente nell’essere piccoli e poveri, perché uno può benissimo essere insignificante e arrogante nello stesso tempo. Non consiste tanto nel sentirsi piccoli e senza valore, perché questo può nascere anche da un complesso di inferiorità o da una cattiva immagine di sé e portare alla depressione e all’autolesionismo, anziché all’umiltà. Non consiste neppure nel dichiararsi piccoli, perché molti dichiarano di non valere niente, senza credere però veramente quello che dicono … Dunque l’umiltà non consiste principalmente nell’essere piccoli, o nel sentirsi piccoli, o nel dichiararsi piccoli. In che consiste allora? Nel farsi piccoli, e nel farsi piccoli per amore, per servire e innalzare gli altri. Così è stata l’umiltà di Gesù. Egli che era “nella forma di Dio”, si è spogliato di tutto, si è umiliato assumendo la forma di servo per salvarci. Ha perciò perfettamente ragione di dire: “Imparate da me che sono umile”. Umile davvero è solo Dio, perché, nella posizione in cui è, Dio non può elevarsi al di sopra di sé (non c’è nulla sopra di lui!). Può solo scendere, abbassarsi. Ed è quello che fa tutto il tempo: creando il mondo, si abbassa; ispirando la Bibbia, fa come un papà che si adatta balbettare per insegnare al bambino a parlare; nell’incarnazione scende, nell’eucaristia scende. La storia della salvezza è la storia delle discese e delle umiliazioni di Dio. Questa idea affascinava san Francesco d’Assisi che era solito esclamare: “Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio!”, e, rivolto a Dio, diceva: “Tu sei umiltà!”… C’è stato chi ha accusato il Vangelo di Gesù di aver introdotto nel mondo “il morbo” dell’umiltà, opponendo ad essa l’ideale della “volontà di potenza” (Nietzsche). Ma si sono visti i frutti di questo rovesciamento. L’umiltà non solo non deprime l’uomo, ma lo rende autentico, vero. L’umiltà è verità. È interessante notare una cosa: la parola uomo (homo) è imparentata con la parola umiltà (humilitas); tutte e due derivano infatti da humus, cioè suolo. L’umile è colui che ha i piedi per terra, che è radicato al suolo, che non si lascia trasportare dalle opinioni e dalle mode, non si esalta per le lodi”. (Cfr. Card. R. Cantalamessa)