Riprendere fiato

 

Mai come oggi si respira questa inquietudine nell’animo umano in ogni razza e cultura, in ogni religione e fede, tutti siamo inquieti per il mondo all’orlo dell’abisso per i nuovi conflitti mondiali, il clima, per una inquietudine del vivere quotidiano, per i rapporti interpersonali, per la famiglia, il lavoro, … 

“In un mondo che si sta incendiando, ed è sull’orlo dell’abisso di un nuovo conflitto mondiale; in un mondo segnato dall’incapacità di ascolto e dall’odio che fomenta guerre e violenze riflettendosi anche nel continente digitale, che quattrocento persone si siano riunite per un mese lontane da casa per pregare, ascoltarsi, discutere è certamente una notizia. La Chiesa sinodale su cui insiste Papa Francesco rappresenta oggi un piccolo seme di speranza: è ancora possibile dialogare, accogliersi a vicenda, mettendo da parte il protagonismo del proprio ego per superare le polarizzazioni per arrivare a un consenso ampiamente condiviso. Viviamo un’ora buia, un tempo in cui guerre e terrorismi, che massacrano i civili e fanno strage di bambini, si sostengono con il puntello della violenza verbale e del pensiero unico. Un’ora buia in cui persino “pace”, “dialogo”, “negoziato” e “cessate il fuoco” sono diventate parole impronunciabili. Un’ora buia segnata dalla mancanza a tutti i livelli – a partire dai governi e dalle classi dirigenti – di coraggio, di lungimiranza e di creatività diplomatica. C’è davvero da aggrapparsi alla preghiera. C’è davvero da sostenere e seguire una voce profetica capace di levarsi e di elevarsi al di sopra degli interessi, delle ideologie e delle partigianerie: quella del Vescovo di Roma. Nel mondo in fiamme, il sinodo celebrato in questo mese di ottobre rappresenta un piccolo seme, che ci auguriamo gravido di conseguenze per il futuro della Chiesa e dell’umanità intera”. (cfr. VaticanNews

Tutti siamo agitati, scontrosi, litigiosi, insofferenti, invidiosi … e non ci poniamo più domande ma abbiamo solo verità in tasca ognuno la sua che rivendica come indispensabile e giusta, come legge e da qui partono le inquietudini gli stress e le ansie aumentando disagi interiori e sociali. 

Due elementi credo possano aiutarci a fermarci per riflettere e riprendere il fiato, per guardare oltre: fermarsi a pensare e scoprire dentro di noi quali sono gli elementi che ci destabilizzano, quali i nostri “demoni” che ci tolgono la serenità che ci fanno essere il peggio di noi stessi. Questo sforzo spetta a noi, ci possiamo fare aiutare dalla psicologia dal padre spirituale che guida il nostro cammino, ma siamo noi che dobbiamo dargli un nome e fermarci per educarci a cambiare o almeno ad iniziare a cambiare senza paura ma con determinazione. Dobbiamo imparare a farci la domanda giusta e a questo proposito vi segnalo un libro che potrebbe aiutarci: “Domande di Dio, domande a Dio, in dialogo con la Bibbia” di due domenicani edito dalla Libreria Editrice Vaticana.

“Gesù faceva domande. Una delle sue prime frasi, secondo il vangelo di Giovanni, è stato l’interrogativo «Che cercate?» rivolto ai due discepoli del Battista che lo seguivano. In base all’evangelista Luca, la prima parola di Gesù era stata proprio una domanda ai suoi genitori, Giuseppe e Maria: «Perché mi cercavate?». E sulla croce, al termine della sua vita terrena spesa ad annunciare la tenerezza di Dio, si è rivolto al Padre con un quesito: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Nondimeno, risorto dai morti, si è presentato a Maria Maddalena con un doppio, diretto interrogativo: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Gesù amava fare domande. Perché amava dialogare con gli uomini e le donne del suo tempo che si affollavano intorno a questo strano rabbi che parlava di Dio e di semine, del Regno di Dio e di tesori nel campo, di re che vanno in guerra e di banchetti ricchi di vivande. Quanti ascoltavano Gesù capivano che il suo interloquire non era una messa in scena retorica, ma un appello al proprio cuore, un modo per interpellare l’interiorità di ciascuno. Un tentativo di bucare la scorza dell’io per farvi filtrare il balsamo dell’amore”. (cfr. VaticanNews)

Forse è il tempo per tutti noi di fare sul serio con la nostra vita per coltivare un cuore buono un animo di pace alla luce della nostra fede vissuta con serietà senza sconti senza giustificazioni che ci diciamo per esonerarci dall’amore vero e autentico per Dio. 

Trasformiamo la nostra inquietudine non in ansia del nuovo, non in dolore dell’insicurezza, ma in occasione di scoperta, di conoscenza della nostra fede, trasformiamola attraverso la preghiera, in inquietudine di ricerca vera del nostro cammino, una inquietudine che ci fa partire per conoscere, comprendere e vivere, questa sana inquietudine che ci fa alzare e ripartire ricominciando ogni volta.

“I magi viaggiano verso Betlemme. Il loro pellegrinaggio parla anche a noi, chiamati a camminare verso Gesù, perché è Lui la stella polare che illumina i cieli della vita e orienta i passi verso la gioia vera. Ma da dove è partito il pellegrinaggio dei magi incontro a Gesù? Che cosa ha mosso questi uomini d’Oriente a mettersi in viaggio? Avevano ottimi alibi per non partire. Erano sapienti e astrologi, avevano fama e ricchezza. Raggiunta una tale sicurezza culturale, sociale ed economica, potevano accomodarsi su ciò che sapevano e su ciò che avevano, starsene tranquilli. Invece, si lasciano inquietare da una domanda e da un segno: «Dov’è colui che è nato? Abbiamo visto spuntare la sua stella» (Mt 2, 2). Il loro cuore non si lascia intorpidire nella tana dell’apatia, ma è assetato di luce; non si trascina stanco nella pigrizia, ma è acceso dalla nostalgia di nuovi orizzonti. I loro occhi non sono rivolti alla terra, ma sono finestre aperte sul cielo. Come ha affermato Benedetto XVI, erano «uomini dal cuore inquieto. […] Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale […]. Erano ricercatori di Dio» (Omelia, 6 gennaio 2013). Questa sana inquietudine, che li ha portati a peregrinare, da dove nasce? Nasce dal desiderio. Ecco il loro segreto interiore: saper desiderare. Meditiamo su questo. Desiderare significa tenere vivo il fuoco che arde dentro di noi e ci spinge a cercare oltre l’immediato, oltre il visibile”. (cfr. Osservatore Romano Omelia Papa Francesco 7 gennaio 2022)

@unavoce

 

Foto di Copertina: fonte