Pensieri ad alta voce

 «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek» (Eb 7, 17)

 

Si lamenta una carenza di vocazioni, forse causa anche i molti errori commessi nel tempo e magari anche per una scarsa considerazione nel suo interno. La mancanza di vocazioni non penso sia però per questi motivi, ma direi per la poca fede personale. Quanti giovani partecipano alla vita della Chiesa e da questi quanti poi scelgono di dedicare tutta la vita a Dio? Pochi, pochissimi forse perché sono ammagliati da un mondo facile e libero, che poi sappiamo non esserlo, ma fare quello che vuoi e non dover rendere conto a nessuno, almeno nella loro mentalità, è lo stile e quindi in crisi c’è ogni vocazione che richiede fedeltà come il matrimonio, il sacerdozio, la vita religiosa, ma anche il militare e il lavoro in genere … è un problema diffuso che coinvolge non tanto le cose ma l’uso che si fa di esse. 

Fatta questa premessa, mi soffermo sulla figura del sacerdote che non dobbiamo dimenticare è una persona normale al quale è affidato un grande “dono” quello dell’Ordine Presbiterale, pertanto sarà importante la formazione che parte dalla famiglia e non solo per studiare e conoscere le cose di Dio, ma per imparare uno stile di vita con il Signore e per il Signore. Uno stile sacerdotale che dia fiducia, speranza, sicurezza e amore.

Oggi come oggi però è tutto un lamento su qualsiasi fronte e nella Chiesa non è differente. Molto facile parlare male della Chiesa e dei preti, anche dall’interno purtroppo e questo non toglie o scusa limiti e difetti che vanno invece ovviamente ricercati ed eliminati ma una maggiore educazione e un miglior stili di vita sacerdotale che indirizzi e aiuti a comprendere la scelta fatta credo sia la strada per essere testimoni di questa grazia ed esempio per altri.

Non dimentichiamo comunque un dettaglio sui preti e mi riferisco a quelli diocesani o secolari che nascono tardivamente per la gestione della Chiesa e delle comunità, prima c’erano solo monaci o frati chiamati a vivere in comunità, i preti diocesani no, vivono da soli in mezzo alla gente quindi più esposti e il loro compito è quello di essere guide della comunità, collaboratori del Pastore, del Vescovo in mezzo a loro e come ben comprendiamo non è una realtà facile, pertanto il giudizio di chi non ha questa vocazione, talvolta anche di chi ce l’ha, è duro, critico e superficiale.

Lo stile del sacerdote diocesano non è quello del frate o del monaco né di qualsiasi altra vocazione, del laico sposato o non, ma è una consacrazione a Dio da vivere nel mondo. Questo non cambia la sostanza ma definisce una vita che forse viene banalmente giudicata vedendone solo i difetti e non apprezzando i pregi. Potremmo dire mille cose ma non sarà il celibato o no a cambiare la mente e lo stile ma semmai la serietà di seguire la propria vocazione, non meno i frati sono “zitelli” se non apprezzano la loro vocazione per quello che è il carisma della propria congregazione pur vivendo in comunità.

Talvolta si sottovaluta il lavoro dei preti, la loro presenza, criticando chi in un verso e chi nell’altro, chi troppo clericale, chi troppo libero, chi troppo per la gente, chi poco per la gente, senza riconoscere le singole doti delle persone e le differenti qualità. Chi troppo legati a pizze e merletti, chi troppo discinti e così facendo si giudica senza vedere il lavoro che paziente e capillare viene fatto, tutti i parroci conosco il loro gregge, cani compresi, senza esibizioni o pubblicità. Forse una maggiore considerazione aiuterebbe a non denigrare e vedere solo quello che non va, ma anche quello che viene fatto quotidianamente da tutti. Il primo annuncio è la fraternità che è carità nella verità.

Voglio chiudere questi pensieri che hanno solo lo scopo di animarci tra di noi con le parole di san Paolo VI, papa indirizzate a tutti i sacerdoti della Chiesa Cattolici, perché possano essere occasione di stimolo ad amare e servire la Chiesa sempre. 

“Il Sacerdote non è un solitario, è membro di un corpo organizzato, la Chiesa universale, la diocesi, e, nel caso tipico, e diremmo superlativo, la sua parrocchia. Ed è tutta la Chiesa che deve adattarsi ai nuovi bisogni del mondo: la Chiesa, celebrato il Concilio, è tutta impegnata a questo rinnovamento spirituale ed organizzativo. Aiutiamola con la nostra collaborazione, con la nostra adesione, con la nostra pazienza. Fratelli e Figli carissimi, abbiate fiducia nella Chiesa. Amatela assai. E’ il termine diretto dell’amore di Cristo: “dilexit Ecclesiam” (Ef 5,25). Amatela anche nei suoi limiti e con i suoi difetti. Non certo per ragione dei limiti e dei difetti, e forse anche delle sue colpe; ma perché solo amandola potremo guarirla e far risplendere la sua bellezza di Sposa di Cristo. E’ la Chiesa che salverà il mondo, la Chiesa che è la stessa oggi come lo era ieri, come lo sarà domani, ma che trova sempre, guidata dallo Spirito e con la collaborazione di tutti i suoi figli, la forza di rinnovarsi, di ringiovanire, di dare una risposta nuova ai bisogni sempre nuovi”. (cfr. Messaggio di Paolo VI, a tutti I Sacerdoti della Chiesa Cattolica)

@unavoce

 

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