Fare squadra

“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19)

Per testimoniare l’amore di Gesù, bisogna “scendere in campo” non individualmente, ma insieme, come gruppo. Bisogna, in altre parole, “fare squadra”, per scoprirci fratelli e sorelle in un mondo che tende a isolarci, a dividerci, a metterci l’uno contro l’altro; che ti dice: “pensa a te stesso e non preoccuparti degli altri”. Invece, il segreto è proprio prendersi cura degli altri. E così ci si prende cura anche di sé stessi. (cfr. Papa Francesco)

Sentirsi parte di un‘impresa, così come di un progetto o di un team, significa sostanzialmente avere una sorta di “attaccamento emotivo” che culmina nell’avere voglia di dare un forte contributo con il proprio lavoro e nel condividere pertanto valori e ideali dell’azienda. (cfr.speexx)

 

“Il lavoro di squadra divide i compiti e moltiplica il successo” una frase che ho trovato su un sito di cui non si conosce l’autore ma che mi offre l’opportunità di soffermarmi con voi a fare due chiacchiere.

La chiave per il successo personale sia sul piano affettivo che relazionale sia sul piano lavorativo che sociale sta nel nell’ “attaccamento emotivo”, un attaccamento che ci pone in confronto in collaborazione in sinergia fra varie realtà senza mettersi in competizione o meglio in una competizione sana che ci fa sentire un unico corpo.

Se questo è vero per un’azienda a livello economico lo è maggiormente per la nostra organizzazione e nella vita privata.

Fare team significare fare squadra una squadra che si supporta e si aiuta collabora dove il fannullone l’imboscato il “furbetto” non trovo spazio perché viene preso e richiamato con quella carità fraterna ma anche decisa.

Il compito non è per parlare di noi dell’ufficiale o del comandate del vescovo o del parroco del capo famiglia o dei figli ma un lavoro che rispetta i ruoli e chi si mette in sintonia con tutti ognuno secondo le sue capacità doti e caratteristiche.

Forse questo elemento lo dimentichiamo troppo presto pretendendo solo senza dare ricordando i diritti e dimenticando i doveri.

Quindi la chiava del successo è lo spirito di appartenenza e non solo nel e sul lavoro ma nella vita sentirsi parte di un gruppo che sia amici o colleghi

“Il senso di appartenenza è importante perché ci protegge dallo stress. Secondo alcuni studi, è una protezione, una vera e propria barriera. Ad esempio, secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori e ricercatrici in ambito scolastico, pubblicato sulla rivista scientifica Teaching and Teacher Education: “Tanto più l’individuo si identifica con la propria organizzazione, tanto più farà propri i valori e gli obiettivi organizzativi, cercando di realizzarli con elevata motivazione. La letteratura sull’argomento mostra come il senso d’appartenenza organizzativa sia correlato al coinvolgimento al lavoro, alla performance, alla soddisfazione lavorativa. Più recentemente la ricerca, in linea con il nostro studio, ha mostrato il ruolo che il senso d’appartenenza gioca anche a livello personale come fattore protettivo contro lo stress. Identificarsi con una entità sovraordinata (organizzazione, gruppo) soddisfa importanti bisogni umani di appartenenza e di sicurezza. Tanto più si fa squadra in un ambiente di lavoro, tanto più si agirà in modo cooperativo e collaborativo. Le ricadute sulla sfera affettiva e sull’equilibrio psicologico appaiono evidenti: sostegno e aiuto dagli altri; maggiore scambio di informazioni; condivisione di esperienze. Quindi, il senso di appartenenza ha un impatto positivo sia sulla singola persona sia sull’azienda”. (cfr. corsielavoro)

Sentirsi emotivamente legati è il fondamento e poi noi abbiamo pure un giramento di fedeltà un giuramento che abbiamo pronunciato quando ci siamo arruolati, così come io ho fatto una promessa diventando sacerdote così come voi avete fatto una promessa il giorno del matrimonio, vede ogni aspetto della vita prevede coinvolgimento e se con il tempo o per differenti motivi l’abbiamo persa o si è raffreddata è il tempo di recuperala per noi stessi per gli altri per un bene comune per un obiettivo comune.

“Il punto di partenza, è “vedere in ogni persona non un avversario, ma un compagno di squadra, un figlio di Dio”. È quello che ci insegna Gesù, che considera tutti importanti e che in modo particolare ama “i più piccoli, i poveri, i dimenticati, gli scartati, quelli di cui nessuno si cura”: pensare a loro e a ciò di cui necessitano “è il segreto per rendere più bello, giusto e pacifico il nostro mondo, che di pace ha tanto bisogno”. (cfr. lacrocequotidiano)

Lasciamo da parte critiche e gelosie invide e superiorità pensando di avere la verità in tasca rispettiamo i ruoli e collaboriamo con rispetto ma con impegno e chi tra noi fa il furbo richiamiamolo e se non gli sta bene può sempre cambiare, ma non può e non deve in nessun modo rovinare quel clima di armonia e laboriosità che si crea.

Facciamo un esame di coscienza sul nostro stile di vita personale lavorativo famigliare e amicale e rimettiamo in ordine la scala di valori i nostro obiettivi e se nel tempo gli obiettivi pensi siano cambiati verifica che non sia solo un fatto egoisti e poi cambia se questo non ti rende felice sii coraggioso e non lamentoso.

Andate dunque e fate il vostro dovere siate testimoni della passione per il lavoro e la vita fate discepoli dell’impegno della serietà della bellezza dell’amore.

@unavoce

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