Riflettere insieme

Le considerazioni di noi sacerdoti, soprattutto, sulla frequenza alla vita della Chiesa viene affrontata in diversi aspetti e differenti visioni e riflessioni. C’è chi pensa che il mondo sia lontano dalla religione e dalla fede perché siamo fuori tempo con i linguaggi e i modi, ci sono poi quelli che pensano che ci sia una parte che crede in Dio ma non alla Chiesa e ai preti, quelli che ritengono che c’è il desiderio di Dio ma non la ricerca di esso, altri che sostengono che siamo vecchi con le modalità e gli stili … ognuno insomma dice la sua e porta la sua riflessione le sue verità. Io non ho soluzioni ne visioni particolari certo è che il più delle persone che pur credendo non frequenta è perché ritengo che pensino a Dio come Colui che permette le cose e che non fa quello che gli chiediamo noi. Abbiamo una mente superstiziosa vogliamo conoscere il futuro ci affidiamo a chiromanti, veggenti, oroscopi e non crediamo alle cose che vanno al di là della nostra vista, pretendiamo da Dio che ci risolva i problemi ma a Lui non diamo ne tempo ne amore e crediamo in Dio se fa quello che vogliamo noi.

I giovani, argomento che più ci sta a cuore come Chiesa, non frequentano perché alcuni sostengono che il catechismo è fatto in modo banale troppo piccoli e poi non c’è curiosità ad andare avanti, che le nostre celebrazioni sono antiquate volendo trasformarle con linguaggi e modi moderni e più accattivanti. Ora mi chiedo: basta mettere musiche più accessibili, balli e adattamenti giocosi? La liturgia non è un teatro e quello che dobbiamo forse educare è a far comprendere la sacralità del momento del luogo e dei momenti credo che sia un insieme di elementi come dicevo luogo abbigliamento cose che si fanno ecc. che distinguono un azione da un’altra.

Il sacro non è la discoteca, il sacro non è la banalità, c’è il tempo per ogni cosa, il luogo per ogni attività, lo stile per ogni iniziativa. Abbiamo visto che balli e appalusi non hanno tenuto più vicino, ci sono altri luoghi e altre iniziative che possiamo e dobbiamo proporre ma non trasformare preghiera e liturgia in banalità per avere più gente, non basta fare ricreazione certo tutto è utile ma credo che dobbiamo partire dalle famiglie iniziando dalla fedeltà alla vita della Chiesa, della propria Parrocchia, comunità, gruppo, associazione dando l’esempio parlando di Dio in casa e non banalmente, attraverso un linguaggio educato elegante e non volgare, commentando i fatti e la vita affrontando i problemi con serietà e da qui ripartire per una formazione che faccia conoscere le cose per amarle e viverle, da qui una catechesi forse meno scolastica e più esperienziale.

La responsabilità viene attribuita ai preti alla Chiesa certo ma è in casa che si educa e la Chiesa è un supporto a costruire è il luogo per condividere fede e la quotidianità in collaborazione con ogni aspetto del nostro vivere. Tutto parte dall’esempio e non dico solo quello di andare alla S. Messa come famiglia ma un esempio attraverso il linguaggio le scelte di vita come si affrontano le problematiche … Le chiese si svuotano non per canti non accattivanti non per le liturgie lente, forse perché diamo poco risalto e rispetto alla situazione, al momento, al valore che ha nella nostra quotidianità. Non si tratta solo di dare risposte e queste ovviamente vanno date con intelligenza e pazienza, ma si tratta di vivere in prima persona l’amore per Dio attraverso la logica del Vangelo che cozza con la logica del mondo.

Riempire di contenuti i nostri gesti le nostre parole la nostra presenza, usare intelligentemente gli strumenti moderni per far comprendere il messaggio del Vangelo – sapendo che molti criticano senza conoscere le cose credendo però al primo strillone e non andando mai alle fonti delle situazioni – fare sul serio sarà la strada per riprendere il cammino spirituale personale e comunitario.

Fatichiamo a credere al Vangelo ma al primo giornalista che scrive ogni cosa senza documentarsi al primo reeal che dice questo o quello notizia o commento senza conoscere poi veramente i fatti senza sapere senza verificare, a quello allora diamo credito.

Mi permetto affermare che le chiese si svuotano perché le famiglie sono vuote di valori di significato di regole. E proprio parlando di regole che crea il vero problema, non è bello non è alla moda tutto facciamo ma non vogliamo regole, la scusa “credo a Dio ma non alla Chiesa” è una comodità, non crediamo e non vogliamo regole che ci limitino pretendendo di fare e dire quello che vogliamo senza impegno, senza rispetto reciproco, senza etica, non abbiamo voglia di rimboccarci le maniche neppure nelle cose che ci piacciono.

Il problema se di problema si può parlare è più profondo come accennavo è la mancanza di una identità, noi siamo abituati a stare nel nostro e non ci va bene né la Chiesa né lo Stato né la Scuola né il Lavoro e tutto questo parte dalla famiglia che anch’essa è diventata una barzelletta fatta di continue infedeltà di una mancanza di presa di coscienza di serietà nei ruoli educativi di cose che ora ci sono e domani finiscono. I rapporti interpersonali sono fallaci sia quelli che ci portano a vivere un cammino insieme per la vita sia quelli più semplici e leganti al tempo e al posto.

Non c’è spazio per il bello la riflessione lo stupore, fatichiamo ad accorgerci di noi stessi figurarci di chi ci sta intorno, anzi ci crea problema perché fa cadere le nostre sicurezze, giudichiamo per allontanare da noi attenzioni puntiamo il dito per evitare impegno. Credo che dovremmo tutti recuperare il senso generale della vita dell’essere persone capaci di intendere e di volere di impegnarsi di dedicarsi con serietà alle varie attività di creare e di avere degli obiettivi, di valorizzare il passato di godere il presente non egoisticamente ma con uno sguardo capace di vedere attorno a noi.

Annunciare il Vangelo con la vita prima che con le parole e far sorgere il desiderio di incontrare il Signore è il nostro impegno, talvolta dobbiamo toccare il fondo per risalire, forse la Chiesa sta vivendo questa prova e noi sacerdoti dobbiamo reagire con serietà impegno devozione non trasformando al vita della Chiesa e le nostre Parrocchie in agenzie di attività ma in scuola di sacro di bello di silenzio di amore.

@unavoce

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