“Il chiostro ci libera immensamente! Uno dei più grandi timori di chi discerne una vocazione contemplativa è che il chiostro viene visto come un modo per schiacciare la libertà, ma è esattamente l’opposto. Il chiostro ci amplia. Ci libera da tante preoccupazioni, anche cose semplici come non curarsi di una macchia sullo scapolare! Questa libertà non è tanto da qualcosa ma per qualcosa, anzi, per Qualcuno! La clausura è il ‘giardino chiuso’ del Cantico dei Cantici. La nostra vita è completamente concentrata su Cristo, nostro unico Sposo. La clausura papale è un grande dono che la Chiesa ci permette per vivere bene la nostra vita contemplativa”. (cfr. suor Mary Catharine)

 

Oggi voglio portarvi virtualmente a conoscere una dimensione della vita della Chiesa, la vita monastica di clausura che non conosciamo o la conosciamo poco e comunque fatichiamo a comprenderne il significato. Con questa carrellata di monasteri con i quali abbiamo contatti di preghiera coltivati nel tempo dal cappellano vorrei oggi aprire una porta sul Chiostro su questo spazio sacro che è alimento fondamentale per la vita della Chiesa affinché anche voi possiate conoscere questo spazio e farne tesoro per la vostra quotidianità.

“Dal punto di vista materiale, noi monache trascorriamo la vita interamente tra le mura del monastero; uno dei voti che professiamo è quello della stabilitas loci. Come prevede la Regola di San Benedetto, l’ambito del monastero comprende gli spazi della vita regolare (chiesa, chiostro, scriptorum, refettorio, dormitorio) e i luoghi di lavoro (cucina, laboratori, orto), come anche un’infermeria e un cimitero. Le uscite e i contatti con l’esterno sono ordinati a necessità pratiche e comunque sottoposti al discernimento della madre badessa. Nella nostra comunità, per scelta concorde, anche l’uso di Internet è limitato a necessità di lavoro o a chi debba svolgere particolari servizi. Le persone che visitano il monastero sono accolte nella foresteria “come Cristo stesso”, secondo la Regola, e possono partecipare all’Ufficio divino in una cappella adiacente la nostra; c’è la possibilità di incontrare le sorelle nei parlatori ma con una frequenza regolata e discreta. Inoltre, persone povere bisognose costantemente bussano alla porta del monastero e ricevono qualche aiuto concreto (per lo più cibo e vestiario), altre telefonano per chiedere il sostegno della nostra preghiera in un momento di prova o di gioia. La separazione dal mondo dunque segna profondamente l’identità e l’impostazione pratica della nostra vita monastica; i contatti con il mondo esterno non sono ricercati, piuttosto accolti. Evidentemente, nel sentire comune, all’espressione “Chiesa in uscita” o Chiesa missionaria non si associa subito la figura di una monaca di clausura. La sapienza della Chiesa ha indicato proprio una claustrale, Santa Teresa Lisieux, come patrona delle missioni, e ciò potrebbe avviare una comprensione più profonda del senso della vita contemplativa. Tuttavia la maggioranza delle persone o non conosce questo dato o ne sottovaluta il significato”. (cfr. clarisseborgovalsugana)

Ora con questi contati con i quali rimaniamo unti nella e con la preghiera vorrei invitarvi a ricordare nelle vostre queste consacrate affidando il loro servizio e la loro vita al Signore. Il loro respiro fatto di ritiro preghiera e lavoro dona a noi l’aria necessaria a coltivare la nostra fede nelle nostre singole vocazioni. La loro clausura ci ricorda quanto sia importante coltivare e proteggere la nostra anima. Pur con alcune caratteristiche differenti da un Ordine Monastico all’altro per tutte c’è questo “chiostro” che no le separa dal mondo ma fa da collegamento tra le varie realtà del nostro vivere. Un ritirarsi che non è rifluito del mondo ma un servire il mondo offrendo la propria vita a Dio. Sana Teresa di Gesù Bambino monaca di clausura proprio per la sua apertura di cuore e di mente è diventata patrona delle missini, riascoltiamo cosa disse san Giovanni Paolo II nell’Omelia per la proclamazione a Dottore della Chiesa di questa santa: «La strada da lei percorsa per raggiungere questo ideale di vita non è quella delle grandi imprese riservate a pochi, ma è invece una via alla portata di tutti, la “piccola via”, strada della confidenza e del totale affidamento alla grazia del Signore. Non è via da banalizzare, come se fosse meno impegnativa. Essa è in realtà esigente, come lo è sempre il Vangelo. Ma è via permeata di quel senso di fiducioso abbandono alla divina misericordia, che rende leggero anche il più arduo impegno dello spirito”. (cfr. San Giovanni Paolo II, papa)

Non sempre e non solo serve fare cose ma serve anche ritirarsi per stare con Dio affidando alla preghiera il primo compito della evangelizzazione. Senza una preghiera seria anche le nostre comunità parrocchiali ricche di mille attività rischiano di snaturarsi, rimanere in contatto con queste persone che hanno fatto della loro vita il cuore della Chiesa ornate è motivo di forza e celesti benedizioni per la nostra comunità e per ognuno di noi. In ogni Monastero ci sono nomi e volti affidiamo al Signore queste consacrate ricordandole nelle nostre preghiere.

 @unavoce

 

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