Michele Gabriele Raffaele

 

“L’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione. Sant’Agostino dice a loro riguardo: «… “angelo” designa l’ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura, si risponde che è spirito; se si chiede l’ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo». In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che «vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli» (Mt 18,10), essi sono «potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola» (Sal 103,20). In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali e immortali. Superano in perfezione tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria”. (cfr. CCC nn. 328-330)

 

In questo giorno in cui la Chiesa ci fa celebrare la festa dei santi Arcangeli per la nostra Chiesa Ordinariato Militare in particolare ricordiamo San Michele arcangelo patrono dei Paracadutisti e della Polizia di Stato, San Gabriele Patrono per l’Arma e le Specialità delle Trasmissioni.

Vorrei così in questo giorno rimandarvi a una Omelia del nostro Arcivescovo in occasione della festa di san Michele:

“ … Quale modello rappresenta, per voi, San Michele assieme agli altri «angeli», per una lotta vittoriosa? Tante volte, io stesso amo definire «angeli» gli uomini delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate, profondamente convinto del valore di cura e custodia che caratterizza la loro missione. Una missione che, come ricorda la Parola di Dio, conduce a vincere «grazie al sangue dell’Agnello» Sì. La forza per combattere il male è una forza che ci viene donata, non è un semplice prodotto della capacità umana, delle stesse abilità personali. Una giustizia autodeterminata, che esuli dal riferimento all’Assoluto, al Trascendente, espone al rischio dell’individualismo e del tornaconto personale le scelte dei singoli e degli Stati, anche di quelli considerati “democratici”. Occorre cercare in Dio i parametri della giustizia e dell’inclusione, della libertà e dell’uguaglianza, della pace e della misericordia: siamo il frutto di una volontà di salvezza e amore che ci precede e che è per ogni persona e ogni popolo. È per tutti, senza distinzione di razza o lingua, cultura o credo religioso, che l’Agnello, cioè Cristo, ha versato il Suo sangue. Ed è con questo sguardo universale che voi, uomini delle Istituzioni, siete chiamati a servire il «bene comune» che, come osserva il Compendio di Dottrina sociale della Chiesa, «essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché è indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro». In realtà, proprio in quanto unico e indivisibile, il bene comune è in grado di vincere il male, diffuso ma frammentato, perché asservito ai potenti o ai violenti di turno.  La vostra missione, poi, si fa forte della «parola della testimonianza… fino alla morte», che è più efficace di tante parole. Una testimonianza che vince perché penetra tra le pieghe del vissuto, perché raggiunge i veri bisogni delle persone, perché raggiunge i cuori di ciascuno. La testimonianza è quella parola che noi diciamo non tanto “per” gli altri quanto “con” gli altri. Che dono, per voi, che le realtà alle quali siete inviati – sul territorio o in speciali unità – vi guardino con fiducia e gratitudine e vi considerino persone “di famiglia”. Cittadini, prima di tutto; e perciò a servizio dei cittadini! La «lotta per la giustizia sociale […] deve essere vista come un normale adoperarsi per il giusto bene […], non è una lotta “contro” gli altri», scriveva Giovanni Paolo II. Essa «avviene in considerazione del bene della giustizia sociale, e non […] per eliminare l’avversario» ….”  CONTINUA

@unavoce

 

Foto di Copertina: fonte