Figure di riferimento

 

Talvolta noi preti fatichiamo a pensare alla “prima linea” e intendo per prima linea quelli che non sono nel recito di Pietro. Si lavora per chi è dentro e non dico dimenticando chi è fuori ma non facendo molto se non a livello di discorsi e questo nelle nostre realtà locali. Nonostante le aperture del Papa e della Chiesa Universale verso i lontani nonostante l’impegno serio per i poveri con attività caritative la mia domanda e la faccio a me trovandomi in una porzione della vigna del Signore che se pur selezionata come società non lo è per la fede ma è pari e uguale a tutta la nostra gente dicevo lo dico a me che sono a contatto con chi pur credendo almeno nella maggioranza però non frequenta la vita della Chiesa ne vive la fede in altro modo, cosa posso fare? Il fatto che siano Battezzati non dà garanzie come ben possiamo immaginare e capire per una integrità religiosa e morale, quindi come non perdere nessuno e arrivare a tutti?

La mia preoccupazione di pastore è arrivare a tutti e sappiamo che incontri e momenti di preghiera che offriamo per chi c’è non sono utili ne accattivanti se non in una percentuale bassissima per gli altri, questo ovviamente non significa che non si debba fare anzi ma come fare a mettersi in dialogo con gli altri?

La scuola poteva essere una buona via anche se con tanti limiti e affidando questo agli insegnanti di religione abbiamo la speranza che la loro testimonianza più che le loro parole siano di aiuto e punto di riferimento per i giovani che incontrano, un dialogo che spieghi e apra le menti per poi essere noi sacerdoti ad aprire i cuori.

Noi sacerdoti noi parroci come fare a non perdere nessuno di quelli che ci sono stati affidati? Creare amicizia è la mia esperienza anche se a fatica sia a crearla che poi a farla crescere sulla consapevolezza della fede. Una parte ci torna per prepararsi al matrimonio o al battesimo dei figli che pur non essendo frequentatori ricercano ancora questi sacramenti ma certo non li vediamo per la confessioni o la S. Messa per non parlare di altri momenti di preghiera dove sono assenti né si riesci a coinvolgerli in nessun modo.

Cosa devo e posso fare nel mio ambiente? Credo sia: esserleci, essere presente inserirmi con rispetto ma inserirmi nella loro vite attraverso i loro impegni e momenti di pausa dal lavoro inserirmi ed esserci quado qualche problema o qualche difficoltà si presenta nel loro cammino. Essere compagni di viaggio e noi, intendo i cappellani militari, forse più dei parroci abbiamo questa possibilità avvicinando tutti e quelli che non frequentano la vita della Chiesa ma sono qui per la scelta della loro professione e condividendo la loro vita a tutto tondo possiamo avere una possibilità in più. Nonostante questo non posso certo dire di aver riempito la chiesa ma posso sicuramente dire che posso dialogare con tutti e arrivare a tutti con l’esserci sempre ed essere disponibile sempre alle loro richieste alle loro domande alle loro obiezioni o dubbi.

Posso solo seminare come è previsto che sia cioè che sarà il Signore a raccogliere e se questo non sempre è gratificante nella fede e nella gioia del mio sacerdozio so che è la strada che posso fare sapendo i mie limiti e le mie possibilità e vivendo una vita retta e di preghiera seria personale.

Posso solo dire che esserci e condividere il cammino è la strada che per ora vedo per poter rimanere accanto cerando di indicare un cammino e far riflettere sulla via da intraprendere.

Posso solo dire che avendo rispetto gli uni egli altri è possibile un dialogo anche se non sempre anzi quasi mani si riesce a far comprendere appieno la fede la vita la Chiesa ma questo però mi permette di seminare gettando a grandi mani parole e gesti che li aiutino a fermarsi a riflettere.

La prima linea la missione non è solo al di là dell’oceano, la prima linea e la missione non sono solo i poveri la prima linea e la missione non è solo dall’altra parte ma è dove vivi la prima linea sono quei fratelli e sorelli che sono vicini fisicamente ma lontani con la fede con le idee con la vita e inserirmi con tutti i limiti e i rischi per diventare compagni di viaggio.

Esperienze di decenni ormai lontani di esperienze simili nel post concilio e penso ai preti operai non sempre hanno dato grandi frutti ma neppure messe e adorazioni eucaristiche hanno riempito le nostre chiese pertanto credo che ognuno nell’ambito in cui si trova debba solo non dimenticare chi non c’è, ovviamente continuando a proporre e fare per chi c’è creando una rete di rapporti di amicizia che permetta a tutti e non solo al sacerdote di dialogare e di esserci seminando la Parola di Dio attraverso la vita della Chiesa che crea comunità e dialogo.

Le proposte di incontri a qualsiasi livello se funzionano vanno bene una volta e anche lì con difficoltà anche per chi è nel recinto ma per chi è fuori ancora con più difficoltà reagiscono e rispondono a queste proposte pertanto bisogna pensare a possibilità sempre nuove per cecare di far crescere una sensibilità che con il tempo li porti a comprendere la necessità di stare con il Signore e non solo di fare domande e comprendere anche se sono alla base di questo cammino.

Don Bosco iniziò con un pallone in un cortile rimanendo a giocare con loro, credo che questa sia la via: esserci senza dimenticare chi siamo cioè sacerdoti, ma con uno sguardo ampio per non perdere nessuno e con l’impegno di creare quella sensibilità di cuore che non dimentica la loro vita e le loro necessità legate alle varie età di crescita ma offrendo spunti per non perdersi in questo mondo fatto solo d’apparenza ma cercando di andare al cuore di ogni situazione di vita e questo certo non significa trasformarci in ragazzini ma rimanendo chi siamo con la sacralità del ministero e far comprendere ruoli e abiti di movimento e di azione nel rispetto reciproco. Non chiedono di essere come loro ma di capirli trovare un riferimento che oggi forse la società e la famiglia con difficoltà non riesce a dare.

Chiudo dicendo a me stesso che tre cose sono sicuramente necessarie conoscere cosa vogliamo annunciare, pregare e con semplicità ed esserci con umiltà.

@unavoce

 

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