MASCHERE
Tempo di festa, tempo di cambiamento
C
una maschera per la famiglia, una per la societ, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno.
(Uno, nessuno, centomila, Luigi
Pirandello)
Il primo, per quel che ne rimane, a
parte il folclore, la bellezza dei costumi e lo sfarzo dei festeggiamenti che
caratterizza i principali Carnevali a livello internazionale oggi
essenzialmente un periodo di bagordi e festicciole, senza particolare
significato se non quello di divertirsi e di assistere a qualche gradevole
spettacolo ed alle consuete sfilate in maschera per la gioia soprattutto dei
bambini, ma nulla pi. Del secondo, ormai, la maggior parte delle persone
ricorda a malapena lesistenza, ignorandone comunque il valore intrinseco. In
origine, per, si trattava di due periodi che rivestivano un profondo
significato spirituale per la tradizione cristiana, e che gi nelle civilt pre-cristiane
avevano assunto un altrettanto importante valenza simbolica e sacra, su cui si
torner pi avanti. (Cfr. Il carnevale e la quaresima
in Centro Studi La Runa)
Ora
con questa occasione vorrei soffermarmi con voi e
offrire uno spunto di riflessione personale, con la speranza che da alcuni
possibili limiti della nostra vita, si possa avere una prospettiva nuova per
guardare lontano e cercare di essere sempre e comunque persone vere e positive.
I
limiti della nostra vita, conoscendoli e cercando di superarli, diventano punti
di forza per vivere bene la nostra vita e di aiuto per quella degli altri.
A
tale scopo vi propongo uno stralcio da un testo dal sito la mente meravigliosa,
che ci pu aiutare in questa analisi che non ha lo
scopo di fare psicologia, o retrospezioni, solo analizzare il quotidiano per
viverlo in modo autentico alla luce della nostra fede, del nostro credo.
La vita una rappresentazione teatrale affermava Socrate,
indicando nella tragedia la raffigurazione pi adatta allesistenza umana.
Ma il grande filosofo greco accompagnato anche da Erving
Goffman (G.) autore del libro La vita quotidiana come rappresentazione. Il sociologo
canadese, sosteneva che in ogni interazione sociale cerchiamo (in modo
consapevole o meno) di proiettare una determinata immagine. E, questa, modifica
il modo in cui gli altri ci percepiscono.
Per
G., la nostra personalit non un fenomeno interno, ma la somma delle diverse
maschere che mettiamo in scena per tutta la vita: una vera e propria drammaturgia sociale.
Sia
lattore teatrale che quello sociale hanno come obiettivo principale il
mantenimento della congruenza nellinterazione con chi li circonda.
Per
trasmettere unimpressione positiva, occorre possedere abilit (sociali)
drammatiche e costumi e oggetti di scena. Ma tutto ci irrilevante se gli attori presenti
sul palco non sono in grado di concordare la definizione della situazione,
le aspettative e i limiti dellinterpretazione che, implicitamente, indicano come
inserirsi in un determinato contesto (ambiente sociale).
Sapersi
muovere in questa drammaturgia sociale – tra il palcoscenico (i
momenti in cui proiettiamo unimmagine per gli altri) e il backstage (la nostra
vita privata, che a volte essa stessa una maschera) - cos come mostrare la
facilit nel passare da un set allaltro e avere sempre un guardaroba appropriato
sono requisiti essenziali per raggiungere il successo sociale. Durante lo spettacolo, chi non sa
come comportarsi costituisce un pericolo per il cast e finisce per essere messo
da parte.
E,
mentre recitiamo, i commenti e le espressioni di sorpresa, approvazione, ironia
o dispiacere modellano lopinione che gli altri hanno di noi. Ne siamo consapevoli e gestiremo
quindi il nostro modo di parlare pensando prima di agire e controllando le
nostre reazioni.
Tutti
recitiamo, in ogni momento, e definiamo i nostri ruoli in base allambiente in
cui ci muoviamo, cercando di adattarci a esso.
Questo
adattamento al ruolo, questa proiezione per gli altri, viene eseguito in ogni momento
e in ogni interazione sociale. Come gli attori di una serie TV, iniziamo con un
episodio pilota (un lavoro, una relazione, il nostro primo corso
alluniversit) con un personaggio che non ben definito, ma capace di
cambiare in base alla risposta del pubblico.
Partendo
da qui, dedicheremo le nostre vite ad adattarci al personaggio, almeno fino a
quando non viene fermata la rappresentazione e dobbiamo togliere la maschera (veniamo licenziati da un
lavoro, divorziamo, completiamo gli studi, ecc.).
Immagine, occultamento e morale
Per
G., in questa drammaturgia sociale le persone cercano di presentare unimmagine
idealizzata ogni volta che interagiscono, per la semplice ragione che sono
convinte dei benefici derivanti dalloccultare determinati difetti o lati
oscuri:
Nascondiamo il processo di preparazione del
nostro ruolo. Come linsegnante che fa finta di presentare di getto una lezione
imparata a memoria poche ore prima, preferiamo offrire agli altri solo il
risultato finale della nostra esibizione. Nascondiamo gli errori, i passi falsi o le battute
sbagliate. Tutto viene celato nella penombra del backstage.
Nascondiamo
il lavoro sporco svolto per ottenere il ruolo. Il nostro personaggio potrebbe essere incompatibile
con tutto quello che abbiamo fatto prima che i produttori ci concedessero la
possibilit di recitare. Come quel politico che vende onest dopo aver
mercanteggiato per anni e accettato compromessi di qualsiasi tipo per poter
occupare la sua poltrona.
Nascondiamo
ci che ci impedirebbe di continuare a recitare. Accettiamo gli insulti ed evitiamo di reagire alle umiliazioni che possono influenzare limmagine
che abbiamo scelto di offrire.
molto interessante quanto affermato da G.: Nella loro condizione di attori, le
persone si preoccupano di mantenere la sensazione di soddisfare quelle regole
che gli altri userebbero per giudicarle. Non si preoccupano del problema Morale
di rispettare queste regole, ma di quello Amorale di creare una maschera per
far credere a tutti che le stanno rispettando. La nostra attivit si basa in
gran parte sulla morale ma, in realt, in quanto attori, non abbiamo alcun
interesse morale in essa. Recitando come attori diventiamo mercanti della Morale (Cfr. Drammaturgia sociale, vivere
con una maschera in La mente meravigliosa)
Tutto
ci cari amici, perch?
Perch
credo che se non impariamo ad essere noi stessi, ci
lamenteremo sempre, punteremo sempre il dito verso altri, e non saremo mai
felici.
Come
uomo e cristiano cerco la volont di Dio e mi fido e mi affido a Lui.
Come
prete amo il Signore e lo servo nella Sua Chiesa che al di la
dei limiti storici e temporali
la via per rimanere con Cristo unico centro della nostra vita e del mondo, Un
Cristo che ci parla di amore e fedelt. Noi siamo campaci? Sono certo di si!
Con
un po di impegno, entusiasmo e aiutandosi si pu essere
veri protagonisti della stoia in modo sereno e nella Pace.
Quindi nel giorno delle maschere (il carnevale) togliamo la
maschera e mettiamo il nostro volto, la nostra goffaggine o le nostre capacit,
ma noi!
Sar
bello confrontarsi con noi stessi.
Dio
ci conosce e a lui le maschere poco contano, ma per noi importante, quindi in
questa quaresima, cambiamo rotta e andiamo verso il
Signore, spogli di preconcetti o timori, ma solo desiderosi di essere amati e
amare.